Caro Dario Franceschini, così non ripartirà un bel niente, non scherziamo

Il mondo dello spettacolo deve far pesare la propria assenza con il silenzio. Perché non farlo proprio durante il Festival?


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Qualcuno potrebbe avere il sospetto che Dario Franceschini, mi permetto di parlarne in questi termini, senza aggiungere Ministro o Onorevole perché, così si dice in giro, siamo colleghi e tra colleghi ci si dà del tu, nel mio ambito, dicevo, qualcuno potrebbe avere il sospetto che Dario Franceschini mi stia particolarmente antipatico. O almeno potrebbe avere questo sospetto dopo aver letto quanto segue.

Ci tengo a precisare che non è vero, non si tratta di antipatia. Non ci conosciamo di persona, e la mia antipatia non la regalo agli sconosciuti. È più disprezzo intellettuale, volendo anche umano, ma sicuramente non è antipatia.

Dico questo perché dopo un anno, dico, un anno, in cui del comparto di cui Dario Franceschini, in qualità di Ministro dei Beni Culturali e del Turismo (ora solo dei Beni Culturali) si è parlato solo in termini denigratori, penso alla famosa e becera frase “gli amici artisti che ci fanno divertire e emozionare”, ma soprattutto penso alle tante promesse di ristori, di interventi, di aiuti, mai arrivati se non in quantità risibili e francamente poco dignitose, dopo, per di più, dichiarazioni, da parte di Franceschini, il Ministro, eh, nelle quali si parlava dei luoghi della cultura, lui in fondo di questo si sarebbe dovuto occupare, come di sorta di lazzaretti impestati, peggio, di focolai certi, si pensi a quanto ha scritto improvvidamente nel famoso Tweet sul Festival poche ore prima che il Governo Conte Bis cadesse in meritata disgrazia, un tweet che supportava il sillogismo teatro=luogo insicuro per antonomasia ergo Ariston senza pubblico, ecco che di colpo, il primo Miracolo di San Draghi, Franceschini, sempre lui, se ne esce con questa immane puttanata, perché questo è, una immane puttanata, dei teatri e le sale da concerto aperte con biglietti nominali e numero contingentato di ingressi, pari a circa il 25% della capienza, tra un mese circa, il 27 marzo. Con una postilla su cui torneremo poi, il dire che la possibilità o meno di queste aperture dipenderà dalla valutazione del CTS in data 15 marzo e che comunque il colore della regione sarà fondamentale per aprire o meno.

27 marzo, partiamo da qui.

27 marzo.

Tra meno di un mese.

Prima di Pasqua, quindi, la Pasqua che ci è già stata prospettata come una Pasqua senza i nostri e anche senza chi vogliamo, il Ministro Speranza ci ha tenuto a sottolineare come sia impensabile pensare di allentare le restrizioni causa sicura terza ondata, con un picco previsto proprio per quel periodo. E con il coprifuoco dalle 22 ancora previsto fino al 6 aprile dal nuovo DPCM, quindi tutti a teatro e ai concerti, certo, ma di pomeriggio, tanto con la crisi che la pandemia ha portato chi lavora più?

Nel mentre, tanto per chiudere il quadro, i dati risalgono, le regioni cambiano colore, in peggio, il CTS, lo stesso CTS che avrebbe indotto Franceschini, di colpo tornato a incarnare il difensore della cultura, del resto con la famosa Borgonzoni come sottosegretario si sarà sentito in dovere di dimostrarsi fatto di altra pasta, chiede al Governo di chiudere le scuole, indicando per la fine di marzo il sicuro picco della sicura terza ondata.

Attenzione, stando al CTS, che si è lasciato la possibilità di tornare sui propri passi il 15 marzo, eh, non sia mai che succede come con gli impianti sciistici, il picco della terza ondata dovrebbe arrivare proprio quando si vorrebbero finalmente riaprire teatri e sale da concerto, avete capito bene.

Ora, lasciamo da parte i deliri comunicativi, ormai ci abbiamo fatto il callo, callo per altro fatto proprio sulla nostra pelle, sulle nostre speranze, sulle nostre aspettative, sulla nostra pelle, ripeto. Concentriamoci sui fatti concreti, e sempre su lui, su Dario Franceschini, quello che non mi sta antipatico.

