Moschettieri del Re con Pierfrancesco Favino, gli antieroi di Giovanni Veronesi tra commedia e attualità (recensione)

Giovanni Veronesi rilegge il mito dei Moschettieri del Re con Pierfrancesco Favino e un cast d'eccezione, portando al cinema una commedia all'italiana velata da sottile attualità (non molto eloquente).


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C’erano una volta i Moschettieri del Re con Pierfrancesco Favino, Sergio Rubini, Rocco Papaleo e Valerio Mastandrea. Un cast stellare, tra i volti più noti del panorama italiano, per un film che rilegge, in maniera comica e attuale, il mito del romanzo di Alexander Dumas.

C’è un motivo per cui i grandi classici della letteratura internazionale andrebbero presi e riadattati con cautela. Spesso si incorre a una trasposizione sbagliata, non sempre eloquente. Talvolta, se ne fa un uso fin troppo dettagliato che rischia di distorcere il prodotto originale. I Moschettieri del Re portati in scena da Giovanni Veronesi sono i protagonisti di un film – diciamo così – coraggioso, che non troviamo spesso nel cinema nostrano.

Basandosi sul romanzo centrale della saga de I Moschettieri, Vent’anni Dopo, il regista di Manuale d’amore riporta in scena i quattro spadaccini, di nuovo al servizio della regina Anna d’Austria (interpretata da Margherita Buy). D’Artagnan ha il volto di Pierfrancesco Favino, ma è rimasto quello di un tempo. Incallito seduttore, ma illetterato, con una parlata a dir poco discutibile. Rocco Papaleo ha le fattezze di Athos, amante della vita e del sesso; Sergio Rubini è invece Aramis, che dopo vent’anni ha abbandonato la divisa per indossare gli abiti ecclesiastici. Infine, Valerio Mastandrea è Porthos, il moschettiere “perduto”, non sembra più quello di un tempo: è dimagrito, è in preda alle visioni, e ha problemi di varia natura. Dopo aver perso i contatti per quasi trent’anni, i Moschettieri si ritrovano in missione segreta – così segreta che a volte se ne perde il filo logico – per conto della regina Anna. Il loro celebre motto, “Uno per tutti, tutti per uno” rischia di essere compromesso a causa delle diversità caratteriali dei quattro protagonisti. Gli antieroi all’italiana, accompagnati dalle note incalzanti di Prisencolinensinainciusol di Celentano, tra commedia e linguaggio moderno tornano in scena in una parodia scanzonata del celebre libro di Dumas.

Moschettieri del Re con Pierfrancesco Favino, Papaleo, Rubini e Mastandrea è un film volutamente autoironico: si prende in giro e sa di farlo. L’idea concepita da Veronesi non è male, il problema si presenta a livello narrativo. Alcuni passaggi sono troppo verbosi e si rischia di perderne il senso. Al contrario, ci sono delle trovate geniali: Olimpia, la damigella della sovrana, spesso interrompe le riflessioni dei Moschiettieri (in uno dei rari momenti di serietà); mentre l’odore acre di D’Artagnan mette in fuga ogni suo destriero.

La rilettura di Veronesi è costruita ad hoc per accompagnare lo spettatore verso un finale inaspettato, velato da una sottile attualità, che non tutti coglieranno. L’ultima scena si mostra come un’opera a se stante, lasciando molto spazio all’immaginazione di chi guarda. Come sottolineato prima, la pellicola offre spunti originali, ma l’ironia non è per tutti.

Moschettieri del Re vi aspetta nelle sale dal 27 dicembre.