Siamo sicuri che sia un Festival all’insegna della qualità?

Mi sembra strano che presentendo i "Big" di quest'anno Amadeus si sia più volte sentito in dovere di giustificarsi sciorinando i loro numeri e riconoscimenti


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Torno a parlare di Sanremo e del sedicente Festival 2021. Non perché la cosa abbia in effetti una rilevanza così alta, ma è pur vero che l’ultimo evento cui abbiamo assistito è stato il precedente Festival, quello di febbraio, dieci mesi e passa fa che sembrano secoli, con tutto quel che c’è stato in mezzo, e se penso che in quella settimana scarsa ho passato cinquantadue ore in diretta qui e su Rtl 102,5, in compagnia del mio prode partner in crime Mattia Toccaceli e dei ragazzi di The Loops, oltre che della Espresso Do Moon band di Giuliano Gabriele, delle cantautrici del Festivalino di Anatomia Femminile, di Lilith Primavera e Giuditta Sin, dei preziosi fotografi di Reparto 21, degli artisti in gara e fuori concorso e di tutti quanti hanno voluto prendere parto a quel circo chiamato Attico Monina, oltre settanta persone coinvolte, mi viene da commuovermi, e voi sapete come io sia il Grinch della musica leggera italiana.

Torno quindi a parlare di Sanremo e del sedicente Festival 2021 perché qualcosa non mi torna. No, non parlo delle mie certezze riguardo l’impossibilità che si faccia, di quello ho già detto in maniera sufficientemente perentoria, ritornarci su sarebbe un ripetermi. Facciamo finta che tutto sia normale, che, cioè, la lista dei nomi fatti da Amadeus alla fina di Sanremo Giovani dal 2 marzo calcherà le assi dell’Ariston, in presenza di pubblico in sala, con l’orchestra e con la città invasa di persone, come ci hanno raccontato in conferenza stampa. Facciamo quindi finta, ce lo auguriamo davvero tutti, che a inizio marzo tutto questo incubo chiamato pandemia sia finito, perché altrimenti è impensabile che ciò succeda, giochiamo come si fa quando qualcuno ci chiede, che so?, potessi vedere il concerto di un artista scomparso quale sceglieresti, o roba del genere. A non tornarmi, questo è ciò di cui vorrei iniziare a parlare, è proprio la lista di cantanti scelta da Amadeus e dai suoi compari, e di conseguenza del modo in cui Amadeus ha deciso di presentare gli artisti in gara al pubblico di Rai 1 che ha seguito il suo programma.

Faccio una piccola deviazione, poi torno. Storicamente al Festival hanno partecipato un sacco di sconosciuti. Alcuni hanno anche vinto. Gente di cui nessuno aveva sentito parlare finché Pippo Baudo, prendo lui come esempio del classico presentatore del Festival, non li introduceva, il Festival era anche questo, una specie di carrellata di mostri spesso destinati a scomparire nel nullo, in alcuni casi a brillare e diventare famosi. Poi, proprio lui, Pippo Baudo, si è inventato la faccenda di distinguere tra Campioni e Promesse, Big e giovani, emergenti e chissà cosa. Si è praticamente istituito un sottogruppo atto a accogliere quella porzione di artisti sconosciuti che fossero anche giovani, a volte ci sono stati sconosciuti che giovani non erano. Una sorta di palestra per chi doveva ancora fare la gavetta, magari gente che si era messa in evidenza in concorsi come Castrocaro, o che qualche discografico riteneva interessante ma non abbastanza da fargli uscire un album per testarlo direttamente sul mercato in assenza di quella vetrina che in tutti i casi da tempo Sanremo è. Passare da Sanremo Giovani, non fatemi ogni volta declinare le varie nomenclature con cui la parte dedicata agli emergenti è stata di volta in volta chiamata, non sono uno storico, è diventata quindi una sorta di tappa obbligata, chi vinceva poi in genere aveva accesso l’anno successivo tra i BIG, a volte anche chi non vinceva, se la canzone presentata aveva sufficiente successo, se succedeva qualcosa. Perché tra i giovani, questo è un fatto, sono passati tanti dei nomi poi diventati davvero Big, quelli anche che si sono fatti notare in giro per il mondo, gente come Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Andrea Bocelli, tanto per fare qualche nome.

