Amadeus presenta i Big che Big non sono a “MiAmi Sanremo”

Ma tanto il Festival a marzo non ci sarà o se ci sarà nulla avrà a che vedere con il Festival della Rinascita e con la glamourness e la folla che il Festival richiama di default


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Non dirò niente di nuovo, ma mi sento particolarmente confuso. Lo sono sempre, dirà qualcuno, ma in questo anomalo anno 2020 lo sono decisamente di più. E lo sono senza possibilità di farmi chiarezza per quel che riguarda tutto questo ciarlare continuo che si sta facendo riguardo il prossimo Festival di Sanremo, quello che, ci hanno detto andrà sicuramente in scena dal 2 marzo. Sì. Ho volutamente usato la parola ciarlare, seppur si stia parlando di argomento per certi versi serio, perché il modo in cui se ne parla, questo il punto, lo trovo assai cialtronesco, e quel parlare diventa ciarlare.

Intendiamoci, non sono tra quanti stanno sbraitando che non è giusto parlare di musica con ottocento morti al giorno, non so se sia un atteggiamento corretto neanche quello, non sono per seppellirsi da vivi e sono ben cosciente che il Festival di Sanremo è per molta gente lavoro. Per me è lavoro, è uno dei momenti nei quali raccolgo economicamente assai bene, non solo, è anche uno dei momenti nei quali faccio numeri più alti che nel resto dell’anno, un po’ in quella prospettiva che vede tutta la nazione concentrata sulla musica pop per una settimana, figuriamoci se potrei mai permettermi di fare il moralista riguardo il mio lavoro. Ma star qui a fare lo spavaldo, come Coletta e suo malgrado Amadeus, mai come in questo caso uomo azienda, dicendo che sicuramente si andrà in onda, che ci sarà il pubblico in sala, che ci sarà l’orchestra, azzardare, come è stato fatto durante la conferenza stampa dal sindaco di Sanremo, che la città non sarà transennata, perché altrimenti non sarebbe Sanremo, la gente vuole poter fermare i propri beniamini, ha aggiunto, farcisi i selfie, chiedere autografi, ipotizzare, quindi, che a inizio marzo si torni esattamente a febbraio scorso, tutti ammassati in strada, per percorrere le pochissime centinaia di metri del centro, durante il Festival, ci si può impiegare anche un’ora, tanta è la calca, per non dire degli assembramenti in Sala Stampa, nel backstage dell’Ariston, nei microcamerini, in quello spazio angusto che si chiama Green Room, pensare alla folla fuori dagli alberghi, ai ristoranti, non faccio i nomi ma i cantanti vanno sempre tutti in due tre ristoranti, beh, mi sembra molto improbabile, anzi, del tutto impossibile, e dire che così non è, come stanno facendo, rassicurare laddove sicurezze non ce ne sono, non ce ne sono su tutta la nostra vita, figuriamoci sul Festival, mi sembra prendere in giro la gente, contare sulla buonafede o, in alcuni casi, millantare, sì, millantare bellamente, cialtroneggiare, appunto. Poi, cara grazia, sentire Coletta dire che comunque rispetteranno i DPCM è davvero la ciliegina sulla torta, pensa noi che pensavamo che non li rispettassero.

Davvero uno spettacolo miserevole, quello cui stiamo assistendo, e non mi si venga a dire che almeno si prova a tenere alto il morale delle truppe, non credo sia questo a muovere mamma Rai.

Sul perché ciò succeda ho delle mie teorie, che vanno dal voler far cassa, ma immagino gli sponsor non siano poi così stupidi da abboccare a questi stupidi ami, o magari voler raccontare una favoletta salvo poi virare su qualcosa di assai meno glamour, un po’ una sorta dell’ultimo Primo Maggio, o di X Factor 2020, tutto in remoto, senza pubblico, solo lavoratori, meno lavoratori del solito, e via andare.

Dal mio punto di vista, cioè dal punto di vista di chi, da anni, presenzia a Sanremo, nel mio caso dando vita a iniziative come Attico Monina, la prospettiva di dover seguire il tutto in remoto, le odiate conferenze su Zoom, con una mia inevitabile defezione, se devo collegarmi su Zoom lo faccio da casa mia, a quel punto, ma direi che non è questo il focus della mia confusione. Non sono sicuro se sia sensato parlare oggi di Festival di Sanremo, figuriamoci se penso lo sia parlare di cosa io farei o non farei al Festival di Sanremo.

Sono confuso, ripeto. E sono confuso perché credo che, in un mondo normale, senza lasciarsi andare a disperazioni o disincanti, si sarebbe ammesso l’impossibilità di fare una cosa normale, sono saltati gli Europei di calcio, le Olimpiadi e buona parte di quegli eventi che muovono assai più danari del Festival, perché ostinarsi a fingere che tutto andrà bene solo in quell’ambito, magari ipotizzando qualcosa di dignitoso che non venisse spacciato addirittura per il Festival della Rinascita, 70+1, questo lo slogan. Non lo si vuole far saltare, perché sarebbe un brutto segnale, lo si sposta in primavera inoltrata, lo si pospone all’arrivo di massa dei vaccini, per dire.

