Milano È Dove Mi Sono Persa, è la nuova bellezza musicale di Mietta

Mietta ha una voce pari alla sua bellezza, ha scritto due libri, ha fatto cinema e tv. Il cambiamento e l'evoluzione continua segnano il suo spirito d'artista. L'ho incontrata a Ischia e mi ha raccontato come si può amare prima se stessi e poi qualcun altro


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Red Box | Ho incontrato Mietta e mi ha parlato di " Milano è dove mi sono persa"

Daniela è felice”, così cantava anni fa Mietta. In realtà non lo era affatto. Oggi canta che “Daniela è depressa”, invece è serena e tranquilla. Oddio, serena e tranquilla sono due parolone grosse quando si parla di un artista, e lei lo è. Ingabbiata per tanti anni dal boom di un successo sanremese, quel “Vattene Amore” di trottolino amoroso, che le ha dato sì tanta popolarità, ma che ha fatto storcere il naso a puristi che lo usano solo per schifare quello che credono non essere “colto” o all’altezza della loro “intellighenzia”.

Mietta ha una voce pari alla sua bellezza, ha scritto due libri, è stata attrice in film e sceneggiati televisivi. La sua carriera va ben oltre il mondo della canzone. Eppure le mancava di potersi esprimere con qualcosa di nuovo. Accade dopo vari anni con “Milano È Dove Mi Sono Persa”. Appena mi ha comunicato la sua soddisfazione sia per il brano che per il video, ci siamo rincorsi invano per fare un’intervista. Poi ci siamo beccati per coincidenza ad Ischia.

Le ho anche chiesto di scrivermi qualcosa su questo suo ritorno e lei mi ha appena mandato queste righe:

Voglio cominciare col dire che “Milano è dove mi sono persa “, come del resto qualsiasi altro brano, non è un documentario su qualcosa. Per questo motivo, qualsiasi testo, anche qualora fosse di ispirazione autobiografica, non va mai letto come una pagina di un diario personale. Questo vale anche per i cantautori e In particolare modo per noi interpreti. Un brano è (se fatto bene) un’opera d’arte e l’arte serve a solleticare la fantasia, a far riflettere o semplicemente ad offrire uno spunto per un momento di evasione. Ad ogni modo il fiuto di un interprete di lunga carriera porta a scegliere testi che possano, in qualche modo, permettere all’ascoltatore di ritrovare cenni che rimandino alla vita dell’artista e permettere all’artista di cantare immagini o fotografie, anche espresse con metafore, quindi attraverso “poesia”, che abbiano una qualche attinenza alla propria vita.
Milano che, molto più di Roma, è la “sede” di tutta la discografia ma è anche la città dove, una volta trasferitami lì, paradossalmente, ho smesso di lavorare, tranne rare eccezioni. Il periodo in cui mi sono sentita vagheggiare da un posto all’altro in un labirinto dei miei desideri, non sempre illuminati. Ho fatto altre cose, più importanti dei dischi, come per esempio una famiglia, ma mi sono persa lavorativamente, in un duello tra me e il mio lavoro, che cambiava le sue regole in fretta, e dove non riuscivo a capire chi dei due (io o la discografia) fosse più stanco dell’altro.
Poi, il tempo, la pausa, la lontananza dal lavoro, …la nuova percezione che questo lavoro fosse sempre stato un mestiere e non una “missione” o una “vocazione” come spesso noi artisti, specialmente a iniziò carriera, crediamo sia…..tutto ciò…ha messo a posto tanti tasselli, regalandomi una nuova consapevolezza che non ha tolto l’entusiasmo, ma mi ha solo reso più “pragmatica”. Ho ceduto a lusinghe di chi voleva riportarmi a fare dischi solo quando ho trovato un brano che mi piacesse ma che credevo potesse piacere anche alle radio, perché i matrimoni si fanno in due….altrimenti non funzionano.
In questo senso a Milano mi sono persa ma a Milano mi sono anche ritrovata … per ritrovarsi è necessario perdersi come per aver fame è necessario il digiuno… per questo ringrazio Milano.

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