Questo il sottotesto, eri giovane e sconosciuto?, andavi tra gli emergenti, eri conosciuto?, andavi tra i Big. Poi c’erano gli outsider, quelli cioè che potevano accedere ai Big anche in assenza di una carriera musicale acclarata, perché magari nella vita facevano altro. È sempre stato così, da Gigi Sabani a Francesco Nuti, passando per Beruschi, via via, fino a Platinette. Nessuno aveva troppo da ridire per queste presente, diciamo così, simpatiche, fatta eccezione per gli esclusi, che ovviamente lamentavano di essere stati lasciati a casa per far entrare qualcuno che con le canzoni nulla aveva a che fare.

La faccenda delle canzoni, credo, è il nodo della questione. Il Festival di Sanremo si chiama in realtà il Festival della Canzone Italiana di Sanremo, così è nato settantuno anni fa e così è sempre stato. Solo che a un certo punto non erano più le canzoni il focus, pensate che nelle prime edizioni c’erano pochissimi interpreti che si spartivano più brani in gara, tanto erano le canzoni a essere al centro della scena, a un certo punto a essere invitati erano gli artisti, i cantanti. Prova ne è, per fare qualche esempio, il fatto che negli anni recenti è stato concesso di accedere al Festival a nomi che le canzoni, al momento dell’invito, neanche le avevano per le mani, penso a Lorenzo Fragola, chiamato al Festival appena vinto X Factor, quindi in impossibilità di aver inciso e mandato un brano in quanto coinvolto in un talent che prevedeva l’isolamento, o penso a un paio di anni fa, quando la vittoria a SanremoGiovani ha consentito a Mamhood e Einar di entrare tra i Big, per altro con Mamhood che si è pure portato a casa la vittoria finale con Soldi. Non a caso i cantanti hanno iniziato a parlare di invito da parte del direttore artistico, per altro in questa ambiguità per la quale si parla di inviti ma anche di canzoni, senza darci modo di capire cosa pesi di più nella scelta finale.

Del resto Sanremo è Sanremo, diciamo che le canzoni non hanno mai occupato militarmente la scena, lasciando da tempo spazio allo show televisivo e nel tempo ampio modo al gossip, ai vestiti, alle liti e alle polemiche agio di prendersi tutto lo spazio che volevano.

Quest’anno, o meglio, il prossimo, vicinissimo, al Festival di andranno in ventisei. In realtà un po’ di più, perché ci sono collaborazioni varie, ma diciamo ci saranno ventisei canzoni. Una quantità incredibile, la più alta di sempre. Perché oltre alle ventisei in questione ci saranno le otto dei giovani, sei tra quelli in concorso a AmaSanremo e due presi da Area Sanremo, insomma, uno sproposito. Il motivo per cui nel tempo si è passato da diciotto a venti, da venti a ventiquattro, e quest’anno a ventisei, così ci hanno spiegato di volta in volta i direttori artistici, è l’alto tasso qualitativo delle canzoni proposte. Cioè, le canzoni proposte sono così belle che eliminarle tutte diventa impresa impossibile, per cui Baglioni come Amadeus decide di cambiare il regolamento, che del resto ha lui stesso ideato, e ampliare il numero di concorrenti. Ci potrebbe stare. Anzi, merito a chi decide di cambiare in corsa per dar modo a canzoni così belle di essere ascoltate. Solo che noi gli ultimi Festival li abbiamo seguiti, anzi, io personalmente li ho seguiti tutti da che esisto, e queste canzoni così belle, ahimé, non le ho proprio percepite. Ne ho sentite alcune notevoli, certo, ma nell’insieme il livello è sempre quello, qualcosa che bascula tra l’imbarazzo e il disagio, lasciarle a casa, in molte occasioni, sarebbe stato esercizio di pietà umana e anche di solidarietà verso chi, evidentemente, ha un problema a relazionarsi con gli altri e nessuno intorno che glielo faccia notare. Come si spiega, altrimenti, per dire, che a Sanremo negli ultimi anni abbiano partecipato soggetti quali Junior Cally, a febbraio, inaugurando il negazionismo di chi si toglie la mascherina pur andando contro ogni logica, per la mascherina era arrivato fin lì, finendo poi per andare a fare quel che credo gli riesca meglio, giocare a calcio tra i semiprofessionisti dell’Avellino, o Nek con quella roba immonda presentata due anni fa? E neanche voglio sforzarmi di citare Elettra Lamborghini, Sergio Sylvestre o tante altre inutili canzoni che ci siamo dovuti sorbire così, perché qualcuno ci aveva detto che erano troppo belle per non essere prese.

