Star Wars: Il risveglio della Forza. Ecco la recensione

Il film più atteso dell'anno: Star Wars passa dalle mani di George Lucas a quelle di J.J. Abrams e della Disney. E non deluderà i fan: perché è un ritorno alle origini, che ritrova i personaggi della serie classica, da Han Solo a Luke Skywalker. E scatta subito l'effetto nostalgia.

Star Wars: Il risveglio della Forza recensione

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Star Wars: Il risveglio della Forza finalmente è arrivato, dopo un anno intero di martellante battage pubblicitario fatto di notizie centellinate, immagini “rubate” dal set, promo e teaser trailer. Gli elementi essenziali sono noti quindi a tutti, fan o meno.

Star Wars: da George Lucas a J.J. Abrams

Primo: a partire da questo film Star Wars non è più una creatura di George Lucas, suo storico ideatore nonché regista della maggior parte degli episodi. La LucasFilm è stata rilevata nel 2012 dalla Disney (aggiungendosi a Pixar e Marvel, a comporre una sorta di concentrazione capitalista dell’immaginario) che subito annunciò l’uscita del settimo episodio per il 2015 (non sono mancati strascichi polemici nelle dichiarazioni di Lucas circa la sua estromissione dal film).

Secondo: la nuova mente direttiva della serie è J.J. Abrams. Scelta naturale, perché si tratta del regista che insieme a Christopher Nolan ha impresso negli ultimi anni la più vertiginosa accelerazione alle partiture temporali dello storytelling contemporaneo. Ha creato Lost, una serie televisiva seminale per la capacità di mescolare flashback e flashforward e al cinema aveva già rinnovato l’universo narrativo di Star Trek, dirigendo l’episodio del 2009, che riazzerava la serie con un reboot che era insieme prequel e sequel della serie originale.

Nessuno era più adatto di lui per mettere mano a un brand come Star Wars che nasce con una filosofia seriale. E in Star Wars: Il risveglio della Forza è palese quanto lo stesso Abrams sia un fan della saga, un accanito esperto di cultura pop che conosce l’importanza, quando si racconta o riracconta una storia, di rispettarne tradizione e coerenza dei personaggi, cui gli appassionati sono visceralmente legati.

La Forza è la storia, non gli effetti speciali

In Star Wars: Il risveglio della Forza, Abrams ragiona in ottica seriale, puntando sul valore della continuità narrativa della saga, realizzando, come ha sempre dichiarato, un film per i fan. E ha ragione: perché è impossibile oggi catturare il pubblico solo con la fantasmagoria visiva. Qualunque film di supereroi è zeppo di effetti speciali e quindi, per assurdo, gli smaliziatissimi spettatori contemporanei non si sbalordiscono più di nulla, perché sono stati abituati dal digitale ad attendersi cose incredibili. E allora lo straordinario diventa ordinario e qualunque film sembra una copia del precedente. Come diceva Franco La Polla, critico raffinatissimo ma senza la puzza sotto il naso e grande appassionato di fantascienza: “Quando hai visto un’astronave di plastica, le hai viste tutte”.

Quindi che cosa rimane per agganciare il pubblico? La storia, appunto. Ed è la ragione dell’embargo ossessivo e finanche terroristico della Disney, che non vuole si svelino i dettagli della trama. Perché l’unica cosa che può davvero catturare gli spettatori sono gli snodi narrativi, le relazioni e i caratteri dei personaggi. D’altronde quel grande testo fantasy che è Star Wars (un’altra disputa dei fan è se si tratti di un film di fantascienza o fantasy, io opto per la seconda ipotesi), nutrito di suggestioni medievali, tra cavalieri e poteri magici, non poteva che cercare di riattivare gli strumenti dell’epica e della fiaba: quindi ci sono personaggi fissi, l’eroe e l’antagonista, l’aiutante e il delatore, e un racconto tra colpi di scena, agnizioni, tradimenti.

