La nazionale italiana di calcio femminile dice addio agli Europei. La principale competizione continentale per nazioni di calcio femminile ha condannato senza appello le azzurre. L’Italia di calcio femminile era inserita nel girone con la Francia, l’Islanda ed il Belgio. Le cose si sono messe subito male con la pesante sconfitta all’esordio contro le transalpine. Nel match contro l’Islanda l’Italia del calcio femminile ha conquistato l’unico punto della competizione. Crollo finale contro il Belgio che ha staccato il biglietto per il turno successivo ad eliminazione diretta contro la Svezia (leggi di più)
La delusione sportiva è enorme. Le aspettative nei riguardi dell’Italia di calcio femminile erano enormi . Si confidava che le ragazze azzurre potessero riscattare il flop dei colleghi maschi sbattuti fuori dai Mondiali per la seconda volta consecutiva. Ed invece le donne del calcio femminile hanno fatto la stessa fine ingloriosa in una parità sessuale perfetta.
Nel calcio e nello sport si vince e si perde ma la sconfitta diventa ancora più pesante quando avviene nel contesto di un’esaltazione mediatica del calcio femminile che non corrisponde in alcun modo alla realtà del movimento. Le telecronache esaltate dei commentatori della tv di stato e della piattaforma a pagamento, la valanga di servizi elogiativi, le disquisizioni gossippare, politiche ed ideologiche sull’emancipazione femminile, la lotta al razzismo, l’identità di genere e le scelte sentimentali. Si è tentato di far diventare importantissimo quello che al momento importante non è.
Alla fine , le atlete non hanno retto alla pressione e sono crollate miseramente in campo evidenziando accanto ai genetici limiti fisici anche imbarazzanti lacune tecniche e tattiche. Questo tonfo ha riaperto anche la polemica sul professionismo. Le atlete del calcio femminile hanno ottenuto dal primo luogo lo status di professioniste. Ma il movimento non è decisamente pronto a supportare questa novità per numero di praticanti, per squadre in competizione, per interesse reale del pubblico sugli spalti ( poche centinaia) ed in televisione.
Quello del professionismo per le atlete del calcio femminile sembra esser l’ennesimo proclama ideologico che invece di migliorare le reali condizioni economiche e professionali delle atlete finirà per fa soccombere i club. Ovviamente non si discute il diritto alla retribuzione della prestazione resa, ma il professionismo è conseguenza anche di un mercato evoluto come avviene in altri paesi come gli USA dove il calcio femminile è retribuito ancor meglio di quello maschile perché genera interesse, praticanti, attenzioni mediatiche. In altri sporto come il tennis o la pallavolo le donne hanno in taluni casi, e giustamente, retribuzioni superiori a quelle dei colleghi maschi.
La brutta figura agli Europei 2022 deve diventare un bagno di umiltà per tutto il movimento. Atleti, tecnici e dirigenti debbono capire gli errori e valorizzare il potenziale reale senza farsi illudere da un professionismo proclamato sulla carta che non ha alcuna reale credibilità.
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Solito vittimismo. Sfortuna, coincidenze, poca esperienza, ecc. Mentre nella pallavolo, scherma, nuoto, da sempre siamo vincenti. Per un paradosso, le stesse ragazze, abitano nella stessa città e magari condominio, e sono vincenti quelle della pallavolo, scherma e nuoto, e perdenti quelle del calcio. Come spesso accade, convocazioni sbagliate e Movimento sopravvalutato.
Il calcio femminile ha preso piede davvero da poco troppo tempo: esiste da anni, ma non è mai stato considerato nemmeno lontanamente tanto quanto quello maschile. Le ragazze della nazionale italiana hanno sfigurato al “primo colpo”, ma ciò a mio avviso non deve precludere la possibilità di rifarsi in una prossima occasione. Lo sport, infatti, non ha sesso né dovrebbe avere limitazioni.