Ventisei canzoni, dicevo. Come vi spiegavo giorni fa, negli ultimi anni, ma diciamo pure da che mi occupo professionalmente di musica, e di anni nel caso ne sono passati più di venti, è raro che si arrivi al famoso annuncio delle canzoni in gara senza che io ne abbia già ascoltate una buona parte. Non dico tutte, perché ci sono sempre artisti che non conosco, né personalmente né di nome, e ci sono sempre anche artisti e discografici a cui sto palesemente sulle balle, ma sono un critico musicale che, prima del Covid, passava le giornate più in studio di registrazione che in quelli TV a alzare palette, normale che io ascoltassi le canzoni anche prima che fossero chiuse. Ci sono stati anni, anche per le canzoni in gara a febbraio scorso, nei quali io alcune canzoni le avevo sentite pure prima che arrivassero agli interpreti, fattemi ascoltare dagli autori, o in versione demo, dagli artisti medesimi che me le avevano mandate per tempo per avere un mio parere a riguardo. Questo, del resto, è parte del mio lavoro, niente di cui vantarsi, semplicemente parte del mio lavoro. Quest’anno non ho ascoltato nessuna delle canzoni citate ieri. Anche se in gara ci sono buoni amici e molti conoscenti, gente che, in altra occasione, mi avrebbe probabilmente fatto ascoltare le canzoni per tempo. Non è successo che io non le abbia ascoltate perché di colpo sono diventato un paria, intendiamoci, ma solo perché di studi di registrazione, nel corso del 2020, non ne ho frequentato letteralmente nessuno, e perché, è un fatto, anche con gli artisti mi ci sono sentito di meno, e mai, ripeto, mai o quasi, per parlare di canzoni. Diciamo che il Covid anche in questo ci ha bloccati un po’ tutti, mangiandosi il resto.

Non ho sentito nessuna delle canzoni, e del resto, anche questo ve lo raccontavo, non ho ricevuto neanche uno straccio di lista nei giorni scorsi, anche questo fatto per me inedito. Ho letto le liste che giravano, anche se in molti casi era un chiaro andare per tentativi, e avrei potuto chiamare gli amici, magari anche minacciarli bonariamente, per ascoltarle prima. Potrei farlo anche oggi. Ma siccome credo che il Festival non ci sarà, e che se anche ci fosse sarebbe una cosa diversa, a distanza, quindi escludendo categoricamente la possibilità che io quest’anno sia in riviera per una terza edizione di Attico Monina, male che va la farò da casa mia, trasformando quel format in un più consono CasaMonina, non abito in un attico ma sto al settimo piano, sempre in alto, rovinarmi anche quel poco di sorpresa che ascoltare canzoni per la prima volta durante un Festival non me lo voglio fare, va bene abituarsi alle restrizioni, ma almeno un po’ di curiosità.

