Dice le cose come stanno. Sa bene dove sono le responsabilità ed è concentrato su come risolvere il conflitto e ricercare la pace. Un vero capo di Stato. Solo che è l’unico capo di Stato che in questo momento sembra essere interessato alla pace. L’intervista a Papa Francesco realizzata dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, mette sul tavolo la voglia di un faro della cultura religiosa che improvvisamente sembra anche un punto di riferimento laico. Non è la prima volta che succede a Papa Francesco e probabilmente non sarà l’unica.
Pone motivi sia spirituali che pratici a giustificare la sua ricerca della pace. Lo fa con franchezza come quando parla di Putin. Con le sue parole, Bergoglio fa capire che è da lì che è partito tutto ed è lì che bisogna andare per cercare una soluzione. Per questo si è detto pronto ad andare a Mosca ma che dal Cremlino non è ancora arrivata un’apertura alla sua visita. Di fatto spiega qual è la situazione attuale da quella parte del mondo. Putin al momento non vuole parlare nemmeno con il Papa.
Bergoglio però dice anche di non voler andare in Ucraina perché non è il momento. Da uomo di pace non vuole schierarsi, non vuole un argomento ai detrattori russi della pace. Non vuole che nessuno possa dire che si è schierato con il “nemico”. Solo che ripete di aver chiamato subito Zelensky, il primo giorno dell’attacco e di aver mandato suoi emissari. Inoltre parla del popolo ucraino come di un popolo martire e che non ha fatto nulla per dover subire la guerra. Che nessun popolo deve attaccare un altro popolo.
Smonta anche le teorie sul Donbass non ritenendolo un argomento attuale. Non ritiene che la Nato possa aver scatenato da sola con il suo comportamento una reazione così violenta di Putin ma sicuramente di averla agevolata. Da negoziatore tende una mano a Putin provando ad andare incontro anche alle sue motivazione sebbene non le condivida. Dice che non sa rispondere sull’invio di armi ma ne ricorda la portata distruttiva. Poi ricorda le guerre in Yemen, Siria, Iraq e in varie parti dell’Africa, l’inizio di una guerra mondiale a pezzettini, le colpe di un Occidente che spesso si è girato dall’altra parte.
Poi tira le orecchie al patriarca Kirill esortandolo a non essere il “chierichetto di Putin” ma di rispondere a dio non a un governante. Fissa infine una possibile data per il cessate il fuoco nel 9 maggio citando le parole di una telefonata di Orban. Un colpo di maestria diplomatica. L’intervista a Papa Francesco è stato questo. In un’intervista ha fatto tutto quello che chi ama la pace e vuole negoziare fa. Ha detto chiaramente come stanno le cose; si è fatto avanti per andare incontro a chi la guerra l’ha scatenata facendogli sapere che è lui che deve fermarsi; ha provato a creare un terreno comune nel dialogo e tirato le orecchie a chi prova a frapporsi nel processo di pace. Infine ha fissato una scadenza possibile per un cessate il fuoco e l’inizio di un negoziato. Ha fatto tutto quello che poteva fare, adesso tocca ai governi.