Danika Mori vs Valentina Nappi, la strada “pop porno” lastricata di menzogne

Preferisco una Valentina Nappi o Takagi e Ketra che sanno cosa cercano a una Danika Mori insicura e timida, poco attinente al ruolo di Imprenditrice di successo


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Ho una maglietta di Pornhub. È nera, con su il riconoscibile logo bianco e arancione. Me l’ha regalata la cantante Romina Falconi, una amica. Lei, che oltre che cantautrice è anche imprenditrice, insieme ai suoi soci, per dire, hanno inventato e messo in commercio il gioco di carte Squillo, tra le altre cose, per qualche tempo, anni fa, ha aperto un temporary shop di Pornhub a Milano, dalle parti di Piazza Gae Aulenti. Quello era uno dei gadget che vendevano. Io di lì a breve sarei andato a Sanremo, era il 2018, per dare vita a Casa Picena, la mia versione festivaliera di quell’anno. Dopo il van nero Monina Against the Machine era la volta del ristorante temporaneo Casa Picena, appunto, sponsorizzato dal consorzio del Rosso Piceno e con al seguito uno chef e un enologo, pronti a deliziare i miei ospiti, i nostri ospiti, con me c’era ovviamente il mio partener in crime Mattia Toccaceli, con prelibatezze delle Marche. Quell’anno facevo quasi esclusivamente interviste a tavola, a pranzo o cena, questa la mia proposta, se i cantanti volevano venire a farsi intervistare dovevano innanzitutto venire loro, non come di consueto andare io, e mi dovevano concedere ben di più dei canonici dieci, quindici minuti. Risultato, in una settimana scarsa ho fatto quasi quaranta tra pranzi e cene, in prevalenza pranzi, con buona pace del mio fegato.

La maglietta di Pornbub l’ho esibita in quell’unica occasione, per altro sbagliando totalmente mira. Tra i cantanti in gara c’era Noemi, quell’anno, e nella serata dei duetti aveva come ospite Paola Turci. Io e Paola abbiamo un ottimo rapporto, come del resto ce l’ho con Noemi, da quel Sanremo in poi, un rapporto di rispetto reciproco e stima. Paola ha quindi apprezzato di buon grado di venire da me, nel suo caso in orario differente dai pranzi e dalle cene, il suo passaggio sanremese era assai più breve dei cantanti in gara. È arrivata di pomeriggio, per un bicchiere di vino a due stuzzichini, roba tipo gnocchetti di crema, olive ascolane. Siccome ero in fase massimalista, lo sono sempre, ma nell’agone sanremese fatico a regolarmi, tanta e tale è la frenesia e la pressione, ho ben pensato di accoglierla con quella t-shirt. Durante l’intervista, ovviamente, parlando di donne e dell’assenza imbarazzante di donne nel cast, era per altro l’anno della mia provocazione #LaFigaLaPortoIo, lei non ha mancato di farmi notare che si possono fare tutte le provocazioni del mondo, ma se poi ci si presta a fare da testimonial a Pornhub, forse, si diventa un po’ meno credibili. Uno a zero per lei, palla al centro.

Nei fatti, non lo dico a mia discolpa, ammetto l’errore e l’ho ammesso anche in presa diretta, anche quella la vedevo come una provocazione, solo che era fuori fuoco. Stavo vivendo nella bizzarrissima condizione di aver messo su un ristorante temporaneo, con chef di qualità, enologo e una cantina e una cambusa da ristorante stellato, sponsorizzato dal consorzio di uno dei tredici vini DOC della mia regione, in quell’anno si celebravano i cinquant’anni di quel particolare tipo di vino, o meglio, della nascita del consorzio che raccoglieva i principali produttori di quel vino, e avevo appunto da poco lanciato la campagna #LaFigaLaPortoIo.

