L’insostenibile leggerezza di Mondo Inferno, come non essere pesanti pur essendo cupi

Ascoltate Pelle d’Oca e cuore d’Elefante di Mondo Inferno, non vi sentirete più sereni ma sicuramente vi troverete a vivere per quattro minuti in un mondo più leggero


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Credo fondamentalmente sia una questione di equilibrio.

Equilibrio che però deve tenere conto anche della coerenza.

Come dire, ok l’equilibrio, ma non è che per mantenere l’equilibrio si può scivolare fuori da quei paletti che si sono posti strada facendo.

A meno che i paletti non comprendano anche il fatto che se ne esca, ricordo ancora quella volta, ero un bambino abbastanza piccolo, non saprei dire neanche se andavo già alle elementari, quella volta in cui ho visto una voliera all’interno di un giardino di quelli che si visitano sempre palesando meraviglia, perché ci sono piante esotiche, bellissime, poste a fianco a siepi che, leopardianamente, escludono lo sguardo dal poter contemplare l’infinito pur lasciandolo presagire, lì, da qualche parte, ricordo ancora quella volta che, bambino piccolo, ho visto una voliera piena di quaglie, non saprei dire perché in un giardino che si poneva, a ragione, come giardino di pregio, con piante rarissime e aiuole ben tenute, qualche statua antica posta qua e là ci fossero delle quaglie, uccelli che onestamente nulla hanno di meraviglioso, di esotico, di affascinante, una voliera altissima, anche se forse mi sembrava tale perché io ero un bambino e da bambini ci sembrano altissime anche voliere che magari sono semplicemente voliere, né grandi né piccole, una voliera altissima e piena di quaglie, uccelli bizzarri che non emettono suoni, al pari di praticamente tutti i loro colleghi uccelli, dalle mie parti si dice infatti “devi stare muto come una quaglia” a chi parla troppo, e lo si dice con fare minaccioso, il dito portato al naso, lo sguardo torvo, “devi stare muto come una quaglia”, uccelli che si ammassavano in quella voliera altissima, voliera altissima che però presentava un foro sulla base, uno strappo nella rete, un foro piuttosto evidente, almeno piuttosto evidente a me che ero un bambino evidentemente attento, meno evidente alle quaglie, che invece stavano lì dentro, le quaglie, uccelli muti e con buone probabilità dotati di un quoziente intellettivo pari allo zero, prigioniere mentre la loro prigione aveva la porta aperta, quando ero piccolo ero una sorta di piccolo animalista, sempre a difendere gli animali, specie quelli in difficoltà, tipo una marea di quaglie assiepate dentro una voliera altissima posta a mo di abbellimento di un giardino di cui nulla saprei dirvi a livello geografico, potrebbe essere stato un giardino nelle Marche, la mia regione, magari proprio nella Recanati di Leopardi, vallo a sapere, come altrove, sicuramente in Italia, perché mai sono andato all’estero con la mia famiglia di origine, ma la cosa che più mi ha colpito, al punto che me la ricordo ancora oggi, io che sono praticamente sprovvisto di memoria, che spesso ricorro alla fantasia per sopperire a questa mancanza di memoria, e vai a capire se questo ricordo, che conservo gelosamente dentro di me, preciso nei dettagli, limpido, non sia nei fatti il frutto della mia fantasia, del tutto inventato o quantomeno rielaborato per ragioni che non sarei comunque in grado di analizzare, sfido chiunque a trovare il senso di un ricordo che ha per protagonista una voliera altissima piena di quaglie mute, in un giardino esotico posto Dio solo sa dove, voliera che presenta un grande buco alla sua base, dettaglio fondamentale di questo ricordo, nonché motivo di questo mio star qui a parlarvene da un lasso di tempo che credo potrei definire lunghissimo, più alto anche della voliera posta in quel giardino, perché davanti a quel buco, in realtà davanti a tutta la voliera, percorrendone con costanza e precisione tutto il perimetro, lo