Sei il ministro dei Beni Culturali, uso questo nome anche se non è quello corretto, a ogni governo cambia nome ma quello è. Lo sei praticamente ininterrottamente da una decina d’anni, salvo una pausa, quindi dovresti saperne più di ogni altro, del settore.

La prima cosa che dici, per dimostrarti intenzionato a riaprire, è questa: si potrebbero fare i biglietti nominali e pensare a ingressi contingentati.

Lo dici come uno che scopre qualcosa cui nessuno ha pensato prima, Newton che viene colpito da una mela mentre dorme in un giardino e di colpo scopre quella che tutti conosciamo come forza di gravità. Immaginatevelo, anzi, c’è Dario Franceschini, lo scrittore, il Ministro dei Beni Culturali, lì che dorme in un giardino e di colpo gli cade in testa un biglietto nominale di un teatro che ha posti contingentati, e scopre una cosa che gli addetti ai lavori, in tutti i modi possibili e spesso anche impossibili, gli stanno dicendo da un anno. Buongiorno, Dario, il cappuccino lo preferisci con una spruzzata di cacao sopra?

Hai riposato bene?

Durante l’estate, nella breve parentesi tra un “amici che ci fate divertire e emozionare” e un “chi vi si incula?”, quindi, ci sono stati sporadici spettacoli, teatrali e musicali, tra addetti ai lavori e appassionati di musica li chiamiamo concerti, Dario, vedi tu quante scoperte che fai in questo periodo.

Tutte erano a ingressi ridotti, con distanziamento, misurazione della temperatura, nome lasciato all’ingresso al fine, vedi un po’ tu, di poter tracciare i presenti in caso di un qualche positivo, in sostanza una Immuni fatto dagli organizzatori, solo un Immuni che funziona.

La faccenda dei biglietti nominali, poi, già presente da tempo allo stadio, è stata proposta da diversi promoter, come modalità strong di contrasto alla piaga del secondary ticketing, ma capisco che troppe informazioni, specie se dormi sotto un albero, siano difficili da recepire, una cosa alla volta quindi.

Abbiamo imparato, nel senso di apprendere, non nel senso inteso dal tuo collega all’Istruzione, che quindi hai proposto una cosa che già si stava facendo, ma proviamo a andare oltre, perché fosse questo il nodo del discorso, ne convengo, si tratterebbe solo di una gaffe presa da un politico che occupa impropriamente un ministero, niente di nuovo sotto il sole. Invece sei andato oltre, mi concentrerei su quello.

Hai in sostanza buttato lì l’idea che, ripeto, in pieno alla terza ondata, col coprifuoco ancora vigente e le scuole nel mentre presumibilmente chiuse per evitare focolai e contagi, il mondo del teatro possa ripartire, col 25% dei posti a disposizione e soprattutto con un mese scarso di preavviso.

Mettiti comodo, Dario, cerca un albero sul quale appoggiare bene la schiena, controlla che non ci siano mele dondolanti, spiace dovertelo dire in maniera tanto perentoria, ma se mai dovesse cadertene una in testa non star lì a esultare, la gravità l’ha già codificata Newton.

Una produzione teatrale, un tour musicale, un cazzo di spettacolo di qualsiasi tipo, necessita, e ci mancherebbe pure altro, un periodo di preparazione. Si chiama produzione e preproduzione, ci sono le prove, gli allestimenti, uso un linguaggio semplice, anche inappropriato, non vorrei che ti venisse il mal di testa, e ancora prima, ci sono gli spettacoli che vengono messi in vendita, perché gli amici artisti ci fanno sì divertire e emozionare, ma è un lavoro, e quello che fanno viene venduto, dai promoter, e comprato dai teatri, dagli enti pubblici, da chi vuole ospitarli all’interno di quelle che a teatro si chiamano “stagioni”, sì, Dario, si chiamano così perché genericamente procedono di pari passo con le stagioni canoniche, inverno, primavera, estate, quelle lì, stai calmo. Nel senso, non è che se domani dici, ok, Draghi, liberi tutti, di colpo domani si riparte come nulla fosse.

