Tom À La Ferme: Xavier Dolan, il thriller e il fantasma di Hitchcock

Alle 21.20 su Cielo l’ultimo film del ciclo Pride dedicato al regista canadese. Un thriller teso e rarefatto con dentro un'anima mélo, che rimanda al maestro del brivido

Tom À La Ferme

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Tom À La Ferme (2013), quarto film di Xavier Dolan, è il frutto più originale e spiazzante della sua già nutrita filmografia. Perché qui il regista canadese scarta dalla sua quasi istintiva propensione al melodramma, genere al quale appartengono la quasi totalità delle sue opere, per propendere a sorpresa per un thriller che in verità non nega il mélo, semmai lo sublima incistandolo dentro la cornice di un racconto di tensione raffinata e quasi insostenibile.

Nel film, tratto dall’omonima pièce teatrale di Michel Marc Bouchard (anche sceneggiatore, insieme al regista), Tom (Dolan) è un pubblicitario di Montréal, un corpo alieno catapultato in una sperduta fattoria per il funerale del compagno Guillaume, morto tragicamente a 25 anni. La madre Agathe (Lise Roy) non sa nulla dell’omosessualità del figlio, nota invece al fratello del defunto, Francis (Pierre-Yves Cardinal), un individuo rozzo e manesco che intima a Tom di sostenere la parte dell’amico, senza rivelare nulla alla donna della vita del fratello.

Francis intrattiene con la madre un rapporto distorto, imputa a lei il fatto di essere costretto a trent’anni a vivere ancora nella fattoria, addirittura in un momento di sincerità confessa a Tom che la vorrebbe vedere morta. Allo stesso tempo non riesce a ribellarsi, assecondando anzi ogni suo desiderio e mettendo in piedi per lei una recita nella quale Guillaume aveva una fidanzata e conduceva un’esistenza “regolare”.

Sulle prime, soltanto per timore di ritorsioni, Tom accetta di interpretare il suo ruolo, ma a poco a poco è tratto nella rete di questa relazione familiare malata, entusiasmandosi alla vita in campagna ed entrando con Francis in una dinamica masochistica vittima-persecutore, non scevra di una forte tensione erotica, dalla quale pare capirsi che Francis nella propensione quasi bestiale alla violenza reprima la sua autentica sessualità.

Tom A La Ferme
  • Cardinal,Dolan,Roy (Actor)

Tom À La Ferme è un film sempre sul punto di deflagrare, sempre sotto la minaccia di un’esplosione, tanto della violenza quanto del desiderio. Nei momenti di maggiore tensione Dolan ricorre al restringimento del formato dell’inquadratura, un espediente che diverrà sistematico nel successivo Mommy, spia tanto dell’inibizione della passione quanto della ricerca di un altro sguardo capace di mettere in scena le pulsioni dei protagonisti. E proprio poiché tutto resta represso e suggerito solo tangenzialmente, ecco che il thriller prende la forma di un estenuante e intelligente esercizio hitchcockiano, con una dilatazione della tensione distillata in una sospensione e un’aspettativa infinite, che si fa sfiancante per lo spettatore e frustrante – come le pulsioni mai esplicitate – per i personaggi.

La colonna sonora di Tom À La Ferme, firmata da Gabriel Yared, è una variazione giocata scopertamente sulle partiture musicali di Bernard Herrmann, con quella predilezione per gli archi capaci di creare un ambiente sottilmente ansiogeno. Ma ancora di più il modello hitchcockiano è palese nella lentezza con cui l’angoscia viene fatta crescere sino al punto di rottura, con inquadrature talvolta vuote e ariose come i vastissimi campi coltivati, in cui è proprio lo spazio mescolato all’attesa di qualcosa a creare tensione e, sì, anche paura.

In Tom À La Ferme Xavier Dolan mostra una maturità ancora più sorprendente, perché espressa in un vocabolario formale lontano da quello abituale, dentro un genere che non è il suo prediletto e senza ralenti, videoclip, fantasmagorie cromatiche. Tutto è immerso in un ambiente cupo e ombroso (la fotografia è di André Turpin), con personaggi sgradevoli, assoggettati a un progetto di infelicità che si manifesta attraverso comportamenti patologici, il masochismo di Tom, la morbosità della madre, la brutalità di Francis. Un racconto in cui è esattamente ciò che non vediamo a sconvolgerci di più, capace per questo di attivare nello spettatore una sensazione di angoscia che incide più a fondo e più a lungo. Un’opera, anche, di notevole, trattenuta eleganza visuale, secondo un’idea di cinema mutuata dal maestro del brivido, cui Xavier Dolan s’ispira senza impantanarsi mai in uno sterile calligrafismo.