ricordo come fosse oggi, forse anche perché me lo sto inventando ora che ve lo racconto, c’era una quaglia, uscita dal buco, ma comunque lì, incapace di andarsene, volare via, trovare quella libertà che magari, chissà se per le quaglie la libertà è un valore assoluto o quantomeno relativo?, una quaglia che passeggiava dall’altra parte della rete, quindi, lei solitaria, le sue colleghe quaglie ammassate, un po’ come la scena che presenta il bellissimo video di Sia, Elastic Heart, quale video di Sia non è bellissimo?, quello dove la scena si svolge tutta dentro una enorme gabbia, di quelle dove in genere si tengono gli uccellini, magari anche le quaglie, vallo a sapere, io a parte in quell’occasione le quaglie le ho sempre viste, e con questo sempre non si intenda chissà quante volte, un sempre molto limitato nel tempo, quindi un sempre atto a indicare un “tutte le volte che”, non un sempre che intende a indicare una continuità temporale, io le quaglie le ho viste sempre dentro una padella, prima, e dentro un piatto, poi, le quaglie, nel mentre non sono più un animalista, sono prelibate, nel video di Sia c’è questa enorme gabbia da uccellini, mai capita la differenza tra gabbia e voliera, entrambe citate nel romanzo più bello di Andrea De Carlo, Uccelli da gabbia e da voliera, dimensioni a parte, intendo, comunque c’è questa grossa gabbia da uccelli dentro la quale si muovono, danzano, dovrei dire, ma forse lottano, la parola giusta è lottano, anche se nella lotta c’è pure qualcosa di erotico, cosa che mette a disagio, perché a lottare dentro quella gabbia gigantesca da uccelli mentre intorno c’è la canzone di Sia, Elastic Heart, un brano strepitoso, con un loop che ti si pianta nella testa e non lo togli neanche infilandoti un ferro da lana dentro un occhio, in un vano tentativo di autolobotomizzarsi, non fatelo a casa, mi raccomando, nuoce gravemente alla salute, a lottare dentro questa gigantesca gabbia da uccelli ci sono Maddie Ziegler, la miniSia che genialmente la cantante australiana ha scelto nel momento un cui ha praticamente deciso di scomparire fisicamente dalla scena, una ingombrante parrucca, bianco platino, nera, bicolore, a coprirne il volto, uno dei rari momenti di ritorno quando, anni fa, ha postato su Twitter una foto del suo culo per rovinare gli affari a dei paparazzi che glielo avevano fotografato a tradimento, un culo è un culo, questo il messaggio, non pagate per vedere il mio, grande Sia, Maddie Ziegler, dicevo, la miniSia, una bambina, prima, una ragazzina, poi e anche ora, bravissima a ballare, in un modo agitato e selvaggio, molto sensuale, il video di Chandelier nel quale si è presentato al mondo è qualcosa che ipnoticamente ti turba e ti tiene incollato allo schermo, e la sensualità legata a una bambina che danza è qualcosa di estremamente conturbante, perché mentre sei lì turbato sai anche che non dovresti essere lì turbato, un po’ come la quaglia che gira apparentemente libera intorno alla altissima voliera, non ci si dovrebbe turbare per una bambina che balla selvaggia sulle note di Chandelier di Sia, lo sappiamo bene, ma nel video di Elastic Heart Maddie Ziegler non è più una bambina, è una ragazzina, cosa che rimane comunque nel conturbante, volendo anche nel penale, e balla, lotta dovrei dire, con il suo compagno di prigionia, l’attore Shia LeBoeuf, attore che nel video è come Maddie Ziegler, sporco e vestito di stracci, e balla, fa esercizi fisici come fosse in palestra, lotta con Maddie Ziegler, tra Eros e Thanatos, finché lei, Maddie, che poi sarebbe Sia, non riesce a passare tra le sbarre, non più bambina ma comunque decisamente meno ingombrante di Shia LeBoeuf, lasciandolo dentro la gabbia e trovando in qualche modo una libertà che, stando al video, si può solo intuire, perché non la si vede andar via, lo si intuisce dallo sguardo sconcertato di Shia, non dalla narrazione, magari Maddie resterà per sempre