Baywatch, un piacere proibito che solo il trash di una commedia demenziale sa dare (recensione)

La recensione di Baywatch, film remake della serie cult anni '90 senza troppe pretese (e che per questo funziona)

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Al mondo ci sono due tipi di persone: coloro a cui piace il trash, e coloro che non lo ammettono. Sono fermamente convinta che ci sia un lato primordiale, ferale dell’animo umano che freme al solo pensiero di osservare da vicino questo mondo idealmente così avulso da noi, ma che praticamente ci attrae come una calamita – avete presente quando la domenica guardate Barbara d’Urso con la scusa che il vostro nonno/a col quale pranzate ne è un grande fan? Ecco: Baywatch, film remake dell’iconica serie tv anni ’90, è precisamente la risposta a questo bisogno umano, che quasi quasi nella piramide di Maslow varrebbe la pena posizionare sulla base.

Dwayne Johnson, Zac Efron, Alexandra Daddario, Kelly Rohrbach, Ilfenesh Hadera e Jon Bass sono i fantastici 6 che riprendono – più o meno tutti – i personaggi dell’originale Baywatch, dai celeberrimi Mitch e C.J. ai (forse) meno noti Matt Brody e Summer Quinn. Volendo passare oltre l’eccessiva e inevitabile stereotipizzazione di alcuni archetipi della specie umana, dal nerd programmatore di computer al belloccio senza cervello, il cast fa abbastanza bene il suo dovere: in particolare è da notare l’alchimia tra Johnson e Efron, che da sola è in grado di reggere praticamente tutto il film.

Quello che tuttavia è importante di Baywatch non è il casting, né la fotografia, né la regia, né qualsiasi altro metro di giudizio normalmente utilizzato per una recensione: di Baywatch bisogna cogliere l’essenza, ovvero quella di un film che non si prende sul serio né vuole essere preso sul serio. È un film consapevole dei suoi limiti e ben conscio di essere ispirato a una serie tv con una trama ai limiti del surreale – come non manca di notare Matt Brody/Zac Efron in più parti della pellicola -, e che per questo non desidera altro che fare quello che fa: strappare due risate con battute più o meno divertenti, più o meno sconce, più o meno prevedibili.

Il punto è che, partendo da una base assolutamente neutra, senza pregiudizi né aspettative, Baywatch riesce benissimo nel suo intento. Cose che farebbero arricciare il naso se sentite per strada (tipo The Rock che dice, testuali parole, “uscirlo su Snapchat”) qui fanno ridere, hanno quasi un valore catartico: usciti dalla sala ci si sente immediatamente liberi da ogni colpa, come se l’idiozia di cui siamo stati appena testimoni in qualche modo giustifichi il fatto che ne abbiamo riso.

C’è poi il problema a monte di ogni remake o reboot: il paragone con l’originale. Qui Seth Gordon riesce bene a gestirlo, cambiando completamente l’atmosfera, che da inconsapevolmente seriosa diventa volutamente più leggera e quasi canzonatoria nei confronti della serie tv, e inserendo in maniera geniale i riusciti cameo di David Hasselhoff e Pamela Anderson, i “veri” Mitch Buchannon e C.J. Parker.

Ciò non significa che Baywatch sia un bel film, nel senso estetico e comune che si vuole dare al termine “bello”. Non è bello perché non ha una trama avvincente, non è bello perché è tutto molto finto, perché Priyanka Chopra – ma non solo – ha una recitazione che definire di plastica è un complimento, perché come già detto non si può fare a meno di ricadere sempre nei soliti stereotipi. Eppure, per qualche strano motivo, Baywatch ha un nonsoché che lo fa funzionare: è così brutto, come ho pensato uscendo dal cinema, che alla fine è quasi bello.

Come disse qualcuno di più saggio di me, tirando le fila di questo discorso, un critico (o aspirante tale) non dovrebbe limitarsi a mettere un pollice su o giù, bollando un prodotto come bello o brutto. Quello che dovrei fare in questo momento è dirvi se Baywatch merita o no il vostro tempo, e la risposta è sì: se quello che cercate sono due ore di mente svuotata e pronta per essere riempita da battute idiote e totalmente disimpegnate, allora dovreste già avere in mano un biglietto per il cinema. La vostra anima trash non vi ringrazierà mai abbastanza.