Black Hole Sun dei Soundgarden compie 29 anni e oscura ancora il sole | Memories

Il 13 maggio 1994 usciva Black Hole Sun, la canzone manifesto dei Soundgarden

black hole sun dei soundgarden

Ph: David Lee/Wikimedia


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Come sarebbe stato il grunge se non ci fosse stata Black Hole Sun dei Soundgarden? Domanda stupida, perché non ha una risposta. Chris Cornell sceglie quel titolo dopo aver travisato le parole di una speaker radiofonica. Le ripete come un mantra: “black hole sun, black hole sun, black hole sun” e si mette a scrivere. Dentro di lui, condizionato da una notte intera trascorsa a guardare film horror, si manifestano immagini allucinanti e oscure che sceglie di tradurre in parole.

In 15 minuti Chris batte il testo su un dittafono e fa la sua proposta al chitarrista Kim Thayil. Chris la canta da un altoparlante Leslie, che ha un suono molto beatlesiano. Per questo motivo la band accetta con entusiasmo di completare il pezzo. Il resto è storia: Black Hole Sun ha quel si-sa-che di psichedelico e cupo, ma anche tutti i numeri del capolavoro. Non è radiofonica quanto la nirvaniana Teen Spirit, ma è ipnotica quanto basta per riavvolgere il nastro e ascoltarla di nuovo.

Diversi sono i suoi punti di forza: tralasciando l’indiscutibile bellezza della voce di Cornell, Black Hole Sun dei Soundgarden è un vortice che parte con l’illusione di una calma apparente nella strofa, poi tutto si fa nervoso nel ritornello. Arriva lo special e tutto esplode: un riff minaccioso, Matt Cameron lavora sugli accenti tra rullante e tom, dissonanze e dispari. Torna la calma, ma alla fine tutto muore dignitosamente.

Il “sole del buco nero” – un ossimoro che tanto ossimoro non è – ottiene un successo tale che quasi oscura il resto della produzione dei Soundgarden, almeno per chi vive di mainstream. Impossibile non menzionare il video ufficiale studiato, pensato e girato da Howard Greenhalgh, che vale la pena guardare almeno cento volte nella vita.