Aumento della spesa militare, il bluff di Conte non ha retto e ha vinto Di Maio

Il decreto Ucraina era solo una scusa per provare a mettere il ministro degli Esteri in imbarazzo agli occhi degli alleati Nato

aumento della spesa militare

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C’era qualcuno che davvero aveva creduto al Conte pacifista? Ma davvero il leader dei Cinque stelle ha deciso così di abusare della pazienza dell’italiano medio? La storia dell’aumento della spesa militare ha dimostrato ancora una volta l’anima populista di quella forza politica ma soprattutto la guerra al suo interno. Da una parte i parlamentari fedeli a Di Maio. Dall’altra gli iscritti che dovrebbero essere fedeli a Conte. Così ogni scusa è buona per provare a prendersi lo scettro del comando del partito.

Scuse che Conte adora utilizzare come strumento di pressione sul ministro degli Esteri nella speranza che commetta l’errore fatale che permetta all’“avvocato del popolo” di prendersi il movimento. Una di queste è stato l’aumento della spesa militare a cui lui ha finto di opporsi. In realtà Conte, nei suoi due mandati da presidente del Consiglio, si era prodigato per alzare il tetto di spesa più dei suoi predecessori e la sua anima pacifista aveva un solo obiettivo: mettere in imbarazzo il ministro degli Esteri Di Maio di fronte ai partner della Nato.

L’aumento delle spesa militare usata per mettere in imbarazzo il ministro degli Esteri

Come sempre non aveva fatto i conti con le truppe parlamentari fedeli a Di Maio, o almeno stavolta voleva puntare sul crescente scetticismo dei cittadini italiani di fronte a spese militari in periodo di crisi economica post-Covid. In un colpo sperava di ottenere dei dividendi politici in vista delle politiche 2023 e di mettere all’angolo il suo rivale Di Maio. Nessuna delle due però gli è riuscita e come sempre è stato costretto a fare marcia indietro. I parlamentari Cinque stelle hanno votato la fiducia al “decreto Ucraina” e lui ha rimediato una figuraccia davanti al suo elettorato.

Inutile sottolineare che una speculazione politica in tempo di guerra è qualcosa che non si addice a colui che si propone come statista e capo di un’importante forza politica. La realtà è che nei suoi quattro anni di carriera Conte ha dato sfoggio solo di un opportunismo e un populismo pari solo a quello di Salvini. Non a caso entrambi stanno condividendo lo stesso destino. Non a caso erano alleati all’inizio di questa legislatura e le loro strade non stanno portando che nella stessa direzione: il fallimento del loro progetto politico. Questo non è un periodo per populisti e situazionisti.