The Beatles, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e il colpo di stato dell’arte | Memories

26 maggio 1967: da sbarbi gentili e sorridenti a promotori della più grande rivoluzione del pop. Ecco perché Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles è un album così importante.

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Photo by Vara/Wikicommons


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Quando Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band arriva negli scaffali dei negozi di dischi del Regno Unito, il 26 maggio 1967, tutti sono convinti di avere ben chiaro il panorama musicale internazionale. I Fab Four sono sulla cresta dell’onda, hanno già sfornato Revolver un anno prima e con quel brano, Tomorrow Never Knows, hanno distorto l’immagine da 4 piccoli sbarbi del primo quinquennio degli anni ’60.

Di fatto il mondo non è pronto a Sgt. Pepper’s, perché il pubblico del beat è fossilizzato su 4 divise tutte uguali, un taglio di capelli standardizzato e le canzoni d’amore e satira sociale. Con questo disco i Fab Four si impongono come portavoce del cambiamento definitivo. Nel cuore di Paul McCartney c’è quel capolavoro indiscusso di Pet Sounds dei Beach Boys, uno scambio di battute con il roadie Mal Evans su un aereo e l’immagine di una banda musicale edoardiana. John Lennon ci aggiunge un manifesto di un circo di epoca vittoriana ed entrambi, sempre più visionari, uniscono le forze e si buttano su quel registratore a 4 piste.

Il risultato è un album sì colorato e sfaccettato, ma anche un mondo meraviglioso in cui tutto è libertà e disordine. Lo dimostrano l’onirica Lucy In The Sky With Diamonds – che no, non è un riferimento all’LSD – la bellissima (quanto disturbante) A Day In The Life e soprattutto la title-track, l’ingresso in scena della “banda dei cuori solitari” che coniuga il cabaret con l’esibizione in pompa magna.

Dopo tanti fiori, cuoricini e sorrisi di facciata Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles è il disco che dona dignità al pop, che fa invidiare gli avventori del rock e che taglia i ponti con tutto, a partire dall’iconica copertina. Lo stesso Paul McCartney si dice sorpreso del grande seguito che il disco ottiene ancora oggi: una Bibbia degli anni ’60, una fotografia della rivoluzione musicale e, soprattutto, uno stravolgimento dello stato dell’arte.