Quello che sto quindi per dire esula ovviamente l’ascolto delle canzoni, come invece negli anni scorsi non avveniva. Mi concentro sui nomi e più che altro sul fatto che, presentandoli, Amadeus si sia più volte sentito in dovere di giustificarsi sciorinando numeri e riconoscimenti, spesso dopati, i numeri, e eccessivi, i riconoscimenti. Le famose scuse non richieste che sono sintomo di sensi di colpa e code di paglia, non fatemi citare il latino.

Spiego la mia perplessità. Amadeus ha dichiarato di aver allargato a ventisei il numero delle canzoni in gara, lui ha parlato dei concorrenti in gara, ma va bene lo stesso, sottolineando che era una scelta obbligata vista la qualità altissima delle canzoni che gli erano state mandate, oltre trecento. I cantanti lo hanno sempre ringraziato per l’opportunità offerta, usando la parola “invito”, il che in qualche modo cozza con l’idea che ci siano state a monte canzoni mandate. Se chiamo un amico dicendogli di invitarmi a cena non è lui che mi ha invitato, ma io che gli ho chiesto di invitarmi, ma va beh, non sottilizziamo.

Facciamo che Amadeus abbia ricevuto trecento canzoni, molte bellissime, ventisei così belle da non essere escluse. Facciamo che i cantanti abbiano parlato di invito perché sono dei narcisi megalomani che preferiscono dire di essere stati invitati piuttosto che dire di aver chiesto di poter partecipare.

Se il motivo per cui, faccio un paio di esempi, Gio Evan e Random sono in gara è la bellezza estrema della loro canzone perché Amadeus ci ha dovuto ripetere con convinzione, sua, non certo nostra, le caratteristiche incredibili dell’arte del primo, poliedrico e geniale, e i numeri pazzeschi di visualizzazioni del secondo, che poi ha mandato un po’ tutto a quel paese dicendo che era arrivato lì dopo neanche un anno e mezzo di carriera? Se è la canzone che meritava potevano pure essere due perfetti sconosciuti, giusto? Perché se invece contano le incredibili doti artistiche, come nel caso di Gio Evan, perché poi citare i numeri degli altri? E soprattutto, se contano i milioni di visualizzazioni e di streaming di qualcuno, perché per altri conta invece l’arte? Cosa ha fatto Amadeus, è andato avanti per sottogruppi? Sembra un po’ di sì, in effetti. Ci sono quelli che sono molto amati da chi segue la musica di qualità, indipendente, da i ComaCose a La Rappresentante di Lista, da Colapesce e Dimartino a Davide Toffolo, qui in realtà in area “quelli strani” con gli Extraliscio, passando per una fuoriclasse come Madame, Willy Peyote e Lo Stato Sociale, ci sono quelli che fanno parte più o meno consapevolmente del genere “quelli che vanno a Sanremo ogni tot”, da Renga a Annalisa, passando per Malika Ayane, Noemi e Arisa, più la fuoriquota Orietta Berti, presenza che diciamolo apertamente, in un Festival così pesantemente sbilanciato a voler fare l’occhiolino a un pubblico giovane non c’entra davvero nulla. Ci sono quelli che piacciono ai giovani coi gusti un po’ meno raffinati di chi segue l’indie, da Irama a Gaia, passando per i Maneskin e Aiello, Aiello tra i Big?, e i vincitori annunciati Francesca Michielin e Fedez. Ci sono quelli che proprio non si capisce che c’azzeccano con i Big di Sanremo, da Fasma a Gio Evan, passando per Fulminacci, uno che è anche bravino, va detto, ma che non fa grandi numeri e non è neanche così figo da essere annoverato nella prima lista, avrà anche vinto la Targa Tenco come miglior esordio, ma se la Targa Tenco è un riconoscimento tale da far schizzare una carriera in avanti, allora iniziamo a includere nelle liste dei Big chi di premi ne ha vinti parecchi, come quella Roberta Giallo che ha vinto anche la prima edizione del Premio dei Premi istituito dal MEI. Ci sono quei nomi che rassicurano, perché piacciono un po’ a tutte le categorie, come Ermal Meta, uno che ha lavorato sodo e raggiunto un livello di pubblico importante. C’è Bugo, la cui presenza, confesso, lascia troppo pensare a un risarcimento per come è andata a finire l’anno scorso, e la cosa mi spiace davvero, perché Bugo lo seguo da che ha esordito, e avrei preferito saperlo lì a prescindere da polemiche e scaramucce.

