‘Domani è un altro giorno’, il remake di ‘Truman’ con Giallini e Mastandrea (recensione)

Versione italiana di un popolare film spagnolo, è la storia di due amici, uno dei quali malato terminale, e di un cane. Giallini e Mastandrea sembrano quasi non recitare in una commedia delicata ma eufemistica.

Domani è un altro giorno

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Esempio di una tendenza al remake sempre più dilagante in Italia, Domani è un altro giorno stavolta pesca non, come capita più spesso, nel cinema francese, ma in quello spagnolo. Alla base del film diretto da Simone Spada (Hotel Gagarin), c’è infatti Truman. Un vero amico è per sempre, di Cesc Gay, dove Truman è il cane di un malato terminale, preoccupato per il destino della bestiola dopo la sua dipartita.

Nella versione italiana i protagonisti, accanto al bovaro del bernese Pato (“L’ho chiamato così per il fratello di Falcão, una cosa nostra della città”) sono Marco Giallini, che interpreta Giuliano, l’istrionico attore che ha deciso di smettere di combattere una battaglia a vuoto contro il cancro, e Valerio Mastandrea, che è il pacato Tommaso, l’amico d’una vita che, sebbene terrorizzato dall’aereo, ha deciso di farsi il volo dal Canada, dove vive, per cercare in una visita di soli quattro giorni di convincere Giuliano a cambiare idea.

Gli sceneggiatori Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico (quelli di Boris), intervengono poco sullo script originale, e insieme alla regia di Spada si attengono a un generale intervento di supporto funzionale a quello che è il cuore del film, la sovrapposizione tra i personaggi di Giuliano e Tommaso e la vera amicizia di Giallini e Mastandrea – infatti a un certo punto la macchina da presa lascia i due mentre dialogano per inquadrare un’autentica foto dei due attori insieme.

Così Domani è un altro giorno – perché dare al film il titolo di una canzone? – s’affida al ritratto svagato e dolceamaro di due vecchi sodali che si ritrovano per affrontare una questione dolorosa di cui però non parlano veramente mai, mascherandosi dietro un po’ di cinismo e un po’ di gagliofferia, soprattutto il narciso Giuliano, mentre Tommaso gioca di rimessa e cerca solo di contenere l’esuberanza al fondo disperata dell’amico – esattamente il modo in cui non solo il personaggio, ma lo stesso attore Mastandrea si pone, in continuo controcanto d’appoggio a Giallini.

Però così il film, che ha una sua grazia, non trova mai una misura davvero incisiva. Non preannuncia nulla di buono la sequenza sui titoli di testa, il viaggio dal Canada di Tommaso, sottolineata da una di quelle superflue musiche d’ambiente che accompagnano le immagini invece di costituire un elemento della narrazione. Così è la regia, con una macchina da presa che non indaga, non dialoga con gli attori e quel corpo che si suppone malato di Giuliano, ma semplicemente illustra e registra, mantenendosi sempre a distanza di sicurezza da una storia di cui non decide mai di raccontare l’autentico dolore che ne è alla base.

Tutto resta nel non detto, attraverso una ricerca volenterosa di sfumature che si vorrebbero pregnanti e invece non lo sono quasi mai – l’occasione mancata del viaggio a Barcellona per incontrare il figlio di Giuliano. E allora Domani è un altro giorno alla fine parla più di Roma, d’una città dolce e accogliente di quartieri borghesi e giardini e ristoranti attraversati dai due amici nelle loro peregrinazioni senza meta. Le emozioni sono tutte nella familiarità che si intuisce profonda tra i protagonisti, che si muovono quasi come non avessero bisogno di recitare. Ma se questo restituisce allo spettatore la sensazione di un rapporto umano sincero e caloroso, che è uno dei temi del film, lo lascia però privo del significato e delle emozioni della storia che sulla carta dovrebbe essere raccontata.