Le Marche: una regione dimenticata che non figura nemmeno tra quelle che possono aspirare alla zona bianca

La Pandemia è stata il colpo di grazia per questa regione che già subiva più di tutte gli effetti della crisi, provocando un fisiologico esodo dagli Appennini con conseguente desertificazione demografica


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“Ristori?” dice Mirella della libreria Gulliver di Porto San Giorgio? “Una volta, un anno fa, mille euro col governo Conte; io solo di affitto ne pago 1500. Poi basta. Mia sorella a Bruxelles gestisce un negozio come me: a lei arrivano circa 2000 euro al mese, al marito circa 3000. Così si può anche vivere, in Italia se sei commerciante no”. Nello stesso paese marinaro c’è chi i ristori non li ha visti proprio, come quel ristoratore di pesce che a Pasqua serviva cibo da asporto: “Pago 1500 euro di affitto e non ho ricevuto niente. Mi sono salvato l’estate scorsa, quando il coprifuoco era passato, e tanto è bastato a tagliarmi fuori da ogni pretesa. Adesso non so come fare”. E si siede tra le pentole che fumano, fumano, ma per chi? Poco più in là, a Marina Palmense, un’altra ristoratrice, Sonia Paglialunga, nella sua trattoria prova a scherzarci, ma è un riso amaro come il fiele: “Notizie dallo Stato? Come no, duemila euro di contributi da versare, subito. Lì sono puntualissimi, micidiali. Altrimenti, chi li ha visti…”.
“È tutto un mondo che scompare” riassume Gabriele Di Ferdinando, responsabile Unione Commercio e Turismo Cna Marche “e che, in molti casi, non ha potuto contare nemmeno sui ristori, perché negozi e botteghe sono rimasti aperti ma c’è stato un crollo nelle vendite. Così si lacera un tessuto sociale che, nei borghi e nei centri storici, è basato sui negozi di vicinato, e si perdono imprese e posti di lavoro”. Altro che lacerato! Già il terremoto del 2016 aveva sbriciolato un po’ tutto e dappertutto: il 40% del territorio regionale è stato coinvolto e più del 60% dell’intero cratere è rappresentato da comuni marchigiani. È stato il colpo di grazia, un disastro che ha reso micidiali gli effetti di una crisi che già affliggeva le aree interne e ha provocato un fisiologico esodo dagli Appennini con conseguente desertificazione demografica. Non lo dicono i vecchi, lo dice l’ultimo rapporto Svimez: venti anni fa il prodotto interno lordo pro capite vedeva le Marche 24 punti sopra alla media europea, oggi stanno 10 punti sotto. E se si prende a riferimento il Pil regionale dal 2008 al 2020, si vede che sono evaporati 18 punti percentuali. Una “meridionalizzazione” della regione che non lascia scampo, tanto più, aggiunge l’Istat, che nelle Marche l’ultimo tasso di crescita demografica registra un -5,3% a fronte di una media nazionale del -3,1%.
Così che possono succedere cose anche strazianti, da malvivenza dei poveri. Come l’esplosione di quelli che, nel linguaggio dei carabinieri, sono i reati contro il patrimonio, in modo particolare truffe e furti con destrezza. Sempre più i rubagalline che, fingendosi operatori sanitari, si intrufolano in casa dei vecchi col pretesto di verificare le condizioni di salute dei vaccinati: uno tiene distratto l’anziano, l’altro razzia quello che trova. Anche nel capoluogo, per dire Ancona e dintorni, non è che ci sia da esaltarsi. Appena molla il coprifuoco diurno andiamo a pranzo in centro e il ristoratore si sfoga: “Vedi? Di giorno c’è nessuno. La sera per fortuna recupero. Ho avuto perdite per l’85% e i giorni rossi, di lockdown duro, dobbiamo pagarli noi. Non c’è solo l’affitto, ci sono le utenze, il personale, il commercialista, il consulente lavoro, i generi alimentari che vanno sprecati, gli adempimenti, i tributi, se le chiusure duravano altre due settimane ero finito. Molti qui non ce l’hanno fatta. Ristori? Uno solo, non ricordo più nemmeno quando”. Con me c’è Michele Cantarini, avvocato e responsabile dell’Arci cittadina. Deve preparare la stagione estiva, gestisce un ritrovo, il Lazzabaretto, alla Mole Vanvitelliana, e ha un diavolo per capello: “. Che faccio? Cinema all’aperto? Col coprifuoco quando c’è ancora luce? E il bar come lo apro? Per poi sentirmi dire, magari, che sono un terrorista, uno sconsiderato, uno che alimenta i contagi? Abbiamo bisogno di certezze e di un po’ di sano buon senso, si muore anche di isteria e io ci sono già passato l’anno scorso, ho avuto tutti contro e sì che osservavamo tutte le misure di cautela. Ma qui già affondiamo, se alla gente, ai giovani togli anche una birra e un po’ di musica in estate, altro che patologie psichiche o suicidi. Ma lo capiscono o no?”.
Lo capiscono e non lo capiscono. I centri litoranei come quelli montani sono confusi, esitano, se vai in gita sui Sibillini può capitarti lo zelo stupido della guardia municipale che ti appiccica la contravvenzione sulla macchina che è l’unica parcheggiata. Oppure ti molestano perché non metti la sacra mascherina anche se non c’è nessuno nel raggio di centinaia di metri. E non lo capiscono che così il turismo lo ammazzi definitivamente, che si torna al bieco localismo vacanziero, “meglio tra noi che ci conosciamo, non siamo mica Rimini noi”. No, ma se vi giocate anche quello straccio di indotto che resta, si può anche mettere i cartelli al confine: vendesi per cessata attività. Le Marche dell’ermo colle e della riviera adriatica non figurano tra le regioni che possono aspirare alla zona bianca, non subito almeno. Forse, se le sono dimenticate.