Il mio “cammino interminabile” con Battiato

Le volte che la musica di Battiato mi ha cambiato la vita


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Di solito quando un grande ci saluta lo si ricorda attraverso aneddoti personali.

Nel mio caso no. E’ accaduto che la traiettoria mia e quella di Franco Battiato si siano incrociate in qualche occasione, ma, sono sicuro, si è trattato di occasioni insignificanti per lui. E, tutto sommato, neanche per me così decisive e determinanti come le mie opportunità di incontro, ben più intense, con la sua musica.

Dire che la musica di Battiato mi ha davvero cambiato la vita non è affatto una esagerazione retorica. Ed a stento individuo momenti del mio esistere che non siano in qualche modo connessi con una sua canzone o composizione.

Cercherò di dimostrarlo attraverso tre sequenze e frequenze della mia vita passata.

1) Nel Dicembre del 1981 ho un anno e mezzo. Già allora dimostro una forte predilezione per la musica e – quando la radio trasmette le canzoni de “La Voce del Padrone”– il mio gradimento è particolarmente manifesto. Per questa ragione e sull’onda dello straordinario successo di quell’album il Natale di quell’anno ne ricevo una copia per regalo. E’ il primo disco “mio” della mia vita, che ancora ho nella mia collezione via via ampliatasi per numero e per orizzonti. Un segno, una premonizione del rapporto che poi mi avrebbe legato all’arte di Battiato. Ma non solo… Anche una dimostrazione tangibile di quella straordinaria capacità che il musicista siciliano aveva nel rendere fruibile, di massa, tutto ciò che tale non sarebbe. Oggi riterremmo possibile – anche qualora esistesse – regalare un album di una simile complessità ad un bambino di neanche due anni? Con Battiato invece tutto è possibile e niente è come sembra.

2) Dieci anni dopo, nel Dicembre del 1991 mi imbatto in una recensione di “Come un cammello in una grondaia”. Da beatlesiano mi incuriosisce che quel lavoro sia stato registrato ad Abbey Road. E mi intriga anche la veste classica dell’opera, in cui il nostro reinterpretava anche composizioni di Wagner, Brahms ed altri… Quella volta decido di essere io artefice del mio destino e chiedo in regalo per Natale una copia dell’album in questione. Lo ascolto ed è subito malia. Un irresistibile richiamo che davvero muta i contorni del mio rapporto con la musica per sempre, ma, soprattutto, mi conduce in zone che mai avrei pensato di frequentare prima. Ragazzino di formazione atea, mi imbatto nella esplicita spiritualità cantata da Battiato e me ne lascio avvolgere. Da lì inizia una ricerca disordinata e selvaggia, ma intensissima, che mi conduce a Gurdjieff al sufismo e a molto altro. Iniziano per me anni di ricerca, anni in cui, soprattutto per l’età che avevo, mi mostro radicale nella mia necessità di ricerca di ciò che sta al di là della ombra della luce. Spariscono le mie ansie giovanili e si apre uno scenario che segna un nuovo inizio della mia esistenza.

3) Nell’Autunno del 1998 sono all’inizio dell’ultimo anno del Liceo Classico. Momenti vissuti intensamente. Con gioia e rivoluzione, per citare in questo caso un brano degli Area. Battiato esce con l’album perfetto al momento perfetto. “Gommalacca”, infatti, non è soltanto un capolavoro (il suo ultimo, a mio avviso), ma è anche un concentrato di energia sovversiva. Una energia dai contorni “politici” (“Shock in my Town” e “Il ballo del potere”), ma soprattutto di natura sensuale (“Autodafè”, “La preda”). Colgo quegli inviti, come se fosse Battiato stesso a farmi un occhiolino complice. Lascia tutto e seguiti!, mi intima. E io raccolgo queste parole e mi godo il momento. Finalmente libero.

La musica di Battiato è materia stessa della mia stessa vita e continuerà ad esserlo ancora adesso. Continuerò per questo ad esprimere sempre il mio doveroso debito di riconoscenza.

Grazie per sempre, Franco!