Così non è stato. Infatti sono confuso, e sono confuso anche perché ho sentito le parole che strada facendo Amadeus ci ha regalato, prima dicendo che o il Festival sarebbe stato il solito Festival o non se ne sarebbe fatto niente, poi che sarebbe stato un Festival di grande musica, tante e tali le canzoni presentate da aver dovuto ampliare il numero dei partecipanti, i Big badate bene, i Big, a ventisei, salvo poi presentare un parterre che tutto si può dire tranne che corrisponda a quei ben chiari parametri. Anche lì, siamo sicuri che questi siano tutti Big e soprattutto siamo sicuri che spacciarli per la meglio roba che gira non sia un ennesimo tradire promesse fatte a voce alta, per altro promesse che nessuno aveva chiesto di fare?

Intendiamoci, non dubito che, in un anno in cui non succede niente in ambito musicale, coi tour del 2021, che poi in molti casi sono i tour rimandati dal 2020, i cui biglietti sono stati venduti nel 2019, coi tour del 2021, dicevo, che continuano a slittare in avanti, alcuni dalla primavera o estate all’autunno, qualcuno al 2022, ovvio che gli artisti e la discografia si buttino a pesce sulla sola cosa che sembrerebbe procedere senza macchia e senza paura, il Festival. Se c’è un solo posto dove posso sedermi a mangiare è normale che io mi sieda lì. Per questo si era pensato a un Festival di soli top player, compresi alcuni di quei nomi che mai hanno calcato le assi dell’Ariston, almeno durante quella famosa settimana di febbraio. Li chiamano Big, del resto, mica per sbaglio o perché non hanno trovato un nome più efficace. Per altro senza fare distinzione tra meritevoli e meno meritevoli, nessuna sfumatura di nessun colore.

Comunque, ieri i nomi, quelli delle liste più o meno inventate che giravano da giorni, quelli della lista che quest’anno nessuno mi ha passato, ve ne parlavo giorni fa, è diventata ufficiale.

Li ha dati lo stesso Amadeus alla serata finale di un programma che nelle puntate precedenti, puntate che non ho visto perché c’era X Factor e dovevo fare le pagelle con mia figlia Lucia, si intitolava AmaSanremo, come neanche un Manuel Agnelli a torso nudo avrebbe potuto ideare, megalomane per megalomane. Una lista, lo dico senza paura di essere poi smentito dalle canzoni, magari ventisei capolavori assoluti, che indurrebbe chiunque a tenersi a debita distanza dal Festival 2021, fosse anche che saremo tutti ancora chiusi in lock down, la televisione la sola finestra aperta su un mondo ideale nel quale le cose succedono ancora come succedevano un tempo, senza restrizioni e mascherine.

Certo, qualcuno non mancherà di far notare che da anni il Festival non è il Festival dei Big, e che guardando anche al passato passato non è che al Festival abbiano sempre partecipato artisti che Big si possano definire, ma ci sono dei limiti che non andrebbero superati, specie in un periodo difficile come questo, nel quale motivi per lasciarsi andare a scoramenti vari ce ne sono anche troppi.

Non sono un ipocrita, e per quanto ami essere oltraggioso, scandalizzare, non fingerò come in passato hanno fatto alcuni miei sedicenti colleghi, di non conoscere qualcuno dei partecipanti, anche se confesso che a parte il nome di alcuni nulla altro so, sicuramente non ho mai ascoltato le loro canzoni. Ma io non sono un Luca Dondoni che finge di non sapere chi è Alice Paba, cui ha dedicato un articolo dopo la vittoria di The Voice, per dileggiarla nel momento in cui anni fa era entrata tra i Big in compagnia di Nesli, rea di avere me tra i principali sponsor, sono una persona seria, mi limito a dire che non sono Big e che io non li chiamerei a suonare neanche al pianobar che fanno di giovedì sera all’ora dell’aperitivo nel locale che si trova davanti a casa mia, fanno… facevano prima dell’arrivo del Covid, bei tempi quelli nei quali ci si inalberava per la brutta musica che arrivava dalle finestre.

