Il lockdown all’Italiana, il peggiore del mondo e che non ha salvato neanche una vita

Su questi presupposti non si può dire che andrà tutto bene: o arrivano i vaccini a pioggia oppure i “7-15 mesi” di Rezza diventeranno quindici anni

Healthcare cure concept with a hand in blue medical gloves holding Coronavirus, Covid 19 virus, vaccine vial


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Un anno fa il virus misterioso e il Paese bloccato. Un anno dopo il virus ancora misterioso e il Paese bloccato “per vaccinare meglio”. In che modo paralizzare tutto dalle Alpi a Capo Passero agevolerebbe le vaccinazioni, è materia di fede, altri Paesi vaccinano più e meglio di noi senza l’isteria da chiusure, in nessuna nazione europea vigono misure restrittive come in Italia, i cosiddetti lockdown sono temporanei e mirati, l’obbligo di girare mascherati non c’è o è limitato a pochissimi luoghi considerati strategici, le scuole funzionano salvo periodi limitati, la circolazione è garantita. Un anno di paralisi, quattrocentocinquantamila attività morte, circa due milioni di persone in più alla fame, due governi e la medesima soluzione che non risolve niente: chiudere, chiudere tutto, chiudere senza termine. I virologi a tariffa propongono da due a quattro mesi, il CTS che nella comunità scientifica è squalificato ammette di non conoscere l’origine dei focolai, il direttore della prevenzione alla Sanità Gianni Rezza ipotizza, ammesso si riesca a vaccinare duecentocinquantamila persone al giorno, “da 7 a 15 mesi per tornare alla normalità”. Un altro anno e mezzo all’incirca: che facciamo, teniamo tutto in coma profondo?
Ammesso che, sempre che. I vaccini, che dovrebbero risolvere tutto come l’Elisir di Dulcamara, ci sono e non ci sono, meno di 6 milioni somministrati, 3 milioni fermi in frigorifero e rischiano di andare sprecati perché non esiste una strategia organica. La burocrazia come sempre la fa da padrona, paralizza l’impossibile, i medici di base sono pronti ad assumersi l’impegno “ma solo sulla carta”. Siccome tutto rimane sulla carta il governo che fa? Chiude, si inventa le sfumature di rosso, di arancio e chiude. Ma niente paura, Draghi, uomo provvidenziale, ha la misura pronta: più soldi, più assunzioni e più garanzie per la burocrazia “in cambio di maggiore efficienza”. Che sarebbe a dire: vi foraggiamo se sarete riconoscenti, se manterrete il blocco elettorale e di potere. Che strategia! Che cambio di passo! Come sempre i privilegi subito e l’efficienza a babbo morto.
Intanto che si aspetta di capire come somministrare i vaccini ed uscire “dalla carta”, Draghi ha il seguente problema: come reperire le duecentocinquanta milioni di dosi che mancano, posto che si ritrova in mezzo ad un affaire geopolitico. La sciagurata Unione Europea, tanto per cambiare, ha fallito nella trattativa con le case produttrici, ha complicato le cose al punto da originare un sovranismo sanitario: ciascuno per conto suo, in ordine sparso, gli Stati del blocco di Visegrad guardano allo Sputnik russo, la Polonia addirittura alla Cina, Austria e Danimarca si alleano con Israele, l’inghilterra fuori dall’Unione ha provveduto per tempo e adesso torna a una normalità possibile. L’Italia è come sempre col piede in tutte le staffe, la mediocrissima Von Der Layen dopo i disastri compiuti insegue una Nato vaccinale, il Draghi supereuropeista non può sottrarsi, ma gli USA, contrariati dalla inettitudine molesta della UE, rilasciano preparati col contagocce al punto che un’azienda svizzera con sede vicino a Milano, la Adienne Pharmas&Biotech, ha annunciato un accordo per produrre autononamente il vaccino Sputnik. Cosa che ha irritato non poco l’Unione Europea e lo stesso Draghi il quale però non ha molti margini di trattativa: o i vaccini arrivano, e a pioggia, a grandine, o i “7-15 mesi” di Rezza diventano quindici anni.
Su questi presupposti è difficile pensare che “andrà tutto bene”, tanto più dopo un anno in cui tutto quello che poteva andare storto ci è andato. E si può capire che, nell’incertezza totale, su ogni cosa, su qualsiasi misura, l’unica strategia sia mantenere il Paese sedato, ma fino a quando? A quale costo? I soldi non ci sono e gli alchimisti dei ministeri stanno cercando la formula per crearli dalle illusioni, di Mes nessuno parla più (e quasi tutti lo consideravano indispensabile), il meccanismo del Recovery Fund è talmente contorto, burocratico e denso di trappole da scoraggiare il più stordito degli eurottimisti. Ma i miracoli non li fa nessuno e senza soldi i miracoli non si fanno e i vaccini non arrivano, anche perché c’è da oliare ruote enormi. Il turismo alpino, invernale abortito a 8 ore dalla ripresa – ed è stato il biglietto da visita di Draghi, l’uomo del cambio di passo. Quello estivo con la terrificante impressione di seguire la stessa strada; le palestre, le attività sportive e di danza che dovevano riaprire a metà gennaio vedono proseguire la chiusura di settimana in settimana, di mese in mese e gli stessi luoghi di cultura, cinema, teatri, non torneranno a vivere dal 27 marzo come assicurato. Le varianti, colpa delle varianti, ripetono, ma la verità è che sulle varianti non si sa molto più che sul ceppo originario e siccome non si ha alcun piano strategico sulla filiera della somministrazione, sulla profilassi, sulle cure alternative, non resta che tornare a blindare.
“Che sarà mai, altri tre o quattro mesi” dicono gli interessati e i cinici. Ma i deboli, i poveri, i matti, gli ammalati di solitudine sono oltre il limite come lo sono quelli che pensano ad uccidersi. Non ne possono più e non ne possiamo più di terrore, di angoscia, di umiliazione, di girare imbavagliati da lacerti di stoffa che si dimostrano sempre meno efficaci e sempre più tossici, comunque velleitari, salvo per chi ci ha imbastito sopra colossali ruberie a man salva. Il lockdown all’italiana, il peggiore del mondo, non ha salvato una sola vita, se le curve comparate dei morti dicono e il vero e le curve dimostrano la stessa identica situazione in tutti gli altri Paesi dove il contenimento è stato assente o controllato. In compenso, il filo spinato all’italiana ha originato più traumi, più malattie, più dispersione sociale. E il filo spinato continua a stringersi sulla carne viva dell’Italia e continuerà, ma, a dirla tutta, l’idea di una paralisi protratta per dar modo al PD di uscire dalle sue secche almeno fino alle amministrative d’autunno, è dura da mandar giù.