Solo di Alberto Urso è l’amore nella sua veste più drammatica, quasi ossessiva (recensione)

Il giovane talento di Amici giunge finalmente al suo primo album di inediti, con la partecipazione a sorpresa di Arisa


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“Solo” di Alberto Urso è il disco di un ragazzo che ha scelto la musica prima di pronunciare la parola “mamma”, un talento di 21 anni che – come direste voi giovani – parte col botto. In gara ad “Amici” di Maria De Filippi, il talent show più amato dagli italiani, il cantante di Messina si colloca tra le realtà più eterogenee rispetto agli altri partecipanti. Tra i suoi compagni d’avventura, tra l’altro, la fortissima Giordana Angi ha firmato Accanto a te. “Solo” di Alberto Urso è stato prodotto da Pino Perris Celso Valli: il primo è insegnante di musica di casa De Filippi e anche direttore d’orchestra di casa Sanremo, il secondo ha scritto la musica italiana degli ultimi quarant’anni.

Alberto ha abbracciato il mondo dello spettacolo qualche anno fa, quando i suoi occhioni profondi guardarono il pubblico di “Ti lascio una canzone” di Antonella Clerici, e il suo incontro con Stash dei The Kolors ha fatto da apripista per entrare nelle grazie del team di Maria De Filippi. Alberto ha una voce vigorosa e il suo canto ha l’impronta lirica che fece grandi i tre ragazzi de Il Volo. In 11 brani – 9 inediti e 2 cover – scopriamo un artista ispirato e pieno di passione, concetto che egli stesso sottolinea tra i versi di Non sarebbe passione (scritta da Daniele Magro) e che inocula in ogni nota che esegue.

In chiusura dell’album troviamo l’interpretazione di Guarda che luna, brano eseguito in origine da Fred Buscaglione e qui prodotto da Celso Valli, cantato in featuring con Arisa. Adesso tu di Eros Ramazzotti, sempre sotto la produzione di Valli, chiude il disco. Con questo album, Alberto Urso presenta al pubblico le sue doti di cantante e interprete, con brani inzuppati nel romanticismo d’altri tempi e nell’epicità emozionale garantita dalle sue esecuzioni.

Indispensabile, in origine attribuita a Ermal Meta, è una dedica accorata a una lei che Alberto sceglierebbe anche in un’altra vita. Il testo, scritto da Francesco De Maria, Giovanni Pollex e Roberto Guglielmi, si appoggia su una base che è tipica della musica leggera italiana, con un pianoforte pienamente fedele ai 4/4 e una batteria che interviene diversi giri dopo. La peculiarità di questo disco è il suono scelto per il rullante, al quale viene data una lunga coda e uno “schiaffo” profondo, che rende le percussioni più orchestrali che pop. Non sarebbe passione è una confessione, una lirica viscerale e malinconica nella quale Alberto si sposta su scale impegnate e vocalizzi audaci: «Se non fossi rifugio non resterei, se non fossi desiderio non brucerei, se non fossi parole non parlerei, se non fossi le stelle non sognerei, se non fossi la pelle non brucerei, non sarebbe passione».

In Vento d’amore anche il cielo si stupisce del bacio tra i due amanti, e ciò che troviamo è un crescendo che culmina quando Alberto canta: «Ho bisogno di te, non di una qualunque» nella più disperata delle note raggiunte. Archi, pianoforte e arpeggi sono il tappeto di un racconto della nostalgia nel quale l’innamorato sogna di tornare insieme a lei, ma tutta l’eleganza della canzone d’amore per eccellenza si trova in Accanto a te, quasi una canzone da opera nella quale Alberto immagina Venezia come la cornice perfetta per ritrovare il suo amore. «Ti ho persa e ho perso me», canta Alberto, e ancora: «Accanto a te io trovo un senso». Tutto si placa sul finale, con quella nota poggiata dolcemente sugli ultimi strascichi sonori, quando Alberto pronuncia il titolo.

L’amore si sente, scritta da Tony MaielloEnrico PalmosiSabatino Salvati, sottolinea la forza del sentimento più tormentato e raccontato da poeti e filosofi: «L’amore si sente anche se fai finta di niente». La base, come accade per Indispensabile, è una celebrazione della musica leggera italiana. La mia rivoluzione è la risposta all’odio che domina il mondo da ormai troppo tempo: la sua rivoluzione è lei, e la loro incoscienza è comunque l’isola più felice rispetto a una realtà che si sgretola tra l’indifferenza e l’insofferenza. La mia rivoluzione, seppur perfettamente coerente con il resto del disco, si movimenta verso il finale con un timido inserto di chitarre elettriche, ma troviamo più movimento ne Il rumore del mare.

Il rumore del mare ha una cassa continua e un beat che ricorda gli U2 più celebrativi ed esprime un concetto semplice: «L’amore ti sceglie», e quel suono che l’acqua di una spiaggia rappresenta per ognuno di noi diventa quella bellezza ineluttabile alla quale nessuno può sfuggire, e tutto esplode nella terza maggiore del ritornello, quando Alberto si abbandona alla sua riflessione liberatoria. A un passo contiene la vera novità del disco: troviamo la voce di Alberto sovraincisa su un canto che celebra la somiglianza tra l’amore e la luce del sole. Ti lascio andare, più vicina ad una ballata che alla tipica canzone italiana, è la rassegnazione che ci coglie quando una persona si allontana dalla nostra esistenza. Percussioni elettroniche e riverberi rendono l’addio meno insopportabile, e il suono scelto crea la profondità del tragico momento.

Guarda che luna, il classico di Fred Buscaglione. Fiati e orchestra accompagnano il cantato di Alberto, ma quando interviene la bellezza vocale di Arisa tutto cambia: l’arrangiamento diventa un maestoso jazz, e ci lasciamo trasportare anche quando troviamo il mash-up di Solo me ne vo per la città di Natalino Otto nel bel mezzo della cover. Una sorpresa, come accade tutte le volte in cui ascoltiamo Arisa, che per questa partecipazione ci sentiamo di ringraziareAdesso tu di Eros Ramazzotti, in questo album, si veste di drammaticità. Mancano le percussioni e qualsiasi altro taglio dinamico, perché in questa veste troviamo una canzone per archi e pianoforte che chiude il disco con pacatezza.

Cosa non ci piace di “Solo” di Alberto Urso? Il disco esprime bene un concetto, ma lo fa ossessivamente in tutti e 9 gli inediti presenti, e viene da pensare che sarebbero bastate anche solo 4 canzoni strutturate con più impegno. Il risultato è un album diluito, allungato e senza capolavori. L’interpretazione di Alberto sa spostarsi su tanti traguardi e questo fa di lui un cantante valido e interessante, ma in “Solo” sembra prigioniero di un ruolo, fermo e imbrigliato, e forse la scelta di inserire tantissimi acuti è dovuta proprio alla disperata necessità di esprimere qualcosa. Il momento più “bello” – nel vero senso di “bellezza” – è quella Guarda che luna, decisamente al di sopra di tutte le altre interpretazioni. “Solo” di Alberto Urso canta l’amore e lo fa con passione – tanta passione – la stessa che gli ha fatto muovere i primi passi nel mondo della musica, passi che ancora sta muovendo e per questo lo fanno inciampare, ma il suo è un cadere con stile, tanto stile.