Veleno, il dramma della terra dei fuochi nel film con Luisa Ranieri e Massimiliano Gallo

Il film di Diego Olivares denuncia il sistema criminale responsabile dello sversamento illegale dei rifiuti in Campania. Un disastro ambientale che avvelena la terra e gli animi, raccontato con piglio da cinema civile. Nel cast anche Salvatore Esposito.

Veleno, il film sulla terra dei fuochi con Luisa Ranieri

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Veleno, il nuovo film di Diego Olivares, all’ultimo festival di Venezia è stato l’evento di chiusura della Settimana della Critica, dove ha raccolto convinti apprezzamenti. Realizzato dalla Bronx Film di Gaetano Di Vaio, insieme a Minerva Pictures e Tunnel produzioni, è un coraggioso esempio di cinema di impegno civile. Il veleno del titolo è quello che inquina la Terra dei fuochi in Campania, uno dei più gravi disastri ambientali contemporanei che, a seguito dello sversamento illegale di rifiuti nelle province di Caserta e Napoli, ha causato anche un drammatico innalzamento nell’incidenza di tumori nell’area.

Veleno è la storia di un sistema criminale, incarnato da un piccolo boss viscido (Nando Paone) e dal nuovo volto ripulito della malavita, l’avvocato Rino (Salvatore Esposito), che usa arti più melliflue e ha ambizioni da sindaco, i quali taglieggiano, per obbligarla a vendere la proprietà, una famiglia di agricoltori, Cosimo (Massimiliano Gallo) e la moglie Rosaria (Luisa Ranieri). Loro sono ostinatamente fedeli alla terra e alla memoria. Ma il fratello di Cosimo, Ezio (Gennaro Di Colandrea) e sua moglie (Miriam Candurro) sarebbero disposti a vendere, pronti a sacrificare gli ideali sull’altare di un guadagno facile. Il veleno non inquina solo la terra ma corrompe l’anima, a causa di un potere violento e illegale capace di spezzare i vincoli familiari e il legame con la propria storia, le proprie radici.

Il tema di Veleno è forte e nobile, le intenzioni chiare e chiaramente perseguite. Ma non si può non rilevare, nel film sulla Terra dei fuochi con Luisa Ranieri e Massimiliano Gallo, una tendenza alla semplificazione, la rappresentazione di un mondo troppo nettamente distinto tra buoni e cattivi, come si evince sin dalla prima sequenza che, in montaggio parallelo, mostra Cosimo e Rosaria che hanno appena avuto una buona notizia (la gravidanza di lei) e poi gli sgherri della camorra inviati in una missione intimidatoria contro l’onesto agricoltore.

Salvatore Esposito è Rino, un mellifluo avvocato, simbolo di una nuova generazione criminale.

Veleno, oltretutto, pur mostrando il contesto e gli stili di vita rapaci della nuova classe dirigente criminale, non riesce a mantenere sulla materia uno sguardo lucido e analitico, ma tende da un lato al sensazionalismo gomorresco (la passione per le prostitute di Rino, la totale assenza dello Stato), dall’altro all’uso di una chiave pesantemente melodrammatica, affastellando una serie di disgrazie – tumori, gravidanze a rischio, pedofilia – che squilibrano e intaccano la verosimiglianza del racconto, sebbene il film sia ispirato a una vicenda reale. Con l’effetto, tipico del melodramma, che ci si finisce per concentrare troppo sui personaggi – la fiera resistenza di Cosimo, il coraggio di Rosaria quando è messa alle strette –, perdendo di vista la questione di fondo.

Resta la sensazione di aver visto un film più importante che riuscito, con qualche incertezza stilistica e narrativa (la scansione del racconto a quadri staccati), e interpreti generosi però ingabbiati in ruoli monocordi (il migliore è quello di Nando Paone, boss repellente, segaligno, con una sinistra passione per le bambine).