Non ci sono stagioni in attesa di ripartire, perché le produzioni non si sono organizzate, visto che fin qui le hai trattate come fossero i monatti di manzoniana memoria (mi spiace, Dario, ma questo non te lo voglio spiegare, è un collega, Manzoni, dovresti conoscerlo), non ci sono tour che possano ripartire così al volo, sai, per fare un tour gli artisti, i nostri amici cucciolotti, devono provare la scaletta, qualcuno deve lavorare ai suoni, alle luci, alle scenografie, ai costumi di scena, e, ripeto, qualcuno deve vendere le date, qualcuno le deve comprare e emettere i biglietti, biglietti nominali e in numero pari al 25% della capienza totale, e qualcuno li deve comprare, fidandosi di andare in un teatro, certo, anche se il CTS nel mentre ci dice che verso fine marzo saremo praticamente nel mezzo della terza ondata, e che una loro valutazione in data 15 marzo potrebbe ribaltare il risultato, questa è una citazione di Alessandro Borghese, suppongo che tu l’abbia colta al volo, mi ti immagino che sorridi alzando le mani come quando segna la tua squadra del cuore, che carino, nel mentre intorno è l’Apocalisse.

Non c’è niente, nessuno è pronto a ripartire a queste condizioni. Quindi ok, si potrebbe anche riaprire tutto, ma sarebbe un riaprire così, per dire.

Anche perché, veniamo a noi, pensare che riaprire teatri e sale da concerti col 25% degli ingressi, circa, e pensare che ciò porti alla famosa ripartenza è una sorta di speranza equiparabile a chi fa in genere certi passaggi logici tipo “una volta ho scritto a un cantante su Instagram se salutava il mio fratellino che compie gli anni e lui gli ha fatto gli auguri, quindi ora scrivo su Instagram a Charlize Theron se gli va di scopare, corro a comprare una scorta di preservativi”.

Le produzioni, degli spettacoli teatrali, dei tour musicali, di quel che la gente in genere va a vedere a teatro o nelle sale da concerto, che poi è una sorta di terminologia che davvero sembra degna di chi per parlare di Berlusconi che pagava le “olgettine” per fare porcherie nella taverna di Macherio chiamava l’allora presidente “utilizzatore finale” invece che puttaniere, comunque, spettacoli teatrali e concerti, sappilo, Dario, anche questa è scoperta fatta tempo addietro, temo, hanno un costo. Per questo si dice “vendere una data”, perché qualcuno la mette in vendita, come un prodotto, e qualcuno la compra, come un prodotto, poi, ripeto, c’è il pubblico, che compra la possibilità di assistere allo spettacolo da chi ha comprato la data.

Se la gente non ha pensato di proporre concerti allo stadio con duemila spettatori, per dire, è perché uno stadio ha costi incredibili di affitto, ma anche il palco da costruire e progettare, anzi, progettare e costruire, chi si occupa del suono, delle luci, i musicisti, gli artisti, tutta quella famosa filiera di chi, bellamente, vi siete sbattuti il pistolino fin qui, del resto se prendete come interlocutore Assomusica che proprio in queste ore ha ben visto, attraverso le parole del proprio presidente Vincenzo Spera, di blastare le due realtà che più di ogni altro hanno provato nel mentre di prendersi cura di tutti quei lavoratori dello spettacolo lasciati al loro misero destino, La Musica Che Gira e Bauli in Piazza, è evidente che di capire come gira il fumo non vi interessava niente, anzi, è evidente che come gira il fumo lo sapete anche troppo bene, è come funziona il mondo dello spettacolo che ignorate, avete dato ristori a chi si è tenuto i biglietti venduti con oltre un anno di anticipo, e non a chi ai concerti avrebbe lavorato, gente che col cazzo che è stata pagata da chi i biglietti li aveva venduti, un po’ come avete fatto coi fondi del FUS, avete pagato i teatri, mica i lavoratori, vai di ristrutturazioni e di pareggi di bilanci perennemente in rosso.

Ci sarebbe anche quella faccenda oscena dei biglietti tramutati in voucher, gente che ha comprato biglietti nel 2019 per concerti che, se va bene, vedrà nel 2022, e che non solo non ha avuto modo di riavere indietro i soldi, ricordiamo che i biglietti in prevendita costano addirittura di più di quanto non costino sul momento, fatto più unico che raro di chi anticipa una spesa anche di un anno e come vantaggio ha di pagarlo di più, ma neanche si sente dire una parola certa su che fine questi concerti faranno. E non state a dire che è per il bene della filiera, a parte promoter e alcuni artisti non c’è nessuna professione tra quante lavorano ai concerti che ha visto vantaggio da questa situazione, e del resto non sarebbe potuto essere altrimenti.