intorno a quella gabbia da uccellini, come la quaglia che ho visto da bambino e di cui vi sto parlando da un tempo che è oggettivamente lunghissimo, eterno, il corrispettivo in minuti dell’altezza strabiliante di quella voliera ai miei occhi di bambino, e prima che io torni a parlare della quaglia, provando anche a ricordare come diavolo ci sono arrivato a parlarvi di quella quaglia, mi sa che poi dovrò tornare indietro e rileggere il tutto, per ritrovare il bandolo della matassa, cosa che probabilmente dovrete fare anche voi, con i capitoli del mio diario succede così, credo sia scritto da qualche parte in piccolo come per i bugiardini dei medicinali, prima di tornare a parlare della quaglia, quindi, vorrei soffermarmi sul fatto che Shia LeBoeuf, attore diventato a sua volta famoso da molto giovane, con Transformers, film del quale è protagonista, dopo aver già fatto un fottio di altri film, Shia LeBoeuf, dicevo, è ultimamente balzato agli onori della cronaca, anzi, al disonore della cronaca, per una denuncia da parte della sua ex fidanzata, la cantante e ballerina FKA Twigs, artista incredibile, anche lei, come Sia, dotata di una capacità compositiva assolutamente contemporanea, un po’ meno pop di Sia, certo, ma a alto tasso di sensualità, pure lei, anche lei come Maddie Ziegler, grandissima ballerina, i suoi video e le sue storie su IG intorno al palo da lapdance hanno fatto storia, a loro volta, FKA Twigs che lo ha denunciato, Shia LeBoeuf, suo ex, per molestie e percosse, fatto che lo stesso Shia ha poi ammesso candidamente, finendo in un Rehab specializzata proprio per curare chi ha problemi di tal genere, mentre la sua carriera si piantava contro un palo, la corsa agli Oscar per il ruolo interpretato nel film Pieces of a Woman bloccata da Netflix, che in quanto a cancel culture sembra non star dietro a nessuno, e lui, Shia, lì che balla in questa danza che è sia danza erotica che lotta, con Maddie Ziegler, ragazzina che incarna la miniSia nei video e nelle uscite pubbliche, stessa parrucca, stesso look, e vai a sapere se la Sia Sia, quella che compare coperta in volto dalla parrucca è in effetti Sia e non una figurante, col volto coperto nulla è dato per certo, beh, Shia LeBoeuf che si dimena minaccioso intorno, sopra, addosso alla piccola Maddie Ziegler, questo fornisce un ulteriore tasso di turbamento, a guardar quel video oggi, e questo fatto, il fatto cioè che Shia LeBoeuf, protagonista con Maddie Ziegler del video di Sia Elastic Heart, per altro la versione che vede Sia affiancata alla voce da The Weeknd è se possibile ancora più bella di quella del video, due artisti giganteschi, Sia e The Weeknd, la canzone che quest’ultimo canta con Rick Ross, In Vein, andrebbe usata come colonna sonora di tutti e tre i mesi autunnali, tanto è struggente, grande The Weeknd, non credo ci sia da aggiungere altro, il fatto che ci sia Shia LeBoeuf che lotta con Maddie Ziegler, lo stesso Shia LeBoeuf che, a telecamere spente, ha picchiato e molestato FKA Twigs potrebbe fornirmi il là per andare dove volevo andare inizialmente, mica avrete creduto che io mi sia perso nelle mie parole, come una Alice nel Paese delle Meraviglie, Alice nel Paese delle Meraviglie che, però, nei fatti, sarebbe nello specifico non un omaggio fantasioso e matematico all’amore pedofilo di Lewis Carroll, sì, amici belli, di questo si tratta, Lewis amava la piccola Alice Liddell, figlia del decano del College nel quale Carroll insegnava matematica, seppur vuole la vulgata il suo amore sia sempre rimasto platonico, le tante foto ritratto che Carroll, appassionato fotografo, le ha fatto, così come il suo romanzo più celebre sembra non lasciare dubbi a riguardo della sua pedofilia, anche se il mio non sarebbe tanto un identificarmi con Alice quanto piuttosto un identificarsi di Lewis Carrol nella stessa Alice, perché a perdersi nel caso sarei stato io, non la protagonista di un mio