Un Anno, Una Notte, il dolore che dura una vita nel film che riscostruisce l’attentato al Bataclan

Isaki Lacuesta racconta la storia, tratta da un romanzo autobiografico, d’una coppia sopravvissuta all’attacco terroristico del 2015 a Parigi. Che dopo la tragedia deve trovare un modo per sopravvivere a sé stessa

Un Anno Una Notte

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Un Anno, Una Notte, passato in concorso all’ultimo Festival di Berlino, racconta la vicenda terribile dell’attacco terroristico di matrice islamica al teatro Bataclan di Parigi, la sera del 13 novembre 2015, in cui trovarono la morte 90 persone. Ma più che riscostruire l’accaduto il film lo decostruisce, focalizzandosi non sulla grande storia collettiva, ma sul vissuto, e i postumi traumatici di due dei sopravvissuti, la giovane coppia composta da Céline (Noémie Merlant) e Ramón (Nahuel Pérez Biscayart), francese lei, spagnolo lui.

Tratto dal romanzo autobiografico Paz, amor y death metal di Ramón González, che insieme alla fidanzata visse l’esperienza del Bataclan, il film diretto dal regista iberico Isaki Lacuesta comincia con una sequenza straniante, in cui vediamo Céline e Ramón aggirarsi in una Parigi spettrale e sconvolta, avvolti dentro due teli in carta stagnola dorata dati loro dal personale di polizia intervenuto sulla scena. L’attentato, cioè, è inizialmente mostrato nei suoi effetti su due persone qualunque ritratte nel loro impotente smarrimento, su cui il segno di quella vistosa, coloratissima coperta funziona quasi come una stigma, che definisce e riduce le loro identità a quelle di due sopravvissuti alla tragedia – infatti immediatamente si riconoscono, scambiandosi occhiate interrogative, con tutti quelli vestiti allo stesso modo.

Un Anno, Una Notte è costruito come un lungo, faticoso saggio comportamentale, che segue i due protagonisti con una camera che ne indaga da vicino tutte le reazioni, trasalimenti, crisi, attraverso un anno che, emotivamente, ha appunto la durata di quella notte famigerata oltre la quale è difficile andare e in cui finisce per essere risucchiata l’intera biografia di Céline e Ramón, impedendo loro di progredire sia nelle loro vite personali che in quella di giovane coppia non più spensierata.

La reazione immediata dei due è completamente opposta: Ramón non fa che pensare all’attentato, somatizzando anche vistosamente il suo dolore attraverso crisi di panico in cui pensa angosciosamente di star morendo; Céline invece decide di non parlarne mai, nemmeno a sé stessa, attuando una illusoria strategia di negazione. Ma naturalmente quella traccia potente non può che risalire dal buco nero nel quale è stata seppellita.

La temporalità ricombinata del film, coi continui andirivieni tra passato e presente, serve a definire la rottura dell’esperienza e delle memorie di Ramón e Céline, che vanno ricostruite dopo l’attentato che le ha mandate in pezzi, a seguito del quale la linearità del tempo è un processo di riconquista faticoso, punteggiato di tentativi fallimentari, stasi (Ramón che resta tutto il giorno paralizzato alla caffetteria di un museo, letteralmente incapace di alzarsi dal tavolino), passi indietro.

L’attentato all’inizio non viene mostrato. I terribili momenti dell’attacco e poi dell’attesa interminabile e angosciosa del sequestro, affiorano poco a poco durante Un Anno, Una Notte, come lampi scioccanti di un rimosso che i protagonisti devono riportare dolorosamente alla luce per acquisire consapevolezza e trovare una via d’accesso alla liberazione dalla sofferenza incistata nel profondo. Il rimarginamento della sofferenza, mai definitivo, passa solo attraverso la conoscenza e l’accettazione di ciò che è stato, che ha anche bisogno di una condivisione, esplicitando e raccontando agli altri questa storia insensata e indicibile nella quale ci si è sentiti totalmente inermi.

Ed in questo senso in Un Anno, Una Notte – titolo che dichiara subito come il tempo non abbia una durata stabilita ma percepita – diventano necessari i pur apparentemente prolissi 130 minuti del film, che registrano il laborioso itinerario interiore dei protagonisti, obbligati a ricostruire la propria identità ferita dal trauma, riesaminandosi come individui e come coppia. La lentezza ripetitiva del film ha una sua coerenza, è il correlativo oggettivo dell’ingarbugliata, confusa esperienza emotiva che dentro di loro vivono Céline e Ramón, fatta di continui tentativi fallimentari di stare meglio e di una difficilissima ammissione del proprio stato.

In cui oltretutto, come ha dichiarato il regista Isaki Lacuesta “ognuno dei protagonisti ha vissuto l’attacco e le conseguenze in modo totalmente differente. In un certo senso è come se da quel momento in poi, vivessero in tempi differenti e in posti differenti nello stesso momento”. La difficoltà è dunque legata anche al bisogno di far incontrare, collimare storia diverse: anche perché, come lo spettatore scoprirà, l’esperienza vissuta al Bataclan da Ramón e Céline non è esattamente la stessa.

Il film racconta in filigrana anche lo smarrimento di un paese che vediamo mostrato solo per scorci, come fondale appena percepibile della vicenda dei protagonisti, perché quella frattura non è individuale, ma interroga l’intero sistema del vivere civile. Non è un caso, in tal senso, che i due protagonisti siano di due nazionalità diverse e che Céline lavori in un centro d’accoglienza per giovani immigrati privi di famiglia e prospettive, una condizione di precarietà su cui si riverbera il senso più complessivo di Un Anno, Una Notte.

In un film che non può esistere senza i corpi che abbiano la forza di assumersi il peso di incarnare il dolore e lo sconcerto è notevole, generosa, la prova dei due giovani protagonisti, che già s’erano segnalati in interpretazioni ragguardevoli, Noémie Merlant in Ritratto della Giovane in Fiamme di Céline Sciamma e Nahuel Pérez nel bel 120 Battiti al Minuto di Robin Campillo e che qui trovano insieme una misura e un’impudicizia necessarie al ruolo.

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