Di Maio lascia il M5s: da “uno vale uno” a “uno non vale l’altro”

Si compie il destino di un partito che negava di essere tale ma che ha fatto la fine di tutto ciò che disprezzava

Di Maio lascia il M5s

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Sono bastati meno di cinque anni di vero potere per rivelare al popolo italiano la vera matrice del Movimento cinque stelle. Dovevano aprire il parlamento come una scatoletta di tonno e invece si sono incollati alle poltrone appena hanno raggiunto il loro vero obiettivo. Con Di Maio che lascia il M5s si compie il vero destino della creatura di Grillo e Casaleggio. Una parabola su cui in pochi scommettevano a inizio legislatura ma che invece ha dato ragione a tutti i critici della prima ora.

Erano riusciti a convincere milioni di italiani con la retorica dell’“uno vale uno” e della lotta alla “casta”. Ma non hanno potuto fare nulla quando coloro che componevano quella che era una scatola vuota, senza ideali, si sono rivelati e hanno svelato i loro veri piani. “Né di destra, né di sinistra” sbandierato come se questo fosse un vanto e invece è stata la loro condanna a morte. Una condanna firmata a inizio legislatura quando hanno venduto l’anima al diavolo alleandosi con Matteo Salvini.

Avrebbero potuto continuare a tenere la barra dritta e magari rimanere all’opposizione dell’ennesimo governo di “unità nazionale”, rafforzandosi ancora di più. Invece hanno scelto di cedere alle lusinghe che solo i palazzi ministeriali sanno fare. Una volta infranto il tabù delle alleanze, hanno provato a cavalcare l’ala destra del proprio elettorato rendendosi complici dei “decreti sicurezza” e lasciando persone innocenti in mezzo al mare per rincorrere i sondaggi. Quando poi Salvini ha fatto “all in” hanno deciso di allearsi con il Pd, sì proprio i loro acerrimi nemici, i protagonisti di tutte le invettive in campagna elettorale.

Inutile è stato fare leva sull’ala sinistra del proprio elettorato. Ormai il limite era stato valicato pur di continuare a rimanere incollati alle poltrone. Infine anche il sostegno al governo Draghi, massima espressione dei poteri forti, per evitare di lasciare qualche tabù integro. In tutti questi passaggi, colui che si è mosso nel migliore dei modi, da vero Gattopardo, è stato Luigi Di Maio che alla fine ha deciso anche di mollare quella scatola vuota con la dichiarazione finale che è uno schiaffo al principio fondante del Movimento.

Di Maio lascia il M5s ai minimi storici con il rischio che non torni in parlamento

“Uno non vale l’altro” ha detto il ministro degli Esteri che seguendo questa logica sarebbe ancora a Pomigliano in cerca di lavoro senza nemmeno una laurea e che invece ha collezionato ministeri di prestigio, vicepresidenza del Consiglio e della Camera. Niente male per un “bibitaro”. Una sorta di rivincita a discapito di coloro che gli avevano creduto. Con lui lo seguiranno una sessantina di parlamentari che formeranno il gruppo “Insieme per il futuro”. Di Maio lascia il M5s ai minimi storici a Giuseppe Conte, con il rischio di non rientrare in parlamento alle prossime elezioni.

Il democristiano Conte non è riuscito nel suo intento. Provare a rimettere il Movimento nell’area politica che più gli si addice. Quella della protesta, del continuo anti-governismo per provare a recuperare consensi. La gente lo ricorda accanto a Salvini prima e a Letta poi, e c’è un limite a tutto, anche alla creduloneria dell’elettorato italiano. Lo sanno tutti che è un democristiano proprio come Di Maio, solo meno furbo, e adesso si ritrova con una scatola vuota in mano. “Né di destra, né di sinistra”, appunto il niente in pratica.