Collective, la forza del giornalismo in un documentario costruito come un thriller

La storia dei reporter che scoperchiarono un caso di malasanità e corruzione in Romania. Combina l’asciuttezza da cinema del reale con una potenza narrativa da film di finzione. Sicuro candidato all’Oscar. Dal 18 febbraio in streaming su I Woderfull

Collective

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Dal 18 febbraio è disponibile in streaming sulla piattaforma I Wonderfull, il documentario di Alexander Nanau Collective (2019), coprodotto da Hbo Europa, già vincitore dell’Efa 2020 come miglior documentario e nella shortlist degli Oscar 2021, candidato per la Romania sia nella categoria documentario che in quella del film straniero.

È un’opera dalla concatenazione narrativa stringente, con una capacità di fusione dei piani del racconto e un dosaggio delle emozioni tali da far venire il dubbio si tratti di un film di finzione, sebbene l’asciuttezza del tono, la quasi totale mancanza di musiche, la millimetrica adesione ai fatti mostrino la maturità di sguardo che appartiene peculiarmente al cinema del reale.

Collective parte da una tragedia avvenuta nel 2015, l’incendio avvampato in una discoteca di Bucarest durante il concerto d’una band heavy metal, a seguito  del quale morirono immediatamente 27 persone, cui se ne aggiunsero altre 37 nei mesi successivi per il sorgere di complicazioni nelle loro condizioni.

Le complicazioni però, come appura l’inchiesta condotta insieme ai suoi collaboratori da Catalin Tolontan, caporedattore del quotidiano sportivo Gazeta Sporturilor, insospettito dal numero così alto di decessi, non furono frutto di coincidenze, bensì il risultato di un sistema sanitario malfunzionante perché corrotto. I reporter scoprono che le morti sono da imputare principalmente all’uso di disinfettanti diluiti e quindi inefficaci contro le infezioni batteriche. Medicinali annacquati ad arte per consentire, in una catena di corruzione senza fine, l’arricchimento di cause farmaceutiche, dirigenti ospedalieri, politicanti senza scrupoli.

Collective parte dall’indagine giornalistica – di cui ricostruisce senza effettismi i momenti canonici, riunioni di redazione, conferenze stampa, appostamenti, incontri con informatori – e progressivamente allarga lo sguardo coinvolgendo, in una sovrapposizione di piani narrativi, altre storie. Quella di Tedy Ursuleanu, sopravvissuta alle ustioni con gravi danni, che attraverso un servizio fotografico in cui mostra la sua mutata fisicità trova la forza per andare avanti, facendo del suo corpo simbolo della tragedia e atto di denuncia verso chi ha lucrato sulle sofferenze altrui. E il nuovo ministro della Sanità Vlad Voiculescu, ex attivista che cerca di apportare reali cambiamenti a sistema marcio fino alle fondamenta.

Collective rimanda apertamente a un immaginario da thriller giornalistico. Il team di cronisti d’inchiesta fa pensare a Il Caso Spotlight. E il montaggio, che raccorda senza soluzione di continuità il lavoro di redazione alla scrittura degli articoli e alla stampa del quotidiano con le rotative che sfornano le copie con la prima pagina che farà tremare le stanze del potere, rimanda inevitabilmente a una sequenza analoga di The Post di Steven Spielberg. La rivendicazione della missione giornalistica quale cane da guardia del potere è la stessa, infatti Tolontan dice che “quando la stampa si piega alle autorità, queste si prendono gioco dei cittadini”.

Però, diversamente da quel che accade in certo cinema spettacolare, viene accuratamente evitata l’enfasi retorica. Sia tramite una dizione stringata, che tiene solo l’essenziale ed elimina tutto il superfluo (ne è un esempio il finale, che racconta un momento commovente, però brutalmente troncato). Sia tramite una capacità di racconto che, di fronte a quelli che in un film di finzione diventerebbero colpi di scena – come la morte in un incidente d’auto, omicidio? suicidio? del proprietario della casa farmaceutica che ha fatto miliardi attraverso la corruzione –, li tratta sempre come fatti da inserire in una serie più ampia di eventi di cui si cerca lucidamente il senso complessivo.

Collecitive offre il ritratto di un paese fondato su “nepotismo, politicizzazione, conflitto d’interessi”. In cui il volenteroso Voiculescu è costretto ad ammettere che “il modo in cui uno Stato funziona a volte è disarmante”. E in cui una dottoressa afferma che “noi medici non siamo più umani, ci interessano solo i soldi”, in una chiamata di correità che pone l’indice non contro i singoli, ma contro un sistema e una cultura distorte. E non c’è alcuna conclusione edificante in un film che termina con le nuove elezioni vinte da un compagine populista, col ministro a chiedersi quanto impiegherà il prossimo governo a cancellare tutte le riforme faticosamente messe in piedi.