Era successo questo, lo ricordo a chi non lo rammentasse. Claudio Baglioni, lui era il direttore artistico e presentatore di quel Festival, aveva messo su un cast piuttosto corposo, tra cantanti e gruppi sul palco, tra i Big, erano quarantaquattro. Bene, o meglio, male, di questi quarantaquattro solo quattro erano donne. Io ero ovviamente già in fase Anatomia Femminile, il mio progetto legato al cantautorato femminile è partito dieci anni fa, e qui stiamo parlando del 2018, quindi ho fatto notare, pubblicamente, che c’era un grave problema di “quote rosa”. Non voglio aprire la faccenda delle quote rosa, non è il momento né il luogo, sto raccontando dei fatti, non lasciandomi andare a commenti. Ho fatto notare la cosa, ma come sempre succede quando si fa notare qualcosa che è già successa, il cast viene annunciato quando ormai è chiuso, il mio lamento non ha portato a niente. Così ho lanciato l’hashtag di cui sopra, con relativo flashmob. L’idea era, provocazione per provocazione, di usare i social per tappezzare l’evento Sanremo di tutti gli stereotipi femminili, quelli per i quali, in genere, le donne vengono accolte sul palco dell’Ariston, un tempo le chiamavano vallette, oggi co-conduttrici, ma quello restano, corpi. Bei corpi, ci mancherebbe, ma sicuramente l’arte è lasciata fuori dalla porta, si veda appunto la scandalosa assenza di donne nel cast. Ho quindi chiesto a tutte le cantanti e cantautrici italiane di aderire a questo flashmob, l’intenzione era di usare l’hashtag #LaFigaLaPortoIo per ogni tweet e post relativo al Festival e il flashmob consisteva nel tappezzare Twitter, unico social senza censure evidenti, almeno che tu non sia Donald Trump, verrebbe da dire oggi, con foto di nudo, il loro nudo. Una provocazione appunto. Nei fatti hanno aderito una quarantina di artiste, nessuna o quasi di quelle mainstream, per altro, ma l’hashtag è entrato diverse volte in trend topic, ha quindi funzionato e non a caso sono tornato a usarlo anche l’anno successivo. L’ho poi dismesso perché alcune delle cantautrici del Festivalino lo vivevano con disagio, e io volevo provocare gli altri, non certo loro. Riguardo quell’anno, molte mi hanno detto che lo avrebbero fatto, ma la paura di essere giudicate, vedi tu a cosa servono gli stereotipi, le frenava, altre non si sono dette interessate, alcune, Paola Turci tra queste, hanno detto che trovavano la provocazione sbagliata, o meglio trovavano sbagliato il claim, l’hashstag. Ci sta.

Nei fatti ogni giorno mi sono trovato a condividere post, foto, tweet, con quell’hashtag e menzionando il Consorzio Rosso Piceno, cosa che, converrete, è abbastanza buffa, anche in considerazione che il presidente del consorzio, all’epoca, aveva tipo novant’anni. Era in quello spirito che avevo deciso di indossare quella t-shirt, e lo avessi fatto poche ore dopo, per dire, quando mi sono venuti a trovare Pio e Amedeo, l’anno prima avevo fatto con loro il programma serale di Rtl 102,5, tutto sarebbe filato liscio. Così ho proprio cannato, me ne scuso ancora.

Il fatto è che all’epoca sapevo poco di Pornhub. Sapevo che era un portale di video porno, ovviamente, ne conoscevo il nome, sapevo che era anche piuttosto autogestito, nel senso che era una sorta di Youtube dove la gente caricava autonomamente i propri video, ma non sapevo molto altro.

Il porno, lo confesso e l’ho già raccontato giorni fa, non rientra nel mio campo primario di interessi. Neanche in quello secondario.

Per moralismo?

Forse, non lo nego. Più che altro non mi è mai piaciuta molto la fiction, sempre preferito la saggistica, e credo che il porno quello sia, fiction, no?

Mi interessa molto da un punto di vista antropologico, ho letto parecchio a riguardo, ma non ne sono un fruitore, mettiamola così. Non è di questo che voglio parlare, non credo sia neanche di grande interesse parlare del mio non rapporto col mondo del porno.