racconto, un po’ come capita al Tom Petty, artista mai abbastanza celebrato in vita come dopo la morte, nel video geniale e pazzo di Don’t Come Around Here No More, pezzone psichedelico e incredibilmente originale prodotto da quell’altro genio, lui sì celebrato in vita, di Dave Stewart, famoso per essere stato a lungo l’alter ego musicale di Annie Lennox negli Euythmics, ma con un curriculum vitae da mettere paura a chiunque, video nel quale è Tom Petty, titolare del brano, a finire nel Paese delle Meraviglie di Alice, e no, non mi sono affatto perso, non sono Alice né il suo autore Lewis Carroll, e potrei a questo punto agganciarmi a Shia LeBoeuf e alla sua denuncia per molestie e percosse, denuncia fatta da FKA Twigs, la sua Two Weeks potrebbe essere usata per la colonna sonora dei tre mesi autunnali in alternanza a In Vein di The Weeknd e Rick Ross, a pensarci bene, potrei a questo punto agganciarmi a Shia LeBoeuf e alla sua denuncia per molestie e percosse, denuncia fatta da FKA Twigs e ricollegarmi a quanto scritto proprio ieri a riguardo di Ryan Adams, a sua volta cancellato per un paio di anni e da poco tornato sulle scene con il suo diciassettesimo bellissimo album Wednesdays, ricorderete, l’arte, l’artista, la morale, le denunce, la censura, ma io ero partito dall’idea che a volte i paletti che ci poniamo da soli, quelli che utilizziamo, a braccio, per stabilire in che ambito muoverci, di questo stavo parlando, senza averlo troppo esplicitato, paletti nei quali muoversi, di lì ero scivolato nel mio racconto di una quaglia che qui paletti aveva superato, il buco nella voliera, lei a passeggiare lì intorno, libera ma neanche troppo, sempre e comunque muta come una quaglia, e parlavo di paletti perché dicevo, quasi duemila parole fa, provateci voi a tenere il filo di un discorso lungo duemila parole, “mamma guarda, senza mani”, dicevo che la faccenda ruota tutta intorno all’equilibrio e la coerenza, e il non detto, di questo stavo parlando, era che in questa settimana ho praticamente affrontato un mare di argomenti spinosi, quello di Ryan Adams e del sacrosanto diritto dell’arte di essere amorale l’ho affrontato ieri, e anche qui sopra, abbondantemente, ma ho anche parlato di ipocrisia nel raccontare, quando ho messo mano alla storia di Adriano Urso, pianista jazz morto mentre spingeva la sua 750 d’epoca, un cubo di Just Eat con la cena di qualcuno da consegnare, come del rapporto padre figli, partendo dalla bella notizia di Teresa Cherubini, figlia di Jovanotti, guarita da un tumore in questi ultimi mesi, e finendo per parlare di J.T., album tributo a suo figlio Justin Townes, morto di overdose lo scorso agosto, da poco dato alle stampe dal gigantesco Steve Earle, tanti argomenti seri e spinosi, difficili da affrontare singolarmente, figuriamoci uno di fila all’altro, che ora chiedono, o meglio chiederebbero, questo volevo dire, un mare di parole fa, qualcosa di leggerissimo e effimero, in grado di bilanciarne il peso, è una questione di equilibrio, penso, di equilibrio e di coerenza.

Che a ben vedere, poi, io di argomenti in questa lunga cavalcata elettrica, ne ho già affrontati parecchi, dal credersi liberi quando liberi non si è all’idea di scomparire agli occhi del proprio pubblico messo in atto da Sia, passando per il turbamento nell’arte che, in quanto turbamento, ci turba, mettendoci spalle al muro, Maddie Ziegler, Lewis Carroll innamorato di Alice, con menzioni d’onore a Tom Petty e FKA Twigs, materiale per farci su non saprei dire neanche quanti articoli, ma questo non è un articolo, è l’ottantesimo capitolo del mio diario del lock down, qui si è bulimici e massimalisti, ora mi metto a citare John Barth e Giles ragazzo-capra, tiro due vettori che portano a Lunar Park di Brett Easton Ellis e Mio cugino il mio gastroenterologo di Mark Leyner e non ne usciamo più vivi, come in quel libro di Jim Morrison, Nessuno uscirà vivo di qui.

