La tunica imposta a Messi durante la premiazione mondiale scatena polemiche: un onore altissimo o un gesto di prepotenza economica?

FIFA dice no a simboli pro diritti civili, ma accetta il Bisht simbolo del Qatar sotto accusa per discriminazioni , mazzette e morti nei cantieri

messi e la tunica contestata

da sx Infantino, Al Thani, Messi


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La vittoria del Mondiale in Qatar esalta Messi. E’ lui il re del calcio contemporaneo. Con il trionfo di Doha Messi corona una carriera straordinaria mettendo nell’ombra il suo rivale Ronaldo. Mbappè, senza dubbio mvp della finalissima, sarà il dominatore della scena per il prossimo decennio, ma per intanto sul trono del più forte del suo tempo è salito Messi.

E come per ogni incoronazione, anche quella di Messi ha avuto il suo rituale solenne officiato dal Presidente FIFA Gianni Infantino e dal padrone di casa l’emiro Al Thani. Un attimo prima di ricevere la Coppa del Mondo, Messi è stato vestito con il bisht la tunica-mantello rituale. Questo capo, che alla prima visione ha suscitato molto ironia, appartiene all’Abaya il guardaroba degli uomini illustri (leggi di più).

Indossare questa tunica è un onore altissimo. Messi è stato elevato al rango dignitario della famiglia reale quasi emanazione della divinità. Un gesto dal valore simbolico altissimo che nelle ore successive ha scatenato un feroce dibattito. La FIFA che ha severamente vietato negli stadi e sul terreno di gioco ogni simbolo collegato ai diritti civili e sociali ha permesso all’emiro Al Thani, padrone anche di Messi e Mbappè che giocano nel suo PSG, di ostentare la potenza economica e politica del Qatar.

Le critiche si sono estese anche a Messi che avrebbe dovuto rifiutato di prestarsi a questa operazione di propaganda per uno stato al centro di gravi indagini giudiziarie e sotto accusa per le morti nei cantieri per la costruzione degli stadi destinati, spenti i riflettori del Mondiale, a ricoprirsi di sabbia del deserto. Ma come avrebbe potuto Messi ribellarsi ad un simile cerimoniale peraltro voluto dal suo datore di lavoro e benedetto da Infantino che ha sempre considerato Messi un ambasciatore perfetto del calcio globale.

D’altro canto va riconosciuto anche l’altissimo onore conferito a Messi ed al calcio con la concessione del Bisht. Il calcio guarda al futuro e si confronta con culture e stili di vita diversi. L’inclusione potrebbe essere la strada giusta non solo per far crescere i profitti dell’azienda calcio espandendo i mercati ma anche per far crescere la cultura e la pratica del diritti umani, civili e sociali. Di certo abbiamo avuto un assaggio di futuro in questo Mondiale giocato a metà stagione, con la prima volta di un arbitro donna ed un’africana in semifinale. La geografia calcistica si sposta verso Oriente. Bisogna scegliere se limitarsi all’indignazione o cercare di governare il cambiamento.

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