Insomma, un papocchio inspiegabile, dove lo stesso Amadeus è stato incapace, e come mai avrebbe potuto fare altrimenti, a spiegare la sua linea editoriale. Un po’ di gente che fa numeri alti in rete, un po’ di gente che piace alla critica colta, roba da Rockit, un po’ di gente che sembra viva solo durante il Festival, qualche outsider buffo, una vecchissima gloria, qualche nome assolutamente prescindibile.

Resta la sensazione, così a pelle, senza riscontri dati dagli ascolti, ma sufficientemente sostenute da un giudizio dato in anticipo basato sull’esperienza, non è necessario mettere una mano sul fuoco per sapere che scotta, per intendersi, che le ventisei canzoni siano una esagerazione immotivata, e che alcuni nomi forse sarebbero dovuti semmai passare dai giovani e non nei BIG, penso appunto a Fulminacci, eletto a fenomeno mentre il suo pari Wrongonyou, per dire, è in gara tra gli emergenti, penso a Fasma, e già solo scrivere la frase “penso a Fasma” mi ha fatto sanguinare il naso, penso a Gio Evan, che per me resterà sempre un enigma tipo i cerchi sul grano, forse un po’ meno spiegabile, spero che M. Night Shyalaman ci faccia su un film a breve.

Il fatto che però Amadeus, per altro parlando di artisti che io stimo molto, i ComaCose e La Rappresentante di Lista, per dire, abbia tenuto a sottolineare la loro artisticità mi porta davvero a esternare un pensiero per me importante a voce alta.

Negli ultimi anni, causa emarginazione delle artiste dal cast, ricordiamo che di donne all’Ariston a cantare nelle ultime edizioni ce ne sono state pochine, l’anno scorso la cosa era così evidente che Amadeus ne ha dovute aggiungere due in corsa, per altro chiamando proprio Tosca, coinvolta all’ultimo con Rita Pavone, che per il femminile così tanto sta facendo e che all’ultima edizione ha regalato la canzone probabilmente più significativa e destinata a rimanere nel tempo, Ho amato tanto scritta dal maestro Cantarelli (ecco, questa era una canzone che avevo sentito come demo anni prima, mandatami direttamente da Tosca per un mio parere, per dire). Io, che al femminile sono molto legato, lo sapete abbastanza perché io non stia ogni volta a fare lo spiegone alla Damilano a Propaganda Live, ho alzato la voce per conto delle suddette cantautrici. Prima ho inventato l’hashtag più urticante mai legato al Festival, quel #LaFigaLaPortoIo che non solo è stato a lungo in tendenza, ma ha anche fatto rizzare i peli sul collo a organizzazione e colleghi, poi sono andato oltre, e ho deciso di portare direttamente le cantautrici escluse a Sanremo, occupando spazi che in città sono solitamente dedicati a chi fa musica ma non è stato preso al Festival (anche perché magari non ci ha neanche provato), da CasaSanremo ai palchi che la Rai relega alle piazze cittadine, occupando non con gesti situazionisti, ma proponendo il Festivalino di Anatomia Femminile a chi quegli spazi gestisce e barattando anche in parte quegli spazi con la mia presenza, durante il Festival il mio essere corrosivo e sopra le righe diventa una ottima moneta di scambio, complice il mio attaccare l’organizzazione da canali ultramainstream come Rtl 102,5 e Striscia la Notizia. Il clou di questo mio voler portare cantautrici in un contesto nel quale le cantautrici sono messe al bando, anche quest’anno, a ben vedere, ci sono diverse donne in gara, ma a eccezione di Madame, che è una rapper e quindi a pieno diritto ascrivibile nel novero delle cantautrici, nessuna di loro rientra nell’accezione in questione, credo solo Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista e Francesca Mesiano dei Coma_Cose firmeranno i brani che canteranno, era ovviamente, dico ovviamente perché in questo Optimagazine ha giocato un ruolo centrale, a Attico Monina, dove nel corso degli ultimi due anni hanno trovato ospitalità oltre cinquanta artiste, artiste che hanno avuto spazio e tempo per presentare dal vivo le loro canzoni, traccia di questo la trovate ancora online e sui social.