Io quei nomi li conosco, parlo di quelli che in quella lista non dovrebbero starci, e per questo se fino a ieri sera potevo definirmi confuso e infastidito da questo ciarlare, da ieri sera mi posso tranquillamente definire perplesso, toh, anche un po’ imbarazzato. Sì, sono imbarazzato e a dirla tutta ho perso anche un po’ di quella sana voglia di fare alla guerra che da anni mi accompagna come una costante. Certo, in questo avrà sicuramente influito la clausura e l’immobilismo di questi mesi, ma voler fare la guerra contro chi si mostra così palesemente sprovvisto di ogni qualsivoglia senso del decoro e della dignità, lo confesso, è troppo anche per me. Le battaglie mi piace vincerle sul campo, non certo per manifesta inferiorità dell’avversario. Qui è come se volendo giocare tutto sul piano intellettuale chi mi sta di fronte di colpo dimostri di essere disarmato, caspita, non c’è davvero nessun gusto.

Sono imbarazzato per la sfacciataggine con la quale si spacciano per BIG artisti che BIG non sono, certo, specie se poi ci metti in mezzo una come Orietta Berti, che non è esattamente la cosa più contemporanea che ci possa venire in mente, ma soprattutto per la ancora maggiore sfacciataggine con la quale si spaccia per certo un Festival con gli stessi canoni con i quali lo abbiamo imparato a conoscere nel corso degli ultimi anni, certezze sul futuro prossimo non ne possiamo avere in ogni ambito, Festival di Sanremo compreso.

Comunque i nomi dei BIG Amadeus li ha fatti, e i BIG  in questione erano anche presenti in prima persona lì, al suo fianco, al Casinò di Sanremo, durante la serata finale di AmaSanremo.

Alcuni erano in effetti BIG, altri meno, altri non lo erano affatto. Messi uno a fianco all’altro, lo confesso, l’effetto era quello di chi, non potendo contare su nomi pesanti ha optato per una sorta di invasione di massa, inconsapevole, immagino, che tanti nani nello stesso campo non faranno mai una schiacciata alla Michael Jordan.

Eccoli: Francesco Renga, con Quando trovo te, ComaCose, con Fiamme negli occhi, Gaia, con Cuore amaro, Irama, con La genesi del tuo colore, Fulminacci, con Santa Marinella, Madame, con Voce, Willy Peyote, con Mai dire mai la locura, Orietta Berti, presente in collegamento da casa, con Quando ti sei innamorato, Ermal Meta, con Un milione di cose da dirti, Fasma, con Parlami, Arisa, con Potevi fare di più, Gio Evan, con Arnica, i Maneskin, con Zitti e buoni, Malika Ayane, con Ti piaci così, Aiello, con Ora, Max Gazzè e la Trifluoperazina Monstery Band, con Il farmacista, Ghemon, con Momento perfetto, La Rappresentante di Lista, con Amare, Noemi, con Glicine, Random, con Torna a te, Colapesce e Dimartino, con Musica leggerissima, Annalisa, con Dieci, Bugo, con E invece sì, Lo Stato Sociale, con Combat pop, i Punk da balera, cioè Extraliscio con Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, con Bianca luce nera, e per finire Francesca Michielin e Fedez, con Chiamami per nome, perché in questo 2020 mica potevano bastare la pandemia, le guerre, gli scontri sociali, il femminismo, le inondazioni, gli atti di razzismo e sessismo, il terremoto, sì, il terremoto a Milano dopo oltre cinquecento anni, ci voleva anche un tocco di musica vacua e di cattivo gusto a chiudere l’elenco dei 26 cantanti nel cast e mettere il definitivo sigillo Made in Disastro.

Certo, tra i concorrenti ho qualche amico, come Renga, Veronica e Dario de La Rappresentante di Lista, Ermal Meta, Noemi, Bugo e ho anche artisti che stimo molto, a parte i già citati, quali Madame, ne parlavo giusto ieri, i ComaCose, come la Rappresentante di Lista passati dal Festivalino di Anatomia Femminile in tempi non sospetti, e quanto di più interessante in circolazione in ambito contemporaneo, Colapesce e Dimartino, duo di cantautori siciliani che insieme tanto bene sta facendo, e anche Lo Stato Sociale, seppur io li preferissi più prima del successo mainstream che li ha finora un po’ imballati. Del resto penso che quest’anno saranno i Punk da balera a fottere loro il ruolo degli outsider eccentrici, se ne facciano una ragione.

Anche vedere su quel palco Arisa e Annalisa, mi fa piacere, perché penso siano voci molto molto belle che hanno tante cose da dire in ambito pop, così come Max Gazzè e Ghemon.

Ecco, se poi dovessi dire chi più mi ha fatto piacere vedere in quella lista è proprio quello di Veronica e Dario de La Rappresentante di Lista, dei veri fenomeni che vi invito a andare a recuperare, nel caso li abbiate conosciuti giusto ieri sera. Il loro Go Go Diva, uscito il 14 dicembre 2018, è uno dei dischi più belli usciti negli ultimi anni, saperli di fronte a un pubblico ampio come quello sanremese mi riempie di gioia. Loro potrebbero davvero diventare la Next Big Thing della nostra musica, leggera e non leggera.

