Blanco vs/ Morgan vs/ Jimi Hendrix = arroganza giovanile vs/ genialità

Qualcuno ha paragonato il gesto di Blanco a quello di Morgan ma non c’è storia


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Blanco vs/ Morgan vs/ Jimi Hendrix = arroganza giovanile vs/ genialità

Pur non avendo visto questo Festival, se non sporadicamente, non potevo riuscire ad ignorare il ciclone Blanco che ha distrutto le rose sul palco. La prima serata ero in diretta con un’edizione speciale del mio Let’s Spend Tonight Together, dove abbiamo ignorato totalmente quello che accadeva a Sanremo. Ma a mezzanotte, quando ho aperto i media online, ho visto dovunque le foto della follia di Blanco. Così sono andato a guardarmi la registrazione. A parte il fatto che con molta probabilità non era un gesto spontaneo, ma preparato, e gli indizi sono tanti. Innanzitutto il videoclip di questa canzone terminava con la distruzione delle rose. Poi, se non senti in cuffia, non riesci a cantare bene tutta la prima parte e, se ti manca l’audio, fai dei segni. Nella distruzione non c’era rabbia, ma recitazione. Poi probabilmente anche gli organizzatori e presentatori lo sapevano, forse non questa veemenza. Qualcuno ha detto che avevano anche tolto le spine apposta perché non si facesse male. Infatti Blanco è pure scivolato cadendo, anche se il regista magistralmente ha staccato sulla batteria. Ma, al di là di queste supposizioni, rimane la simbologia. Blanco, o chi per lui, ha preso il titolo dalla vicenda dell’Isola delle Rose, una “nazione” indipendente creata su una piattaforma fuori dalle acque territoriali di Rimini. Ne è stato anche fatto uno splendido film su questa vicenda. Quindi, cantando “L’isola delle rose” nella città dei fiori, Blanco ha distrutto l’idea indipendentista della vera isola delle rose, ha fatto a pezzi la sua canzone e la città dei fiori, quindi ha scalciato Sanremo. Non solo, ma anche il lavoro di chi aveva cresciuto quei fiori e creato quella composizione. Qualcuno mi ha detto che, uscendo dall’Ariston, Blanco piangeva. Se fosse vero, forse piangeva per i fischi ricevuti e non per il gesto fatto. Quando sei così giovane e hai un boom di successo, la critica non è contemplata e destabilizza. Sei circondato da consiglieri e spesso sfruttatori che ti esaltano, che ti dicono che va bene far sempre parlare di te, che sei speciale, unico, che tutti ti amano. E che magari devi distruggere le rose perché passerai alla storia del Festival. Ma non è così. E la letterina che Blanco ha pubblicato dopo il fatto su Instagram non sembra affatto scritta da uno che ha capito, ma come una letterina di Natale al papà dove chiedi scusa per le cose brutte fatte ma rivendichi di essere finalmente te stesso. Quindi sei in preda ad una arrogante ignoranza, magari indotta da altri che ti stanno intorno.

Qualcuno ha paragonato il gesto di Blanco a quello di Morgan ma non c’è storia. Lì c’era rabbia vera, delusione per il comportamento di un ex-amico che gli aveva rovinato “Canzone per te”, di Sergio Endrigo. Invece di protestare o fare conferenze stampa, Morgan ha preferito cambiare il testo della canzone e Bugo, invece di stare sul palco, magari abbracciarlo, è scappato. Sì, perché Morgan è un genio e il suo gesto rimarrà davvero nella storia del Festival, mentre quello di Blanco appassirà come i fiori che ha distrutto.

Magari qualcuno potrebbe chiedersi perché stigmatizzo il gesto di Blanco quando ho sempre esaltato il Jimi Henrix che al Festival di Monterey nel 1967 ha distrutto la chitarra dopo avergli dato fuoco. Ma quello è stato un gesto d’amore estremo. Prima l’ha dipinta tutta. Poi ci ha suonato. Infine ha fatto l’amore con gesti sussultori. L’ha adagiata e baciata. L’ha irrorata con un liquido infiammabile, che simboleggiava l’eiaculazione. Quindi le ha dato fuoco per poi distruggerla. Questo gesto è stato religioso come il Mandala, grandi disegni che i monaci tibetani creano con granelli di sabbia colorati. Poi, quando sono finiti e appaiono meravigliosi, gli passano sopra la mano per cancellarli. Lo stesso ha fatto Jimi Hendix con la sua chitarra che gli aveva donato la sua prima apparizione in patria dopo che aveva avuto successo in Gran Bretagna.

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