The Walk: camminando tra le Torri Gemelle

Zemeckis racconta l'impresa del funambolo che passeggiò tra le Twin Towers. Il film trasporta lo spettatore sul cavo d'acciaio, facendogli assaporare la fatica fisica e l’esaltazione spirituale. Lasciano senza fiato le Torri Gemelle ricreate al computer, che trasformano "The Walk" in una nostalgica elegia.

The Walk camminando tra le Torri Gemelle

INTERAZIONI: 50

Il 7 agosto del 1974 Philippe Petit mette a segno “il colpo”, come lo chiama con gergo divertito da malavitoso: una camminata su un cavo d’acciaio sospeso a quattrocento metri d’altezza tra le Torri Gemelle a New York. A dire il vero, su quel filo il funambolo francese c’è restato oltremisura: coi (troppi) libri dedicati alla sua artistica follia e il documentario che ripercorre quell’avventura, Man on Wire di James Marsh. Nel quale, essendo pochissime le immagini che documentano l’evento, più che l’estatica passeggiata si è costretti a sorbirsi lo sproloquio non poco narcisistico di Petit, eterno ostaggio della sua impresa mistica.

Per questo attendevamo The Walk di Robert Zemeckis, tratto da Toccare le nuvole, resoconto dell’azione visionaria di Petit (un mimetico Joseph Gordon-Levitt nel film): per mettere fine alla fumisteria insoddisfacente delle parole ed entrare fisicamente nella vertigine del vuoto vissuta dal funambolo.

E Zemeckis, che ha segnato l’immaginario attraverso film d’innovativa sperimentalità visiva (Chi ha incastrato Roger Rabbit, Forrest Gump), soddisfa le aspettative. The Walk è un viaggio ad altezze siderali, dove non ci sono che nuvole, silenzio e il profilo di vetro e acciaio delle Twin Towers.

Il regista non ha mai usato gli effetti speciali per sbalordire, come in quei film supereroistici in cui fagocitano la storia e si fanno ammirare per se stessi. Per Zemeckis la computer graphic è al servizio del racconto, degli uomini e della realtà. Questo in Forrest Gump si traduceva nella riscrittura della storia patria, con la materializzazione degli incontri impossibili del protagonista con i presidenti americani, o nel librarsi leggerissimo di una piuma. E The Walk tratta Petit con la stessa incantata levità di quella piuma, inseguendo i volteggi di un’avventura talmente incredibile da sembrare reale e irreale allo stesso tempo.

Il film stenta a carburare e sono superflui tanto il prologo sulla nascita della vocazione del protagonista in una Parigi caramellata alla Amélie, quanto la composizione della banda che aiuta Petit a organizzare l’impresa. The Walk cresce quando trasporta gli spettatori nell’incertezza di uno spazio terso e puro, facendogli vivere, attraverso la soggettiva di Petit, la fatica fisica e l’esaltazione di un’esperienza spirituale. Solo allora ha senso, arrischiandosi in territori onirici e surreali, visualizzando l’incontro tra un uomo e un uccello o prefigurando l’incubo della caduta nel vuoto.

Che rimanda immediatamente a un’altra caduta, purtroppo vera, stagliata nell’immaginario occidentale: quella dell’uomo che si gettò dalle Torri che stavano per franare l’11 settembre. È persino superfluo dirlo, The Walk è soprattutto un film sulle Twin Towers, insieme elegia ed epicedio destinati a quelle che la storia ha trasformato in un fortissimo simbolo identitario. Zemeckis le riporta in vita, ricordando quanto poco gli americani le amassero allora e quanto l’impresa di Petit aiutò a infondere in esse un’anima. Ed è a quel punto che gli effetti speciali, dando letteralmente forma al desiderio di rivedere ciò che non esiste più, assumono le cadenze d’una poesia intimista e sentimentale.
https://youtu.be/rH_Aao34C4g