Le cantautrici che cantano il sesso fanno ancora paura, almeno a Musicultura

Quest'anno tre sono le cantautrici approdate miracolosamente in finale e il mio supporto, per quel che vale, va tutto a Mille, artista dotata di grazia e originalità


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A volte ho l’impressione che invece che apparire sui social come un incrocio non troppo riuscito tra Frank Zappa e il Bono periodo Berlino, codini e occhialoni da mosca, rosa nel mio caso, dovrei cominciare a presentarmi in maniera più pertinente come un moderno Don Chisciotte della Mancia, una scodella larga in testa a emulare un copricapo da guerriero, lo scudo ricavato dalla portiere di una utilitaria, uno scopettone al posto della lancia.

Lo dico non per paragonarmi al protagonista di quello che a ragione viene considerato il primo romanzo di tutti i tempi, usando per asserire ciò i canoni contemporanei come parametri, quanto piuttosto per paragonarmi di sana pianta a un idealista che ha le cartucce costantemente a salve, incapace di abbattere i mulini a vento, un coglione, simpatico, magari, ma pur sempre un coglione.

Lo dico perché ho fatto dell’inclusività e della lotta alla discriminazione femminile nell’ambito del mondo della musica leggera una mia personale battaglia, e giuro che quando ho iniziato tutt’altro avevo in mente, l’ho raccontato anche troppe volte, e questa battaglia, che magari a tratti ha anche sortito qualche minimo effetto, col tempo è diventata una vera battaglia coi mulini a vento, oggetto di risatine e battutine. Mi è capitato più volte, parlando con organizzatori e direttori artistici, di sentirmi dire, quasi con accondiscendenza, “quando abbiamo lavorato al cast abbiamo ovviamente pensato a artiste donne, perché se no sai che casino avrebbe fatto Monina”, che è un po’ come dire che non fai qualcosa che altrimenti faresti senza neanche pensarci perché hai paura di una reazione, il senso di colpa del Dio cattivo e severo del Vecchio Testamento, non mi sto paragonando a Dio, leggete meglio, studiare perché se no il professore mi boccia, non per apprendere e crescere. Me lo sono sentito dire e ho letto gente dirlo in mia assenza, scriverlo a chiare lettere, a volte, quasi sempre, beffeggiandomi, “almeno stavolta Monina non viene a rompere il cazzo”.

Fossi uno che si nutre di narcisismo potrei anche stare a oziare, a questo punto, a pancia piena, ma a me, in onestà, di essere considerato uno da tenere buono perché altrimenti, non interessa affatto. Volessi che la gente mi dia ragione a prescindere tenderei a assecondare il flusso, non certo a provare a risalire la corrente o, peggio, a arginare il mare come lo scoglio di Battisti e Mogol.

Sono anni che provo a indicare a coloro che in genere sono emarginate e discriminate, le artiste, di fare cartello tra loro, di organizzarsi, di provare a mettere in piedi una qualche alternativa, e per anni mi ci sono anche messo in prima persona, a breve partirà il quinto Festivalino di Anatomia Femminile, non è che mi sia stancato del tutto, ma sono anche anni che dico che voglio tirarmene fuori, perché non credo sia questo il mio posto nel mondo, perché non credo che sia io, genericamente divisivo, a dover fare questo, anche per una questione pratica, chi polarizza porta certo a compattare chi sta dalla propria parte, ma si perde tutto il resto, e io credo che la questione della discriminazione e dell’emarginazione delle artiste donne nel mondo della musica leggera in Italia dovrebbe essere tema caro a tutto, non certo a una porzione di chi la musica la segue, la apprezza e anche di chi nella musica ci lavora.

Dico questo perché a breve ci sarà la finale della XXXII edizione di Musicultura, allo Sferisterio di Macerata, e credo sia cosa abbastanza nota di come negli ultimi anni io mi sia battuto perché Musicultura diventasse più inclusiva riguardo le cantautrici. Ne ho fatto una mia piccola battaglia, appunto, come a suo tempo ho fatto verso il Festival di Sanremo, o verso il Concertone del Primo Maggio di Roma. Ricorderete, e se non ricordate amen, di quando ho invitato Enrico Ruggeri, il presentatore della kermesse, quest’anno in compagnia di Veronica Maya, a presentarsi sul palco vestito da donna, alla maniera dei nostri, suoi e miei, amati New York Dolls, come forma di protesta per la presenza tra gli otto finalisti della sola Lavinia Mancusi, invitando al contempo lei, la cantautrice romana, di salire sul palco attrezzata con uno strap-on, e per altro, ripensando a quel che è successo recentemente, con quella farsa, chiamiamo le cose col nome legittimo, della pretestuosa polemica relativa alla Partita del Cuore, forse lo avesse fatto si sarebbe risparmiato un po’ di quel fango che gli è ingiustamente piovuto addosso, proprio in quanto divisivo e polarizzante non sono intervenuto a riguardo, ma credo che proprio l’essere sempre attento e schierato a riguardo mi conceda uno sguardo assolutamente obiettivo sui fatti, comunque sia, da lì non ho mai smesso di cagare il cazzo, letteralmente, a riguardo.

