Al Giffoni Film Festival 2016 i Manetti Bros “Raccontiamo una Napoli senza stereotipi”

Ospiti del Giffoni Film festival i registi di “Song ’e Napule” raccontano il loro cinema e il rapporto con Napoli. Dove hanno appena finito di girare il loro prossimo film.

Giffoni Film Festival 2016 arrivano i Manetti Bros

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Dopo il successo di Song ’e Napule i Manetti Bros. sono tornati “sul luogo del delitto” e hanno appena finito di girare nella città partenopea un nuovo film che per ora ha un titolo di lavorazione provvisorio che è “Nun è Napule”. Quasi inevitabile quindi che l’incontro con i ragazzi del Giffoni Film Festival, orchestrato dal critico Francesco Alò, finisse per parlare di una città per la quale Marco e Antonio Manetti hanno maturato un affetto profondo.

Abbiamo voluto fare un film sul pregiudizio – esordiscono i Manetti Bros. –, quel pregiudizio che dipinge Napoli come brutta e triste. Ma questo è inevitabile se alla fine tutti i racconti sulla città sono incentrati su periferie e camorristi. Invece Napoli è una città allegra e solare, e noi abbiamo cercato di restituire anche questi aspetti. Ci ha aiutato molto, per esempio, girare nel centro di Napoli. Siamo stati i primi a farlo, incassando lo scetticismo degli stessi operatori del settore che ci sconsigliavano di farlo, dicendo che era logisticamente troppo difficile. Noi ci siamo intestarditi su questa scelta, e abbiamo scoperto che era una cosa facilissima. Questo ha aiutato a dare un certo sapore al film. E oggi tante produzioni hanno riscoperto il centro della città, forse anche un po’ per merito nostro”.

Altro fattore contro i pregiudizi di Song ’e Napule è quello che riguarda il modo in cui vengono raccontati i neomelodici. “L’idea iniziale del film – continuano i Manetti Bros. –, che veniva da Giampaolo Morelli, era quella di un poliziotto che fa l’infiltrato e grazie a un neomelodico riesce ad arrivare al boss della camorra. Ma così ci saremmo fermati allo stereotipo del neomelodico colluso con la malavita. Perciò alla fine abbiamo costruito un ritratto del mondo dei cantanti napoletani molto diverso, che secondo noi corrisponde assai più alla realtà. È la ragione per cui nel film non abbiamo mai voluto usare il termine “neomelodico”, che ormai è un’etichetta svalutante per un mondo di artisti assai più vario di quel che si pensi”.

https://youtu.be/bwXdxlospg0

“La stessa cosa abbiamo fatto – continuano i Manetti Bros. – con il personaggio del camorrista Serracane. Per prima cosa l’abbiamo fatto interpretare da un attore di un’innata eleganza, Peppe Servillo. E poi abbiamo costruito il personaggio in maniera non monolitica: la prima volta in cui appare è in una scena con i figli, in cui mostra la sua umanità. Perché anche un criminale incallito può possedere dei tratti positivi e noi volevamo arricchire il personaggio con elementi secondo noi più realistici. Non capiamo invece come sia possibile per i napoletani riconoscersi nei personaggi così cupi di Gomorra, mentre nella mia esperienza diretta i partenopei sono allegri, solari. Questo volevamo fare, raccontare Napoli per quello che è”.

Ciò non significa che i Manetti Bros. vogliano fare dei film di impegno civile, in questo sono assai chiari: “Se si ha bisogno di lanciare un messaggio non capiamo perché scegliere il cinema, sarebbe molto meglio scrivere un saggio. La funzione del cinema, dell’arte è così ampia e importante che verrebbe sminuita se ridotta alla veicolazione di un messaggio. E non è nemmeno vero che un film sia migliore perché parla, faccio un esempio, del dramma degli extracomunitari nella luce moralmente più giusta. Così si rischia di ingabbiare il racconto. La bellezza e la profondità di un film va al di là della positività dei messaggi che veicola, è legata alla forza della storia, dei personaggi, delle emozioni. Che vengono persino prima dell’estetica, della bella fotografia o dei movimenti di macchina perfetti”.