Laurence Anyways e il Desiderio di una Donna, il melodramma secondo Xavier Dolan

Alle 21.20 su Cielo il più bel film del regista canadese, storia di un uomo che cambia sesso e del rapporto con la donna della sua vita. Un mélo struggente, visivamente smagliante

Laurence Anyways

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L’inquadratura deve raccontare una storia” ha dichiarato una volta Xavier Dolan. E tra tutti i suoi film quello che maggiormente rispetta questo principio è sicuramente Laurence Anyways e il Desiderio di una Donna (2012), il titolo più smagliante sotto il profilo formale della filmografia di questo ancora giovanissimo regista (nato nel 1989), girato a soli 22 anni con un prodigioso controllo espressivo del mezzo e degli attori.

È anche il suo film più lungo, quasi tre ore sinuose e coinvolgenti per seguire il rapporto d’amore non convenzionale tra il professore di letteratura Laurence (Melvil Poupaud) e l’eccentrica Fred (Suzanne Clément), che si snoda lungo un decennio, tra la fine degli anni Ottanta e Novanta, scanditi da un evento straordinario, il progetto di Laurence di cambiare sesso, per smetterla, come dice, “di uccidere la vita della donna che sono nato per essere”. La trasformazione corrisponde all’ostinato e faticoso desiderio di entrambi di continuare la loro storia d’amore, per la quale devono trovare modalità che né loro stessi, né tantomeno la società in cui vivono, ancora conoscono.

Laurence Anyways è un melodramma in purezza, memore del cinema che l’ha preceduto – con nomi che affiorano inevitabilmente, soprattutto Douglas Sirk –, però con una impaginazione visuale aggiornata che attinge a un vocabolario eterogeneo, con ralenti, cromatismi pop, l’estetica – e le fondamentali canzoni – dei videoclip anni Ottanta, trovando una sua dizione personale in accostamenti liberi in cui le immagini non suggeriscono tanto le emozioni, ma sono da esse plasmate.

Da qui, in Laurence Anyways, una cura formale che traspare da inquadrature calibrate, senza che però il film si trasformi in una galleria di fotogrammi pittorici fini a sé stessi. I singoli dettagli costituiscono sempre delle tracce funzionali all’arco narrativo, costruito secondo una scansione ternaria che parte dalla stabilità di un rapporto normale, segue l’evoluzione della crisi dovuta alla trasformazione di Laurence e sfocia nei tentativi di rimettere in piedi i pezzi della relazione.

Laurence Anyways E Il Desiderio Di Una Donna...
  • Poupaud, Clement, Baye, Chokri, Almgren (Actor)

A proposito di cura formale, per esempio, quell’uso simbolico del formato del fotogramma tipico del cinema di Dolan, che troverà la traduzione più compiuta nell’asfissiante proporzione dello schermo 1:1 del successivo Mommy, è già pienamente all’opera in Laurence Anyways. Dolan infatti ricorre spesso a un’inquadratura ingombra di elementi, si tratti di una scenografia opulenta o, più spesso, di pareti che occupano un’ampia porzione dell’immagine, all’interno della quale la figura umana è come ingabbiata. Oppure, quegli stessi personaggi sono annegati dentro ambienti molto vasti, posti al centro dei quali finiscono per risultare residuali, sovrastati dall’insieme.

Così accade a Fred quando, incapace di sostenere la relazione con Laurence, decide di sposare un uomo più tradizionale. Il quale la reclude in un’architettura razionalista rigorosa e asettica, in cui lei è palesemente fuori posto. Così, quando riceve il libro di poesie scritto da Laurence, e ritrovando in quei versi tanto sé stessa che la temperatura della passione non estinta, materializza in quelle stanze austere e sterilizzate la tempesta interiore che la agita, che si trasforma in tempesta letterale, con una scelta di regia che può tanto irritare per didascalismo quanto risultare emotivamente struggente – ed è probabilmente le due cose insieme. Allo stesso modo è prezioso il dettaglio di quel piccolo mattone che Laurence a insaputa di Fred ha colorato di rosa nel mezzo del biancore lattiginoso dell’edificio il cui lei abita: “Un mattone rosa – recita uno dei suoi versi – per coadiuvare il tedio di vivere”.

Il cameo di Xavier Dolan in Laurence Anyways

Laurence Anyways non è un’opera militante, non cerca un filtro dichiaratamente politico per parlare di transessualità. Il film resta sempre incardinato sui sussulti emotivi dei protagonisti, filtrando il tema principale attraverso il melodramma, non dimenticando però il contesto sociale della vicenda – retrodatarla agli anni Ottanta rende più marcato lo stridore tra questa coppia “sui generis” e un mondo, all’altezza di quell’epoca, ancora privo dei necessari strumenti culturali per comprendere la loro relazione. Che il film poi sia anche indirettamente politico lo si intuisce sin dal prologo: una scansione di primi piani di persone di ogni età riprese per strada mentre osservano, chi sorpreso, chi interrogativo, chi sconcertato, lo “scandalo” rappresentato dalla nuova Laurence. Che è un modo per far emergere il tema dalle immagini di un cinema inteso come linguaggio dello sguardo, evitando l’enfasi delle dichiarazioni programmatiche e dei messaggi politicamente corretti.

Vale più, nel cinema di Dolan in generale e in Laurence Anyways in particolare, la forza della visione, che elude l’assertività della parola ma guadagna in complessità, lirismo e dolcezza. Come nei caratteristici ralenti, ormai un marchio di fabbrica del regista canadese, o in immagini avvincenti nella loro “ingenuità” programmatica, come la pioggia di abiti colorati durante la fuga degli amanti nell’isola che hanno sempre sognato di visitare.

Non è ingenuo però il percorso drammaturgico del film, che segue il filo di relazioni difficili e non convenzionali – tra cui si può annoverare anche il rapporto tra Laurence e la madre (Nathalie Baye), che gli/le dice “Non ti ho mai riconosciuto come mio figlio ma ti riconosco come mia figlia” – e che non prevede un lieto fine, restando invece sospeso all’ambiguità molteplice del reale.