“Permette? Alberto Sordi”, per tre giorni al cinema il film per il centenario con Edoardo Pesce

Dal 24 al 26 febbraio c’è in anteprima in sala il film tv che si vedrà su Rai1 in primavera. Racconta gli anni della gavetta di Sordi, tra fascismo e dopoguerra. Ci sono Fellini, Fabrizi, De Sica, l’amore per Andreina Pagnani. Un ritratto rispettoso e un po’ cartolinesco

Permette? Alberto Sordi

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Permette? Alberto Sordi esce il 24 febbraio (il giorno in cui l’attore morì, nel 2003), e resterà per tre giorni nei cinema prima del passaggio in tv su Rai1 il 21 aprile. È una delle principali iniziative organizzate nell’anno del centenario di quello che forse è il più grande, sicuramente il più influente attore italiano del Novecento, per la sua irripetibile capacità di tratteggiare il carattere e le trasformazioni dell’italiano medio tra guerra, dopoguerra e boom. Oltre a questo film diretto da Luca Manfredi (il figlio di Nino) ci sarà anche il documentario Siamo tutti Alberto Sordi? di Fabrizio Corallo, che andrà in onda su Sky Arte e La7, e l’evento più atteso, la mostra Il Centenario – Alberto Sordi 1920-2020, curata da Alessandro Nicosia con Vincenzo Mollica e Gloria Satta, che aprirà per la prima volta al pubblico, dal 7 marzo, la celebre villa a Caracalla in cui visse l’attore.

Permette? Alberto Sordi sceglie un approccio affettuoso e semplificatorio, con gli ingredienti prevedibili per una fiction della rete ammiraglia della Rai, sceneggiata dallo stesso regista con Dido Castelli e la consulenza di un avvertito storico del cinema come Tatti Sanguineti. Un film che non aiuterà a capire davvero la novità rappresentata da Alberto Sordi nel panorama dello spettacolo italiano, ma che svolge diligentemente la sua funzione di omaggio all’artista. Con la scelta curiosa di raccontare gli inizi di Sordi tra i venti e i trent’anni, negli anni del fascismo e del secondo dopoguerra, alla ricerca del suo stile e di un’affermazione seguendo quella che fu sempre, come ha ribadito in tante interviste, una naturale vocazione d’attore.

Al centro di tutto c’è Edoardo Pesce, che s’immerge nel ruolo con un approccio rispettoso che non esaspera l’imitazione ma rielabora e fa sue le tracce e i piccoli gesti caratteristici dell’attore. Al punto che si potrebbe dire che invece di cercare di interpretare l’uomo Alberto Sordi, Pesce mette in scena una versione del personaggio, con le movenze, gli sguardi, i tic verbali con cui l’attore ha dato vita alla sua sterminata galleria di italiani quasi sempre largamente imperfetti.

Ecco, ciò che manca in Permette? Alberto Sordi è proprio la ferocia satirica che è stata la sua grande invenzione, quella capacità di cogliere, come ha scritto lo storico Gian Piero Brunetta, “il senso della lotta della sopravvivenza dell’italiano medio, la sua astuzia, la sua ipocrisia, il suo qualunquismo, la sua capacità camaleontica di mimetizzarsi sempre nel modo più favorevole, la sua mancanza assoluta di indicazioni e di principi morali”.

C’era qualcosa di volutamente sgradevole e insieme, soprattutto agli inizi, di rabbiosamente infantile – come nel celebre compagnuccio della parrocchietta – nel personaggio di Sordi. E fu questa la ragione per cui faticò a lungo per trovare il successo ed essere apprezzato da un pubblico cui dovette prima far digerire la novità costituita dal suo singolare modello di interprete, che prendeva la realtà e la deformava per restituirla a un grado di verità ancora maggiore – e sconcertante.

Il film racconta la lunga gavetta tra le iniziali affermazioni in radio (il doppiaggio di Oliver Hardy, quando non aveva nemmeno vent’anni) e le delusioni delle prime prove da protagonista al cinema (Mammia Mia, Che Impressione! prodotto da De Sica e Lo Sceicco Bianco di Fellini). Le difficoltà però si stemperano all’interno di una confezione che mantiene lo stesso tono affettuoso per il personaggio e per l’ambiente ritratto. Che è quello di una Roma tra ante e dopoguerra, dove il fascismo resta un’eco lontana che si ascolta alla radio e in cui conta più il mondo antico e dolce d’una famiglia piccoloborghese a trazione materna (mamma Maria, interpretata da Paola Tiziana Cruciani), con il contorno di portinai, trattorie e amici con cui si dipinge ottimisticamente un futuro radioso.

Sordi (Pesce) e il giovane Fellini (Alberto Paradossi) in una scena del film

Il tono di Permette? Alberto Sordi finisce per essere un po’ cartolinesco – il sodalizio con il giovane Federico Fellini (Alberto Paradossi), più squattrinato di lui, che la sceneggiatura fa esprimere troppo per sentenze “felliniane”: “La vita è meno reale dei sogni”, “La verità è poco affascinante, la bugia è più misteriosa”. E pure fotoromanzesco, nella storia d’amore, vera, con Andreina Pagnani (Pia Lanciotti), attrice e doppiatrice già famosa, di quattrodici anni più grande, che fu il più importante legame della vita di Sordi, all’epoca ancora sconosciuto – “Quando non era niente, per me era tutto” disse lei.

Il film di Luca Manfredi non va mai oltre l’aneddoto gustoso e la moderata ricostruzione d’epoca. Ci si divertirà a riconoscere personaggi restituiti in maniera più o meno indovinata, da Vittorio De Sica (Francesco Foti) ad Aldo Fabrizi (Pasquale Petrolo, il Lillo del duo con Greg) e con i momenti in cui Edoardo Pesce, osando l’inosabile ma sempre con misura, rimette in scena momenti d’avanspettacolo e cinema sordiani (la sequenza dell’altalena de Lo Sceicco Bianco). Tutto però è reso con una morbidezza e una cautela eccessive. E il film rimane sempre rispettosamente sulla soglia, senza mai cercare di lambire il mistero dell’uomo Sordi.