Ray Manzarek, l’architetto sonoro dei Doors | Memories

Il 20 maggio 2013 Ray Manzarek muore in Germania, ucciso da un tumore. Ricordiamo il genio, l'architetto sonoro e il fondatore dei Doors

morte di ray manzarek

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Nel giorno della morte di Ray Manzarek un’importante fetta dell’ingegneria sonora, della storia del rock e della musica tutta ha perso una parte fondamentale. Sarebbe interessante esaminare, ancora oggi, la struttura del suo cervello: due emisferi perfetti, uno destinato al basso e l’altro destinato all’organo, ma non abbiamo sufficienti competenze per affidare questa memoria ai numeri e alla biologia. Ciò che possiamo fare è ascoltare tutti i dischi dei Doors. In essi c’è Manzarek.

Ray Manzarek non è solamente quel Rhodes Piano Bass poggiato sul Vox Continental. Questo gentile ed elegante architetto sonoro è quella spiaggia di Venice Beach, quel briefing informale sulla sabbia di fronte a un già visionario Jim Morrison durante il quale si gettano le basi per fondare una delle band più rivoluzionarie del rock psichedelico. A questo pensa, sicuramente, mentre esala l’ultimo respiro strappato da quel terribile tumore al dotto biliare.

Se il Re Lucertola ha le parole, Ray è il custode i suoni. Un po’ come Lennon e McCartney, Mogol e Battisti, Manzarek e Morrison sono l’esempio dell’imperfezione perfetta della creatività. Un viaggio acido che si consuma di album in album e che restituisce al mondo opere iconiche come Break On Through, Strange Days, The End, Spanish Caravan, The Soft Parade, When The Music’s Over. Poesie che diventano preghiere, inni contro la guerra, manifesti della libertà sessuale, allucinazioni di mondi di cristallo e pece, canzoni d’amore trascendentale e provocazioni.

Certamente Ray, in quel 20 maggio 2013 e da quel letto della RoMed Clinic di Rosenheim, ricorda anche quella volta in cui insieme ai suoi compari girò Los Angeles con 6 demo dei Doors registrate su nastro. “Una schifezza”, disse qualche discografico ai 4 sbarbi che volevano incidere un disco. Lo ricorda, Ray, mentre la sua eterna Dorothy Fujikawa gli stringe una mano, la stessa che un tempo ha regalato al mondo l’intermezzo di The Crystal Ship.