Ma non è neanche questo il punto, è evidente che nella precedente gestione la cultura era argomento di scarso interesse, forse addirittura nullo. Figuriamoci di chi lavora all’intrattenimento, roba che neanche è riconosciuta in maniera chiara come professione.

Solo che adesso, nel governo dei migliori, sempre tu, Dario, a sedere su quella poltrona, va invertita una tendenza, quindi vai di dichiarazioni a effetto. Come questa. Se davvero si ipotizzasse di riaprire tutto il 27 marzo, con il 15 marzo come ultima opzione per rivalutare la cosa, non riaprirebbe nulla, almeno a livello di stagioni teatrali e di tour.

Ci sarebbe qualche spettacolino tirato su in fretta e furia, con produzioni minime, perché il rischio che la terza ondata poi vi faccia dire, ci siete abituati, “scusate, non riapriamo niente”, è altissimo, e perché, anche ciò non accadesse, col 25% dei biglietti da poter mettere in vendita, o vai a vedere uno che sta sul palco da solo, nudo, a suonare un ukulele senza manco le casse, tanto il pubblico è composto da quattro gatti, qualcosa sentiranno comunque, o non c’è neanche la vaga possibilità di allestire alcunché.

Mancano i tempi per organizzarsi, un mese sarebbe già una follia, quindi giorni scarsi, va beh, è una farsa.

Mancano i soldi per ipotizzare una produzione.

Manca qualcuno che venda le date, e qualcuno che faccia in tempo a comprarle (vedi alla voce “programmazione”).

Manca qualcuno, quindi, che possa comprare biglietti nominali per tempo.

Manca anche la possibilità di ipotizzare spettacoli in orari decenti, c’è il coprifuoco.

Manca soprattutto la possibilità di stare dentro costi che, con quei numeri di biglietti, o prevederebbero qualcosa di molto povero, o biglietti che si potrebbe permettere giusto Elon Mask nel caso decidesse di ritirare il miliardo e mezzo di dollari investiti in bitcoin.

Ecco, mettiamola così, l’idea che tutto possa ripartire è una criptonotizia, non nel senso che è una notizia nascosta, tutti l’hanno riportata, ma nel senso che è una notizia che nessuno, fisicamente, potrà tastare con le proprie mani.

Tu, Dario, sei un uomo di cultura, scrivi romanzi, parli un italiano comprensibile, hai anche una lunga esperienza politica e amministrativa alle spalle, dovresti capire che se fare dichiarazioni a effetto, del tutto prive di appigli sulla realtà, poteva aver senso in un periodo “normale”, tanto di dichiarazioni a cazzo se ne fanno ogni giorno, una più una meno non cambierà mica il corso degli eventi, farle oggi, con una intera filiera ridotta alla fame, con per di più la gente, quella che con quella filiera si rapporta in veste di “pubblico” stressata e impaurita, vogliosa di riprendere al più presto una normalità che si possa dire tale, rasenta il comportamento criminale. Un po’ come se un giorno Charlize Theron ti scrivesse su Instagram dicendoti che guardando le tue foto si è innamorata di te, ti vorrebbe vedere, vorrebbe fare sesso selvaggio con te, ma era solo uno scherzo, devi continuare a toccarti da solo.

Non voglio leggerci della malafede, perché in tal caso dovrei pensare che tutte le cose sbagliate che sono state fatte fossero dettate non da incompetenza e totale menefreghismo per la cultura, ma per cattiveria, quindi eviterò di ipotizzare che dietro questa sbandierata volontà di riaprire ci sia l’ennesimo cetriolo che mira all’ortolano, della serie: abbiamo riaperto tutto, come potete ora pretendere ristori o aiuti?

Insomma, non se ne esce, è ancora una volta un disastro, e se in Italia a essere un disastro è l’ambito culturale, quello cioè che ci dovrebbe vedere investire e promuovere, nostro fiore all’occhiello, beh, significa davvero che c’è poco da sperare.

In tutto questo non mi resta che un’ultima richiesta, quella del condannato a morte che vuole fumare l’ultima sigaretta, e giuro che nulla ha a che fare con Charlize nostra.

Abbi pietà di noi, Dario, non abusare della nostra pazienza, la vita è già sufficientemente difficile senza che arrivi pure il Ministro dei Beni Culturali a prenderci per il culo.