Effetto nostalgia

In più Star Wars: Il risveglio della Forza punta sul potentissimo effetto nostalgia. Intendiamoci, la nostalgia era una spezia che Lucas usò sin dalle origini, perché già il primo Star Wars del 1977 era ricco di citazioni e riferimenti al cinema del passato (è pur sempre il regista di American Graffiti, il film che ha stabilito il canone della nostalgia contemporanea).

Ma oggi è diverso: perché quella a cui Star Wars: Il risveglio della Forza attinge a piene mani è una nostalgia tutta interna a una serie che ha ormai la statura di un classico. Per cui sarà impossibile per uno spettatore con più di quarant’anni (Abrams è chiaramente tra questi) non emozionarsi all’apparizione di Harrison Ford-Han Solo, Mark Hamill-Luke Skywalker e Carrie Fisher-Leia. Ma in realtà, poiché ormai la nostra sfera affettiva è in gran parte legata al rapporto con merci e consumi culturali, la stessa meccanica nostalgica si innescherà anche per le generazioni più giovani, che hanno visto solo successivamente, di sicuro nemmeno al cinema, la vecchia trilogia di Star Wars. Non è un caso che in uno dei primi teaser trailer Han Solo compaia pronunciando la battuta “Siamo a casa”. Questa è esattamente l’emozione che il film vuole attivare: la sensazione del ritorno a un mondo familiare, quello della saga ma anche quello sentimentale del pubblico, cui è concesso di farsi cullare dalla storia con gusto quasi fanciullesco. E sotto questo profilo Star Wars: Il risveglio della Forza funziona magnificamente.

Quindi? È bello o brutto? (no spoiler!)

Il film piacerà sicuramente ai fan, perché recupera lo spirito più semplice e favolistico della trilogia più antica, molto amata dagli appassionati, che invece non hanno mai gradito, con un giudizio invero ingeneroso, quella degli episodi I-III. Di questi ultimi Abrams mantiene il gigantismo della rappresentazione solo per le parti in cui descrive il nemico totalitario, che assume adesso il nome di Primo Ordine. Ma per il resto il film ha il passo della pellicola del 1977, della quale per certi versi è un remake, o meglio un reboot.

Star Wars: Il risveglio della Forza mette in primo piano i personaggi posti di fronte alle loro emozioni elementari, odio, amore, coraggio, paura. La tecnologia e l’azione svolgono con cura il proprio ruolo – il ritmo è certamente più disinvolto e meno enfatico che nella prima trilogia –, ma accompagnano il racconto dei sentimenti, in un film che parla del passare del tempo e del rapporto tra padri e figli, perché in fondo descrive il passaggio di testimone dalla generazione degli Han Solo e Leia a quella dei nuovi protagonisti, Rey (Daisy Ridley) e Finn (John Boyega). Tutti impegnati nella ricerca fisica e simbolica di Luke Skywalker, senza il quale è impossibile sfidare il nemico, incarnato da Kylo Ren (Adam Driver), anch’egli nuova generazione, seppure del male.

Star Wars: Il risveglio della Forza è molto lontano dai complicatissimi meccanismi narrativi del cinema di genere del terzo millennio. Non c’è nessun puzzle cervellotico o andirivieni temporale: il film tradisce un bisogno di semplicità e linearità, tanto nei sentimenti quanto nelle storie, e potrebbe costituire un’interessante indicazione per lo storytelling nei prossimi anni. Un cinema umanista, in cui le persone sono sempre in primo piano, senza annegare mai tra gli effetti speciali. Di qui la scelta, intelligente, di dare finalmente un volto agli assaltatori, l’esercito dei bianchi soldati, che sono sempre stati anonimi bersagli da eliminare, come in un videogioco. Invece qui, grazie a Finn, militare che si ribella per un caso di coscienza, diventano persone. Ed è il segno più forte di un film che sembra quindi muoversi in una direzione coerente e apprezzabile.