Anni fa, a dire il vero, avevo pensato di occuparmene in maniera più approfondita, perché la rete stava appunto cambiandone definitivamente la fruizione, si leggeva in continuazione, e perché raccontare un mondo così ampio nel momento in cui cambia è sempre interessante. Giocando sul grande successo di Gomorra di Saviano avevo proposto a diversi editori Sodoma, la Gomorra del porno. Quando gli editori mi guardavano piuttosto perplessi, per specificare come in fondo restassi sempre un intellettuale, dicevo sempre che lo si sarebbe potuto anche intitolare Quel che resta del porno, citare Yishiguro Katzuo, anche prima del Nobel, faceva sempre il suo effetto. Poi non se n’è fatto niente, c’erano altri intellettuali intenzionati a occuparsene, più blasonati di me, e il mio non esserne poi così appassionato mi ha fatto desistere.

Certo, anche oggi ci sono personaggi che intorno al mondo del porno si muovono, forse dovrei dire dentro il mondo del porno, penso a Valentina Nappi, che mi incuriosiscono oltremisura. Altri, penso a Rocco Siffredi, mi fa simpatia, ma, a piccole dosi, se così posso dire.

Lei, Valentina Nappi, l’ho molto amata per il suo scontro intellettuale con il filosofo, Dio mi perdoni, Diego Fusaro, avvenuto sulle pagine di Micromega. Non so se ricordate i fatti, e mi rendo conto che mi sto sempre più allontanando da quello che dovrebbe essere il tema centrale di questo mio capitolo del lock down, ci torno presto, portate pazienza, sulle pagine della rivista culturale fondata e diretta da Paolo Flores D’Arcais, Fusaro accusò il porno, e la Nappi nello specifico, di essere asservita al capitalismo con la mercificazione del proprio corpo, la Nappi gli ha risposto per le rime, usando un lessico e un linguaggio assolutamente dotto e degno di apparire in quel contesto, e al pezzo “Il capitale e i suoi utili idioti: la signorina Nappi” ha risposto col magistrale “Squirtare in faccia a Diego Fusaro”, punto, set, partita. All’epoca, si diceva per la rete, a scrivere per lei fosse il filosofo Cacciari, e la cosa, nei confronti della quale nutro serissimi dubbi, mi ha sempre fatto molto ridere.

Nei fatti ho iniziato a seguirne le esternazioni, quelle a parole, non quelle professionali, trovandola un personaggio decisamente interessante. Controversa, certo, ma volutamente e orgogliosamente controversa, sempre provocatrice anche quando si tratta di scrivere un tweet.

Ricordo, per dire, quando dopo la famosa manifestazione dei Sentinelli in Piedi, una serie di retrogradi che si ritrovavano nelle piazze, era il 2014, per osteggiare l’ondata gendere dei LGBT, quando a Bergamo un ragazzo vestito come un nazista dell’Illinois si mise a leggere il Mein Kampf, una provocazione lì in mezzo ai tanti bigotti che tenevano in mano un libro, venne arrestato perché la polizia locale pensò fosse apologia del fascismo, nello specifico vestirsi da nazista dell’Illinois, come nel film con Belushi e Acroyd, era una palese presa in giro, fatto che destò molto scalpore e ilarità, bene, poco dopo la Nappi postò una foto sui social mentre era a letto col ragazzo in questione, un suo modo per ripagarlo del disturbo, per premiarlo per il coraggio, insomma. E di provocazioni ne potrei citare a decine, anche lo scontro con Salvini è stato abbastanza epico.