Quest’anno, in apparenza, le cose sono andate in una direzione coerente con quella modalità, su otto finalisti ci sono tre artiste donne, nello specifico Mille, Ciao Sono Vale e Elasi, tutte molto brave, meritevolissime di stare lì, non è che io sia per le quote rosa in assenza di talento, è ovvio. Tre su otto è una buona cifra, l’anno scorso era andata anche meglio, Miele, La Zero, Hanami e H.E.R., ma sempre meglio di una sola presenza, come nel caso di Lavinia Mancusi. Solo che, andando a ascoltare le canzoni che erano in lizza per questi otto posti, sedici i semifinalisti, due canzoni spiccavano in maniera piuttosto evidente, e non solo per la bellezza della composizione e della scrittura, oltre che dell’interpretazioni, canzoni contemporanee, se penso che l’anno scorso ha vinto Fabio Cutro mi viene da estirparmi i testicoli a mani nude e lanciarli dal balcone, e abito al settimo piano, ma anche e soprattutto per il tema trattato, evidentemente poco apprezzato dalla giuria di selezione.

Parlo di Grazie a Dio ne sono fuori di Elvira Caobelli, Pornomania di Miglio. Due canzoni assai diverse dal punto di vista del genere praticato, della scrittura e della resa, ma entrambi a insindacabile opinione di chi scrive, che poi sarei sempre io, Don Chisciotte, importanti, nel senso che andrebbero ascoltate con attenzione, diffuse, coccolate come si fa con le cose preziose.

La prima racconta la fine di una di quelle storie che oggi abbiamo decodificato come “amori tossici”, e lo fa con un linguaggio crudo, assolutamente idoneo a mettere in scena quel tipo di storie. Un testo, quello della Caobelli, che mette a disagio, disturba, conturba, come certa arte sa fare e come certa arte dovrebbe sempre fare. Una canzone assolutamente centrata, a fuoco, che ci regala una visione della sessualità in questo contesto assolutamente “sporca”, non per uno sguardo bigotto, tutt’altro, ma perché figlia di un disagio, di una violenza assolutamente deprecabile. Tutto questo raccontato da una donna deve essere risultato come un pugno in faccia alla giuria, qualcosa da tenere a distanza, da mettere sotto il tappeto. Va bene le quote rosa, si saran detti, ma che almeno siano carine e coccolose, come i Pinguini di Madagascar.

Pornomania di Miglio, forse, era più gridata, il titolo quantomeno diceva già qualcosa del disturbo che sarebbe arrivato, ma nei fatti è una canzone che parla di orgasmi, e è una canzone che parla di orgasmi, esplicitamente, tanto quanto la canzone di Elvira Caobelli parla di finti orgasmi, e è una canzone che parla di orgasmi dal punto di vista di una donna. Chiaro, Paura di volare di Erica Jong è del 1973, e volendo guardare ancora più in là, Anais Nin scriveva i suoi diari già negli anni ‘30 del Novecento, ma evidentemente andava bene la Gianna Nannini che parlava di autoerotismo in America, perché fatto in maniera non del tutto decodificabile dalla massa, ma oggi, anno del Signore 2021, siamo ancora un passo indietro, guai a sentire una ragazza parlare di porno, per altro giocando sull’ambiguità degli aggettivi binari, una volta femminili e una volta maschili, figuriamoci cantare l’orgasmo.

Detto questo tre cantautrici sono comunque approdate miracolosamente in finale, e sia detto chiaramente che il mio supporto, per quel che vale, va tutto a Mille, artista dotata di grazia e originalità.

Per il resto abbiamo ancora parecchia strada da fare, temo, e ora lasciate che io mi possa occupare di quei mostri, laggiù, che mulinano le loro lance contro il cielo, ho una battaglia da combattere, anche per il vostro bene.