The War, l’ultimo capitolo della saga del pianeta delle scimmie (recensione)

Il film diretto da Matt Reeves racconta lo scontro tra uomini e primati come un’epopea da cinema classico, tra western e genere bellico. Le sofisicate tecniche digitali consentono a Andy Serkis, nella parte della scimmia Cesare, un’interpretazione ricca di sfumature. E si comincia a parlare di nomination all’Oscar.

The War – Il pianeta delle scimmie, recensione

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The War – Il pianeta delle scimmie è il terzo e forse conclusivo episodio – ma con i franchise non è mai detta l’ultima parola, finché il botteghino regge – della rinnovata saga dei primati intelligenti nata negli anni Sessanta da un romanzo di Pierre Boulle. Nella seconda puntata Apes Revolution avevamo lasciato Cesare (Andy Serkis), pacifico leader delle scimmie, costretto a fronteggiare la possibilità dello scoppio d’un conflitto da lui non voluto.

In The War – Il pianeta delle scimmie si è ormai nel pieno della guerra: e sono inutili i tentativi di Cesare di negoziare la pace, perché il nemico è un fanatico colonnello (Woody Harrelson) con tentazioni eugenetiche paranaziste, che vuole sterminare i primati. Quando il militare gli uccide moglie e figlio, Cesare dimentica di essere il capo che dovrebbe traghettare la sua gente verso la terra promessa, e abbandona la comunità, accecato dalla sete di vendetta.

Famiglia, vendetta, lo scontro tra due caratteri agli antipodi: The War – Il pianeta delle scimmie ha le cadenze d’un western, a conferma di quanto s’era già visto nell’episodio precedente, in cui uomini e scimmie sembravano cowboy e indiani. Al genere per eccellenza del cinema americano si aggiunge stavolta il film di guerra, nella variante meno manichea del Vietnam movie, come dimostra il colonello rapato, farneticante, segnato dalla colpa esemplato sul Kurtz di Marlon Brando – c’è pure una pedestre citazione del capolavoro di Francis Coppola, la scritta “Ape-pocalypse now” (!).

Matt Reeves scolpisce un racconto epico che rimanda ai classici del cinema, citati generosamente: le scimmie cavalcano nella neve come John Wayne in Sentieri selvaggi, una ragazzina s’aggira in uno scenario di morte come la bimba col cappottino rosso di Schindler’s list, la parte nel campo di prigionia ricorda La grande fuga e l’esodo della tribù ha le cadenze d’un film biblico.

Quest’accumulo di generi serve a Matt Reeves per dare a The War – Il pianeta delle scimmie il sapore dell’atto fondativo d’una nuova epopea: al centro della quale sono definitivamente poste le scimmie, con gli uomini ridotti a comprimari. Se in Apes Revolution lo spettatore poteva ancora identificarsi con i personaggi umani, stavolta la storia è completamente narrata dal punto di vista emotivo delle scimmie. Il protagonista indiscusso del film è Cesare: e infatti ci si comincia a interrogare sulla possibilità di una nomination agli Oscar per Andy Serkis, sebbene la sua sia un’interpretazione in performance capture – il talento dell’attore e gli effetti digitali arricchiscono l’espressività del primate di sfumature impensabili.

Tra scimmie intelligentissime protagoniste e umani che perdono l’uso della parola schiacciati sullo sfondo, The War – Il pianeta delle scimmie ribalta le tradizionali gerarchie, ed è come se tanti dibattiti su dignità e diritti degli animali trovassero una traduzione nell’evidenza fisica d’una narrazione che rende visivamente palpabile quel filo rosso che lega uomini e primati. Matt Reeves costruisce un’epica grandiosa e appassionante, che ha però gli stessi difetti di Apes Revolution, la meccanicità d’un racconto elementare, con personaggi granitici dai sentimenti scolpiti nel marmo. Come un vecchio western, appunto, appena un po’ aggiornato.