Essere sempre sopra le righe è il suo modo di porsi, e forse questo è un modo coerente di usare i social per una donna che ha scelto di lavorare nella pornografia, ma magari mi sbaglio. Ricordo anche, e poi giuro che passo oltre, che l’anno dopo la gaffe con Paola Turci, cui mi legherò a breve, sempre a Sanremo, mentre andava in scena la prima edizione di Attico Monina, il buon Mattia era quasi riuscito a fissare un’intervista proprio con Valentina Nappi. Mi aveva dato il suo numero un collega, buon amico, e lui aveva spavaldamente chiamato, o scritto, non ricordo bene, finendo per parlare con un fantomatico manager. L’anno prima, quello del ristorante e de #LaFigaLaPortoIo era stato a un passo dal portare lì Malena, divenuta nel mentre piuttosto famosa per un suo repentino passaggio al mainstream, anche in questo Valentina Nappi mi sembra si stia distinguendo, nel suo non avere ripensamenti, ma all’ultimo la cosa era sfumata, con relativi sfottò da parte mia e dei tanti suoi amici a cui aveva già rivenduto la cosa. Questo poteva essere un riscatto. Anche perché lì a Attico Monina c’era una jacuzzi, e Mattia era intenzionato a farmi intervistare la Nappi proprio lì, povero ingenuo. Insomma, la faccio breve,  Mattia fissa intervista con sedicente manager della Nappi, lui dice che lei sta per arrivare all’Attico, Mattia e pure io ne ridiamo, io comincio anche a preoccuparmi, confesso, a occhio non mi sembra una facilissima da intervistare, il manager chiama dicendo che sono in ritardo, nel mentre Attico si è riempito di amici di vario grado, tutti accorsi per il medesimo motivo, Mattia si sta giocando la sua residua credibilità, dopo la defaillance di Malena, l’anno precedente, il manager avvisa che c’è un ulteriore ritardo, “Sta finendo di girare una scena, appena finisce arriva”, dichiarazione che Mattia riporta e che non manca di ricevere ovazioni da stadio, quel perdurare dell’attesa per molti diventa ovviamente fantasia sulla scena che sta girando, Valentina infatti non arriva, il manager o sedicente tale non risponde più, aspettiamo, poi archiviamo la cosa come secondo flop di Mattia, il suo rientro a Castelfidardo verrà sposato con una ridda di prese per il culo che meriterebbero una categoria a parte ai prossimi AVN Awards.

Ecco, non seguo il porno, non ne sono un fruitore, ma so cosa sono gli AVN Awards, gli Oscar del porno, conosco nomi e specializzazioni, seguo l’industria e provo a capire quel che succede da quelle parti, prima o poi magari me ne occuperò davvero.

Recentemente, per dire, e per tornare a Pornhub, so che Visa e Mastercard hanno ritirato la possibilità di pagare per loro tramite su quel sito. La cosa mi ha sorpreso, perché io avevo capito che il grande successo di Pornhub dipendesse dal fatto che era gratis. Così non è, o almeno non sempre, scopro, e scopro che, per via di alcuni video illegali, porn revenge, video con minorenni e altro, le due carte di credito non sono più utilizzabili in quel contesto. La cosa è stata accolta dalla comunità dei lavoratori del sesso, così si chiamano tra loro coloro che operano nel porno, anche se a occhi esterni questa dicitura sarebbe forse più affine alla prostituzione, lungi da me imbastire paralleli o altro, non è del porno che voglio parlare oggi, so che faticherete a credermi, lavoratori del sesso che hanno lamentato il rischio serissimo di finire senza più guadagni, motivo per cui è iniziato una sorta di sciopero, con diverse artiste, Nappi compresa, che hanno minacciato di ritirarsi.

Il porno, questo da che esiste la rete è diventata prassi ancora più di prima, lavorano a scene, non a film, le scene poi compongono le parti di un film e non solo di un film, con poche parti ci puoi anche girare più film, lavorando di montaggio. Diciamo che la trama non è esattamente il punto di forza di questo genere, seppur di fiction si tratta, torno a dirlo. Una fiction, per altro, che presenta, queste le principali critiche mosse dai detrattori, una visione oggettificata della donna, oltre che una visione del sesso violenta e iperatletica, ripeto, non è di questo che voglio parlare.

Come poi la faccenda sia andata a finire non l’ho capito, cioè, Visa e Mastercard sono rimaste sulle loro posizioni, sebbene in molti abbiano lamentato che la percentuale di video illegali presenti sui social, Facebook in testa, è assai più alta di quella contenuta su Pornhub, se poi le star del settore abbiano o meno trovato altro modo per farsi pagare, o siano passate su altre piattaforme, tipo Onlyfans, questo non saprei dirlo.

