Alita: Angelo della battaglia, un film fantascientifico che profuma, anche troppo, di amore

Se pensate che Alita: Angelo della Battaglia sia un film di sola azione dobbiamo dirvi solo una cosa: vi state sbagliando.

Alita: Angelo della battaglia

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Alita: Angelo della battaglia è il film che non ti aspetti. Uscito nei cinema italiani il giorno di San Valentino, il film si propone come una fantascientifica trasposizione del manga giapponese Gunnm, edito tra il 1990 ed il 1995, ma quello che appare sullo schermo, soprattutto per chi non lo ha letto, è più un film esageratamente romantico che una pellicola dedicata a fantascienza e battaglie.

Diretto da Robert Rodriguez e prodotto da James Cameron e Jon Landau, Alita: Angelo della battaglia è ambientato in una realtà post-apocalittica, in cui tutta l’umanità superstite si è concentrata in due città: Iron City, la città-fabbrica, e l’inarrivabile Salem, regno di pace e perfezione, che esercita il potere sulla prima. In questa location si inserisce la storia del cyborg Alita, trovato nella discarica di Iron City dal dottor Dyson Ido. Determinato a salvare quello che rimane della giovane replicante, Ido la porterà nella sua casa, dove Alita, grazie ad un corpo meccanico progettato per la figlia del dottore, ormai deceduta, avrà una seconda possibilità.

Il film, nato come progetto di James Cameron nel 2000 ma che è stato realizzato solo a partire dal 2016, si concentra non tanto sulla storia passata di Alita, che la ragazza non riesce a ricordare, quanto sulla sua nuova vita come una normale ragazza ad Iron City. Qui conoscerà Hugo, giovane aiutante di Ido e fuorilegge che, con il suo gruppo di amici, smonta pezzi di cyborg per rivenderli e così guadagnare abbastanza per lasciare la città e trasferirsi a Salem. Proprio lui aiuterà la giovane a recuperare parti importanti della sua memoria, cosa che per la città di Salem sembra costituire un pericolo non di poco conto. Così, man mano che Alita riuscirà a ricostruire il proprio passato, Nova, colui che detiene il potere a Salem ed Iron City, farà di tutto per fermarla, grazie anche al suo aiutante nella Città di Ferro, che controlla gli eventi sportivi del Motorball, Vector.

Le scene di azione, realizzate in modo magistrale grazie anche all’ uso sapiente del ralenti, sono poche e costruite in modo tale da non sovrastare mai la trama, anche perché ogni momento di lotta permette ad Alita di recuperare un brandello della memoria del suo passato, che viene mostrato allo spettatore come flashback. Così, uno scontro dopo l’altro, ricorda i suoi addestramenti volti a padroneggiare la  panzer kunst, l’arte marziale nata e sviluppata sulle colonie del pianeta Marte, i momenti delle sue battaglie passate, il suo nome ed infine il suo scopo ultimo: distruggere Salem.

Alita: Angelo della Battaglia, l’elemento introspettivo del film

Grazie alla sceneggiatura di James Cameron e Laeta Kalogridis, la battaglia di Alita sembra condursi dunque più a livello introspettivo: la ragazza, che porta il nome della figlia assassinata di Ido, lotta per conoscere la sua identità e per poter essere finalmente sé stessa, e non la mera riproduzione di un essere con fattezze umane. E più di ogni cosa, Alita lotta per l’amore.

Proprio questo, per chi vede Alita per la prima volta senza nessuna base fumettistica,  è l’elemento che risulta più fastidioso nel film. L’amore che lega Hugo ad Alita, che all’inizio del film è funzionale per mostrare allo spettatore che la cyborg non è una fredda macchina con sembianze umane – realizzata grazie ad una tecnica di CGI perfezionata per mesi nel 2006– , ma una persona in grado di provare emozioni e sentimenti sinceri, nella seconda parte del film diventa l’elemento preponderante della pellicola. Per Hugo Alita decide di partecipare alle gare di Motorball, in modo tale da poter guadagnare abbastanza crediti per poter andare insieme su Salem, trasformando il legame che li unisce nel fulcro di ogni sua azione, in vista di un futuro vissuto insieme come in una favola, in cui regna sovrano, o dovrebbe, il motto “e vissero felici e contenti”.