Alessandro Preziosi in Sotto Copertura è Michele Zagaria (video): “Da Don Diana al boss per scongiurare il fascino del male”

La trama della prima puntata di Sotto Copertura - La cattura di Zagaria, la vera storia dell'arresto del boss dei Casalesi in onda su Rai1

Alessandro preziosi in Sotto Copertura

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Alessandro Preziosi in Sotto Copertura ha l’arduo compito di impersonare quello che nel 2011 era il camorrista più ricercato d’Italia, quel Michele Zagaria capace di nascondersi per sedici anni nel cuore del suo stesso paesino natale: killer spietato in gioventù e poi abile uomo d’affari senza legami né debolezze in età adulta, è stato il più potente boss della camorra casalese dopo l’arresto di Antonio Iovine, un uomo capace di governare un impero economico da centinaia di milioni di euro pur restando nascosto nei bunker che si era costruito sotto i reticoli di case della sua Casapesenna.

CAST E PERSONAGGI DI SOTTO COPERTURA – LA CATTURA DI ZAGARIA

Un Alessandro Preziosi senza voce (“È l’umidità del bunker” ha scherzato il collega Claudio Gioè) ha parlato in conferenza stampa del suo personaggio definendolo molto “difficile da sviluppare in scrittura, in prova e in scena” e raccontando di aver studiato ossessivamente la figura di Zagaria per calarsi in questo ruolo.

Reduce dall’interpretazione del prete anticamorra assassinato dai Casalesi Don Diana, nella miniserie Per amore del mio popolo in onda tre anni fa, stavolta è passato dall’altra sponda della guerra tra legalità e criminalità per interpretare l’incarnazione del camorrista per eccellenza, costretto in nome della sua sete di potere a trascorre la vita come un topo in un labirinto prima di finire in cella.

Fare Michele Zagaria, che contestualmente appartiene allo stesso periodo di Don Diana, mi ha fatto capire quanto legittimazione del male voglia fare sempre capolino nell’altra faccia della medaglia che è il bene, mentre il bene vero non fa mai capolino nella legittimazione del male. Don Diana per quanto cercasse di attirare intorno a sé persone che frequentavano il mondo delinquenziale a rischio di passare addirittura per uno che era connivente con la Camorra, non ha niente a che vedere con Zagaria, Iovine, tutto il mondo casalese che ti fa sembrare giusto ciò che non lo è e rischia di convincerti. Tutti gli atteggiamenti e la mentalità delinquenziale che fanno parte del mondo campano, che fanno ridere, che ci affascinano e che fanno parte della cultura, dell’intrattenimento teatrale e della letteratura, sono occasioni per capire che il male – come viene raccontato anche attraverso la mia interpretazione – sta anche nell’apparente fascinazione che si ha nel tempo con cui si può interagire con un interlocutore, quando questo ti guarda negli occhi e credi che ci sia un fascino in quello che dice. Questa cosa che va scongiurata: bisogna far capire alla gente che nella vita quotidiana il piccolo contributo alla criminalità organizzata occasionale è sempre dietro l’angolo. In questo personaggio c’è anche la mia esperienza di napoletano che ha avuto a che fare con tanti piccoli satelliti delinquenziali, che quand’ero piccolo mi affascinavano, si mitizzavano e che oggi sono dei poveri cristi che passeranno la loro vita metà dentro un bunker e metà nelle celle di isolamento.

Preziosi ha raccontato di aver lavorato a lungo e in modo ossessivo alla preparazione del personaggio, cercando di non cadere nel rischio di proporre un personaggio-macchietta ma di rendere sullo schermo l’incarnazione del male assoluto che Zagaria ha rappresentato per la sua Terra. Un profilo criminale efferato, dietro cui si nasconde un uomo ricco di contraddizioni sulla cui natura spregiudicata però non ci sono dubbi.

La preparazione è stata ossessiva, ne abbiamo parlato tanto: il primo livello è quello di emulazione circostanziato al mondo napoletano che è anche molto macchiettistico, già fatto brillantemente da Fortunato Cerlino in Gomorra, quindi mi sono ispirato Il sindaco del rione Sanità di Edoardo De Filippo e al Camorrista di Tornatore con Ben Gazzara e soprattutto al doppiaggio straordinario di Mariano Rigillo. Quella sapienza e prepotenza mi interessava moltissimo. Dopodiché mi sono concentrato per capire quanto l’iniquità sia uno stasio intermedio per trasmettere la verità: io ero convinto, mentre lavoravo, che quello che dicevo era la cosa giusta, che non potesse ammettere replica. E questo aspetto è stato sostenuto dall’ossessività con la quale io e Giulio abbiamo lavorato, in modo forse preponderante rispetto al lavoro degli altri, facendo anche quello che non mi competeva ma spero possa essere piaciuto.