Quello di cui in realtà volevo parlare, motivo per il quale ero partito da Pornhub e dal mio aver esibito nel contesto sbagliato quella maglietta, che per la cronaca ora uso come fosse una maglietta della salute, in inverno, sotto i maglioni, quasi con ingiustificata vergogna, Romina perdonami, è di Danika Mori.

Danika Mori è diventata famosa per essere una star di prima grandezza di quello che viene definito porno amatoriale, cioè fuori dai set professionali, proprio grazie a Pornhub. È diventata famosa, dico, perché avendo vinto per due anni di fila uno dei Pornhub Awards e avendo anche totalizzato quasi due miliardi di visualizzazioni su quel sito, è davvero una star a pieno titolo, infatti è finita nelle tv e sui giornali generalisti, fatto che me l’ha fatta conoscere. Danika Mori si chiama in realtà Federica D’Amore, e lavora con il suo compagno, Steve Mori. Hanno iniziato anni fa a filmarsi e condividere i loro video casalinghi, ha dichiarato nelle tante interviste che le sono state fatte dopo che è uscita la notizia che la star di Pornhub era italiana, e da lì a diventare famosa, proprio per questo contesto familiare e intimo esibito fin nei minimi dettagli, è stato gioco facile.

Facile si fa per dire, ovviamente.

Anche lei, come Valentina Nappi e gli altri lavoratori del sesso, ha protestato per questa serrata di Visa e Mastercard, ma non è neanche di questo che voglio parlare.

Danika Mori ha tenuto un TedX, lo scorso ottobre. Molti personaggi con una certa notorietà o con una storia interessante tengono un TedX, l’ho fatto anche io, per dire,e anche Valentina Nappi. L’ha tenuto a Padova.

La cosa mi ha colpito, perché a differenza di Valentina Nappi, che commenta molto l’attualità, che è a suo modo una voce riconoscibile, oltre che un corpo riconoscibile, Danika Mori, per chi non la seguisse su Pornhub e dove altro mai pubblichi i suoi video, è una sorta di sfinge. Sono andato a cercarla su Twitter, che dei social è sicuramente l’unico che non pratica censure sul fronte sessuale, ma fosse per quello nessuno potrebbe pensare che di pornostar si tratti. Pubblica prevalentemente foto e video di lei in bikini, pochi post scritti, sempre piuttosto vaghi, mai link o video o altro. La faccenda dei video condivisi su Twitter la raccontavo durante il primo lock down, su queste pagine. È un po’ un problema. Uno dei miei contatti Twitter, un mio fan molto appassionato, ha altre due grandi passioni, la Juventus e il porno. Siccome lo seguo, per gentilezza, mi capita spesso di finire sulla home di Twitter e trovare una qualche scena di sesso estremo, da lui condivisa, magari a fianco a un articolo postato da quel collega o di un brano musicale postato da quel cantante. La cosa, vedere cazzi e altro come nulla fosse, mi inquieta, anche perché spesso mi capita di maneggiare lo smartphone in presenza dei miei figli, e vorrei evitare di dar loro spiegazioni, non solo per quella presenza sul mio smartphone, ma anche e soprattutto sul perché quei tipi stiano facendo quelle imprese sportive difficilmente replicabili, motivo per cui non ho le notifiche di Twitter accese e ci vado molto raramente. Danika Mori, comunque, su Twitter è una ragazza qualsiasi che sembra vivere costantemente in estate, vive a Tenerife, del resto, lei e Steve sono però siciliani, e che non parla praticamente mai di sesso, né condivide contenuti che col sesso abbiano a che fare. Una ragazza caruccia, certo, ma sicuramente meno debordante di una Valentina Nappi.