PS
Proprio nelle ore in cui lo scoramento coglieva un po’ tutti gli operatori, a vario titolo, del mondo dello spettacolo, sembra a eccezione di Stefano Massini, grande autore di teatro, un pelo troppo filogovernativo per potersi accorgere della puttanata che andava a elogiare sui social e in tv, andava in scena una iniziativa che vedeva coinvolti oltre cento locali dove un tempo si tenevano concerti e gig e altrettanti artisti di prima e seconda grandezza del nostro panorama musicale, con una certa propensione per la scena rock. Titolo dell’iniziativa L’ultimo Concerto, previsto in streaming gratuito e con l’intento di sensibilizzare pubblico e politica riguardo le grandi difficoltà di chi da un anno a questa parte si è visto privato della possibilità di esserci, di lavorare, di progettare. Nei fatti, con circa centomila connessioni al momento dell’inizio dell’evento, fatto che ha creato un down del server, L’ultimo Concerto era in realtà una provocazione ideata non so se dagli artisti o dalle organizzazioni dei proprietari dei locali, perché quando la connessione è tornata si è potuto vedere un cartellone, il corrispettivo di un cartellone, nei fatti una pagina web, che diceva, parola più parola meno, l’ultimo concerto cui avete assistito è stato l’ultimo che avete visto prima della pandemia, ora non ci è permesso di farne e quindi non ne faremo. Non vi stiamo prendendo in giro, volevamo richiamare la vostra attenzione su una condizione emergenziale che ci riguarda tutti. Idea interessante, io già da marzo scorso invito artisti e addetti ai lavori a tacere e scomparire, proprio per far pesare il proprio silenzio, l’assenza assordante di musica, solo che la reazione del pubblico è stata piuttosto scomposta. Moltissimi si sono lamentati, nonostante l’evento fosse gratuito, perché hanno visto la cosa come una trollata. Molti hanno dato vita a insulti anche piuttosto coloriti. L’accusa principale quella di aver sbagliato mira, “noi già sapevamo che la situazione era pessima, non è a noi che dovevate dirlo e comunque non così”, questa la sintesi delle proteste. Ragionamento magari anche sensato, non fosse che proprio le proteste fanno pensare che la situazione in fondo così chiara non fosse. Perché mai cento artisti avrebbero dovuto suonare gratis? Mica sono missionari o benefattori. Nei fatti, però, a me viene da fare questo tipo di ragionamento, lo faccio a voce alta, magari arriva al destinatario, e non con un anno di distanza. È vero, il pubblico dei live ben sa che la situazione dei live è agonizzante. Probabilmente ha biglietti di concerti che sono saltati o sono stati rinviati, sicuramente ha gran voglia di assistere a concerti, è a conoscenza della crisi del settore. Non tutti lo sanno alla stessa maniera, chi ai concerti non va, se non una volta ogni tanto, o chi proprio segue la musica solo come diversivo, dalla radio, e senza una vera passione. Sarebbe quindi bene che la provocazione de L’ultimo Concerto arrivi fino a loro. Come? Semplice, domani parte il Festival di Sanremo, alcuni degli artisti in gara sarebbero potuti essere tranquillamente parte del cast di questo evento, perché è parte della stessa scena, perché suona o ha suonato proprio in quei locali. Penso a Lo Stato Sociale, Colapesce e Dimartino, La Rappresentante di Lista, Fulminacci, Coma_Cose, ma anche a Manuel Agnelli e Giovanni Lindo Ferretti, ospiti, il secondo credo a sorpresa, dei Maneskin nella serata dei duetti. Non sarebbe bello se fossero loro in qualche modo a tacere, su quel palco decisamente più visibile e visibile a un pubblico meno attento? Pensate se nella serata del giovedì Manuel Agnelli, su quel palco, Manuel Agnelli una cui gig era prevista sabato a L’ultimo Concerto, non cantasse, ma incrociasse le braccia e tacesse di fronte al microfono. O pensate se lo facessero i ragazzi de Lo Stato Sociale, che per altro proprio giovedì “duetteranno” con i lavoratori dello spettacolo, quindi magari qualcosa del genere hanno in mente. Sarebbe una bomba. Sicuramente non avverrà nulla di tutto ciò, servono palle per esporsi in quel contesto, ci si brucia rapporti, si incrinano rapporti, ma evocarlo è doveroso. Come si dice in questi casi, tentar non nuoce. Anzi, fa decisamente bene.