Sarebbe stato bello, in una edizione che si apre, apparentemente, alla qualità e non solo al peso discografico e ai numeri, in questa spartizione goffa e forzata dei pani e dei pesci, che Amadeus avesse deciso di chiamare anche qualcuna di loro. Sarebbe stato bello, ipotizzavo una cosa del genere tempo fa sempre su queste colonne, che alcune tra queste artiste si fossero messe insieme per superare la Linea Maginot eretta da troppo tempo dal mainstream, io ipotizzavo una unione per andare a conquistare tutti i vari premi, ottima mossa promozionale, ma è a Sanremo credo che si debba puntare se si vuole diventare davvero visibili.

Così non è stato, per cui, non volendo andare a fare concorrenza a quel genio di Claudio Cecchetto, che nel mentre ha ipotizzato il Cecchetto Web Festival, una kermesse legata alla musica che si muove in rete, dove andrà a selezionare alcuni degli artisti che meglio si stanno muovendo sui social, il tutto proprio in concomitanza con il Festival, facciamo sempre finta che la cosa avvenga normalmente a marzo, di questo parlerò più nel dettaglio poi, credo che sia sacrosanto iniziare a ipotizzare qualcosa che sempre giocando sulla visibilità che il marchio Sanremo concede, dia davvero spazio a chi ha qualità ma è tenuto a margine del mercato. E credo sia sacrosanto iniziare a ipotizzarlo tenendo conto proprio di questa anomala situazione per cui, molto probabilmente, a marzo anche ci fosse il Festival, lo seguiremo tutti, anche noi addetti ai lavori, da casa, non dico su Zoom, ma quasi, sicuramente impossibilitati a vivere la città di Sanremo come in genere avviene durante la settimana del Festival, sicuramente impossibilitato, io, a invitare in un Attico qualcosa come settanta persone, una quarantine fisse lì a lavorare gomito a gomito.

Cosa ho in mente?

Non ho in mente niente di chiaro, non ancora, e mentre lo scrivo lo sto sostanzialmente anche proponendo direttamente a Optimagazine. Siccome quest’anno Attico Monina non potrà esserci, nel caso in Rai si ostinassero a far finta di niente e a fare comunque il Festival a marzo, in versione ridotta, mi offro di spostare la scena a casa mia, a Milano, chiamiamo il tutto Casa SanreMonina, e invito le meglio cantautrici italiane a pensare a una canzone ad hoc, come per un controfestival, sarà mia premura coinvolgere Big della canzone italiana, ve ne sarete accorti, ma i Big non sono in gara nella loro quasi totalità, a fare loro da padrini, magari anche a ipotizzare un duetto con loro, ovviamente a distanza e nella maniera che la tecnologia oggi prevede. Se come credo il Festival non ci sarà potremmo comunque farlo, rispettare le misure di contenimento stando ognuno a casa propria è assai più facile che farlo stando assiepati nel backstage dell’Ariston o nell’affollatissima Sala Stampa del Roof.

Coloriamo questo mondo pandemicamente nero di colori sgargianti, inondiamolo di bella musica d’autrice, almeno seguire le ventisei canzoni in gara sarà meno angoscioso di quanto non appaia sulla carta.