Ma nell’insieme io avrei sfoltito di parecchio il cast, ma proprio parecchio parecchio. Diciamo che se fosse stato di sedici, come ai bei tempi, nessuno ne avrebbe pianto e sofferto. Forse anche dieci, toh.

Per dire, abbiamo davvero bisogno ancora di Malika Ayane o della coppia Fedez Michielin?

Del resto, dovessi indicare un momento specifico della trasmissione andata in onda ieri che possa incarnare il senso di imbarazzo che ho provato, non certo per il programma in sé, il cui regista è per altro il mio buon amico Stefano Mignucci, è stato quando, introducendo Irama, uno dei BIG, Amadeus ha citato De Andrè come sua fonte di ispirazione, questo un paio di secondi prima che partisse Mediterranea, il suo tormentone estivo, un brano che sta vicino a De Andrè come io sto a pochi secondi dal ricevere la Tessera Gold del Fan Club di Laura Pausini. Momento che supera di poco il passaggio in cui Random dichiara che essere lì è il coronamento dei sogni della sua vita, a venti anni. Non credo serva molto altro da aggiungere.

Nota di demerito anche alla parte dedicata ai giovani, in buona parte prescindibili, sentire gente che stimo come Luca Barbarossa e Piero Pelù usare quei paroloni per parlare di queste mezze figure, onestamente, mi ha messo addosso una malinconia che giusto il disagio provato per le gag che non facevano ridere del collegamento da casa Fiorello sono riuscite a cacciare indietro. Se questo è il meglio tra i giovani artisti italiani evoco un Sanremo Senior a partire dalla prossima edizione, sulla falsa riga di The Voice Senior che così tante gioie ci sta regalando.

Mettiamola così, visto il cast messo insieme da Amadeus, e pensando al fatto che il Festival della Rinascita dovrebbe comunque andare in onda su RAI 1, rete con un pubblico con l’età media di oltre sessant’anni, direi che più che AmaSanremo avrebbero dovuto intitolare il tutto MiAmiSanremo, tanto sembra una versione vorrei ma non posso, altrimenti certe presenze polverose non si spiegano, del noto Festival che va di scena da anni all’Idroscalo di Milano e che ha Rockit come motore.

Ah, piccola notazione di colore. Ovviamente non c’è Morgan. Nonostante durante la trasmissione trasmessa su RAI 1 abbia fatto uno show sui social assai più interessante di quanto visto in TV. La vicenda ha occupato, nonostante tutto, le cronache degli ultimi due giorni. Morgan era parte della giuria scelta da Amadeus proprio per Sanremo Giovani. La cosa deve averlo indotto a pensare che Amadeus lo avrebbe richiamato al Festival. Ricorderete, immagino, che Morgan, a suo modo, è stato il protagonista assoluto dell’ultima edizione della kermesse canora, “Le tue brutte intenzioni la maleducazione”, “Dov’è Bugo?” e tutto il resto sono stati senza ombra di dubbio la cosa più bella vista all’Ariston negli ultimi anni. Solo che Amadeus non credo sia stato della stessa idea, perché nei fatti non lo ha chiamato. Morgan ha sbroccato. Ha spoilerato la cosa, prima. Ha anche detto che la giuria presieduta da Amadeus, una giuria di incompetenti, ha aggiunto, neanche ha ascoltato le cinque canzoni che ha presentato, dicendo che non accettava la ridicola motivazione “artistica” che avrebbero addotto a giustificazione. Ha poi detto che se mai Amadeus avesse però chiamato nel cast Bugo la cosa avrebbe preso una piega antipatica, ironizzando non poco su questo. Risultato? Bugo è nel cast e lui, Morgan, è stato fatto fuori anche dalla giuria, per le parole ingiuriose dette in pubblico e in privato. Ovviamente lui, Morgan, ha condiviso sui social gli screenshot di quanto scritto a Amadeus, fornendo benzina per chi scrive di musica ma soprattutto per chi scrive di gossip. Poi ha fatto la sua diretta, dove ha detto quel che pensava ci fosse da dire. Nei fatti lui non è tra i ventisei BIG, ventisei, ripeto, ventisei, mentre ci sono giganti della nostra discografia quali Gaia, Irama, Fulminacci, Willy Peyote, Fasma, Gio Evan, ma chi è Gio Evan?, e soprattutto, perché Gio Evan?, i Maneskin, Aiello, Random, sì, loro invece ci sono. Vorrei chiudere dicendo qualcosa come “A voi il trarre le conclusioni”, ma tanto il Festival a marzo non ci sarà o se ci sarà nulla avrà a che vedere con il Festival della Rinascita e con la glamourness e la folla che il Festival richiama di default, di che stiamo a parlare?

Gio Evan tra i BIG di Sanremo… ma vi rendete conto, Gio Evan…