Ho però il sospetto che provare a dare una mano di leggerezza, come fosse smalto, passato dopo aver dato anche un paio di mani di coppale, arrivati a questo punto sia impresa impossibile, non perché non sia possibile cambiare in corsa, addirittura a pochi metri dal traguardo, all’ultimo secondo, in questo la massima di Sant’Agostino “Signore, rendimi casto, ma non subito” cascherebbe a fagiolo, chissà se prima o poi Andrea Delogu su Instagram o Massimo Massini su Repubblica ci spiegheranno da dove deriva questo strano modo di dire, cadere a fagiolo, loro che ogni giorno si dedicano a spiegare strane parole o strani modi di dire, anche strane parole e strani modi di dire di uso molto comune, loro che sono anche finiti a condurre un programma tv insieme, il bel Ricomincio da Rai3, chissà se a farli incontrare è stato questo loro procedere su terreni comuni, seppur a distanza, ho comunque il sospetto che provare a dare una mano di leggerezza arrivati a questo punto sia impresa impossibile, non perché non sia possibile cambiare in corsa, quanto piuttosto perché solo in certi film o serie tv d’azione dopo che uno ha preso mazzate di tutti i tipi, calci in faccia, pugni di ogni tipo, la testa sbattuta contro mobili di varia natura e foggia, ecco, solo in certi film o serie tv d’azione uno che è stato picchiato selvaggiamente per un lasso di tempo indefinito ma comunque molto lungo, si passa una mano sulla bocca, come a voler togliere le tracce del sangue che, in virtù di quei colpi violenti e selvaggi, non può che essere lì, sulle labbra, e si mette a camminare, parlare, muoversi come se niente fosse, e chiaramente quelli che hanno preso le mazzate selvagge, violentissime siete voi, le mie parole i colpi proibiti, e quello che vi ha picchiato selvaggiamente sarei io, citazione dopo citazione, relativa dopo relativa.

Non posso equilibrare i temi pesanti affrontati nei giorni scorsi con qualcosa di leggero e effimero, adesso, ma posso provare, è il mio mestiere, so di poterlo fare, questo palesare incertezza, un gesto apparentemente pudico, tenero, le gote rosse per la vergogna, è solo una posa, un rallentare il ritmo dopo che vi ho fatto correre a perdifiato, non fidatevi di me, non posso equilibrare i temi pesanti affrontati nei giorni scorsi con qualcosa di leggero e effimero, ma posso almeno provare a dimostrare, non certo grazie alle mie innate capacità affabulatorie, non voglio prendermi meriti non miei, il merito è dell’arte di un artista che ancora il mondo non conosce per questo suo essere artista, quando piuttosto per essere un grande produttore che ha messo la sua competenza al servizio di tanti artisti, dal Teatro degli Orrori alle Luci della Centrale Elettrica, dai Zen Circus a Luca Carboni, passando per i Tre Allegri Ragazzi Morti, Andrea Mirò, Mezzosangue, Marina Rei, Bugo, Rancore, i Nobraino, il Management del Dolore Post-Operatorio e tanti altri, Manuele Fusaroli in arte Mondo Inferno, posso almeno provare a dimostrare che a volte anche nella leggerezza, il brano che sto per segnalarvi in chiusura di questo capitolo di diario così ondivago è in fondo concepito a mo di ninna nanna, quindi qualcosa di volutamente lieve, seppur con fortissime venature cupe e oscure, quasi dark, sia nei suoni che nel cantato, posso almeno provare a dimostrare che a volte anche nella leggerezza si insinui il germe del turbamento, e l’arte senza turbamento, sia esso propedeutico al trovare il bello o a stigmatizzare il male, a nulla vale, divenendo solo vacuo intrattenimento. Ascoltatevi Pelle d’Oca e cuore d’Elefante di Mondo Inferno, al secolo Manuele Fusaroli, noto anche come Max Stirner. Anzi, ascoltatela andandovi a vedere il bellissimo video, diretto dallo stesso Fusaroli, che vede un conturbantissimo e inquietantissimo Pier Paolo Capovilla come coprotagonista al fianco di Carlotta Biolcati, non vi sentirete sicuramente più sereni, ma per i quattro minuti e trentacinque della sua durata vi sarete trovati a vivere in un mondo altro nel quale è possibile essere leggeri anche quando sembra che la vita vorrebbe soltanto tenervi la testa sott’acqua.