Prova A Prendermi è uno dei migliori film di Spielberg, con DiCaprio e Tom Hanks

Alle 21 su Iris la storia vera di Frank Abagnale, falsario neanche diciottenne che tenne in scacco per anni l’Fbi. Un film bellissimo, che parla di solitudine, del bisogno di essere amati, di una società fondata sull’apparire. Eccellenti i protagonisti

Prova A Prendermi

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All’inizio di Prova A Prendermi (Catch Me If You Can, 2002) di Frank Abagnale jr (Leonardo DiCaprio) se ne vedono tre, in un quiz televisivo nel quale la sfida consiste nell’individuare quale, tra i vari concorrenti, è realmente chi dice di essere. Il presentatore annuncia enfaticamente che Frank “ha fatto una carriera come impostore, ed è il più spudorato che ci sia mai capitato di incontrare”. Un bugiardo che, per una volta, dirà tutta la verità.

Infatti in questo film è tutto vero: perché quella di Frank Abagnale jr è una storia autentica, raccontata dal suo protagonista in un’autobiografia da cui Steven Spielberg, con la sceneggiatura di Jeff Nathanson, ha tratto uno dei suoi film più belli, privo di quel manicheismo nel quale talvolta s’impantana. Questo invece è un racconto sfaccettato, in cui bene e male, giusto e sbagliato si confondono, o per meglio dire si moltiplicano.

In Prova A Prendermi nulla ricorre una volta sola, tutto è doppio o triplo, e dunque ambiguo. Sono tre gli Abagnale nella prima sequenza. Ma è plurimo lo stesso protagonista, un ragazzino neanche diciottenne che negli anni Sessanta scappa di casa dopo il trauma della separazione dei suoi genitori e si rifà una vita, fabbricandosene numerose altre. Diventa un falsario e un bugiardo matricolato, si trasforma in un pilota di linea, medico, avvocato, seduttore seriale e milionario. Tutto così incredibilmente vero da sembrare falso. Frank jr dopo aver visto un film di James Bond si fa fare un vestito modello 007 e si compra una Aston Martin. Mentre per recitare la parte del medico e dell’avvocato divora le puntate del Dottor Kildare e Perry Mason. Neanche a dirlo, riesce a prendere tutti in giro: nella società dello spettacolo chi finge spudoratamente è destinato a essere l’unico preso sul serio.

DiCaprio con il vero Frank Abagnale

L’unico che non si fa abbindolare è Carl (Tom Hanks), l’agente dell’Fbi che gli dà la caccia per anni. Prova A Prendermi però non è una sfida tra guardia e ladro, gatto e topo. A proposito di topo, la storiella preferita di Frank Abagnale sr, suo padre (Christopher Walken), è quella dei due topolini che affondano in una scodella di panna: uno affoga, l’altro invece si muove così freneticamente da trasformare la panna in burro, e così riesce a salvarsi.

Quella lezione Frank jr l’ha imparata bene, perché il padre è finito per essere stritolato dal fisco, perdendo la moglie (Nathalie Baye), il negozio e la dignità. E dato che a essere onesti non si guadagna nulla, meglio scegliere l’altra via: non per malvagità, ma perché è l’unico modo per uscire illeso dalla scodella. Inseguendo anche il sogno infantile – non dimentichiamo che è solo un ragazzo – di guadagnare abbastanza soldi da permettere al padre di rimettere in piedi la tranquillità familiare perduta.

Frank jr è mosso dalla nostalgia del passato, di quell’ingenuo mondo perfetto che gli è franato sotto gli occhi. E se è impossibile fare davvero qualcosa per il padre, allora sarà il caso di trovare un doppio della figura paterna. Ovviamente Carl, come lui un uomo solo e sradicato, dedito unicamente al lavoro, serio ma profondamente umano. Lui percepisce la fragilità del suo antagonista, che vuole arrestare, ma non umiliare. Così i due finiscono ogni Natale – il momento in cui per definizione si sta insieme ai propri cari – per telefonarsi e farsi compagnia.

In Prova A Prendermi, ricapitolando, ci sono un numero cospicuo di Frank jr, un padre che si chiama come lui e un altro genitore putativo. Più una vicenda in cui la manipolazione della realtà si modella sugli albi a fumetti, i film e le serie tv da cui Frank jr prende a piene mani per rendere credibile la sua messinscena. Steven Spielberg architetta un complicato gioco di specchi nel quale, sempre a proposito di doppi, si raccorda pure al suo cinema degli esordi. La fuga dell’innocuo criminale Frank jr (è un truffatore, certo, ma non fa mai del male a nessuno), è speculare a quella della coppia protagonista di Sugarland Express (1974), altri malviventi per caso, la cui colpa sta nel cercare di rimettere insieme la famiglia riprendendosi il figlio. Anche loro inseguiti da un poliziotto anziano che funge da figura paterna.

Prova A Prendermi però è assai più che un omaggio a sé stesso. Attraverso un’architettura narrativa labirintica, Steven Spielberg costruire un discorso sfumato e malinconico sull’essere orfani, sul bisogno di famiglia e di un padre che ti dia regole, anche punizioni, certe (Frank non può fare a meno del suo inseguitore Carl). E c’è anche un discorso puntuale sull’America, sull’ossessione per il successo che non si fonda sul merito quanto sulle apparenze e la credulità. L’altro insegnamento di Frank sr infatti è questo: “Sai perché gli Yankees vincono sempre? Perché i loro avversari non riescono a staccare gli occhi dalle righine delle loro magliette”. Non importa chi sei davvero, ma quello che riesci a far credere agli altri. È solo grazie a questi giochi di prestigio che il falsario può diventare un cacciatore di falsari. E passarla liscia.