Resta una star di prima grandezza, questo lo dicono i numeri, lo dice la grande attenzione che i media tradizionali le hanno dedicato, lo dicono anche i premi vinti, li cita nel TedX, a breve vi dirò come, è un fatto. Per questo sono andato a vedere il suo TedX e sono rimasto abbastanza basito. Il TedX è presentato come tweet di copertina del suo profilo, quindi evidentemente per lei è stato un momento fondamentale. Lo scrive pure presentandolo, questo. Solo che il TedX, sette minuti scarsi, a fronte del solito quarto d’ora canonico di questo tipo di speech, non è esattamente quello che ti aspetteresti da una che fa porno. O forse invece è proprio quello che ti dovresti aspettare, qui sto facendo lo snob radical chic, lei fa porno, non è una che parla. Perché per quei sette minuti e poco più lei, Danika, dopo averci spiegato con voce stentata che si chiama in realtà Federica D’Amore, nome decisamente più da pornostar, verrebbe da dire, dopo aver specificato che lavora col suo fidanzato, Steve, ci vorrebbe raccontare in maniera studiata cosa l’ha portata a diventare la star che è, cercando una giustificazione al suo lavoro.

Fermi, non sono io che leggo così quello speech, è palesemente questo il suo intento, spiegare e quindi giustificarsi per il suo essere una pornostar, andare, cioè, a dare una dimostrazione logica al perché una ragazza di buona famiglia, una che ha frequentato l’università, in un passaggio lo dice, come a volerci far capire che non è una scappata di casa, sia poi finita a filmarsi mentre fa sesso col suo compagno, divenendo una lavoratrice del sesso, e finendo poi per dirci che l’educazione sessuale dovrebbe essere uno dei pilastri della nostra società, a scuola. Lo fa, però, impappinandosi continuamente, fermandosi, perdendo il filo del discorso, la voce sempre tremante. Quando cita i premi vinti, due Pornhub Awards consecutivi, dice che sono i premi “vinti nelle categorie più innominabili nella storia della stampa”, ma non dice quali, come se in effetti pensasse davvero che vincere come Best Squirting Performance, povero Diego Fusaro, equivalga a vincere qualcosa di innominabile, dimostrando quasi un pudore che poco si addice al suo ruolo.

Ripeto, è stentata.

Non lo dico per sfottò, sono cattivo ma non ho nulla per cui essere cattivo con Danika Mori, lo dico perché mostrarsi fragile, così appare, e insicura, poco sembra attinente al ruolo di imprenditrice di successo che lei comunica con le parole che ha scelto per raccontarsi. Magari potrebbe anche essere una scelta di comunicazione, lei è parte di una coppia, i video li fa con il suo compagno, apparire anche timida, anche se lei stessa si definisce hardcore, potrebbe essere appunto parte di una precisa poetica. Ma quel parlare di educazione sessuale, come se il porno fosse in effetti equiparabile all’educazione sessuale e non fosse, come molti sostengono, esattamente l’opposto, seppur spesso usata dai giovani esattamente per apprendere quel che c’è da sapere, appunto nel modo sbagliato, quel parlare di educazione sessuale, come a voler dare una connotazione alta a una scelta professionale, stona parecchio, perché non dico che una dovrebbe necessariamente fare alla Valentina Nappi, che giorni fa diceva su un tweet qualcosa come “Non c’è niente come chi mi nega il cazzo per farmi arrabbiare, ho rotto diverse amicizie con questo”, un concentrato di politicamente scorretto di prima grandezza, ma il messaggio che passa da quel video, ripeto sette minuti e poco più di parole dette con voce stentata, tutto sono fuorché una bella favola ben raccontata.

Questa cosa, non pensiate che io volessi parlare di Danika Mori e basta, mi fa venire in mente certe rivendicazioni da parte di certe nostre popstar o sedicenti tali. Sì, quando sento i nostri artisti da classifica evocare l’impegno sociale delle loro canzoncine usa e getta, quando li sento parlare di crescita interiore e artistica, quando li sento provare a costruire articolati castelli di carta atti a dimostrare una loro presunta autorialità nei fatti impercettibile a orecchio umano, probabilmente neanche a orecchio animale, mi viene in mente Danika Mori che, la voce tremolante, elegante completo scuro a coprire i suoi ferri del mestiere, prova a spiegarci come il porno e il porno amatoriale siano in realtà parte di una sorta di fronte della liberazione fisica e emotiva, roba da portare nelle scuole per insegnare ai giovani come funzionano le cose nel mondo. Meglio mille volte una Valentina Nappi o Takagi e Ketra, cinicamente consapevoli di cosa vanno cercando.