Torno indietro e cambio vita: Bova e Memphis a spasso nel tempo

I fratelli Vanzina hanno sempre amato mettere in scena il passato, dai tempi di "Sapore di mare". Ecco allora un racconto tutto sul filo della nostalgia, coi due protagonisti catapultati per magia nel 1990. Ma è un’epoca emotivamente estranea agli autori, e si sente. Il risultato è un film anacronistico e insapore.

Torno indietro e cambio vita con Bova Memphis

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Non fatevi ingannare dal titolo del film: i Vanzina, Carlo regista ed Enrico sceneggiatore, non cambiano mai e nemmeno i loro personaggi. In Torno indietro e cambio vita Marco (Raoul Bova) è sposato con Giulia (Giulia Michelini), con cui sta insieme da 25 anni, ha un figlio e un ottimo lavoro. Lei però lo lascia per un altro: lui disperato parla con l’amico di sempre, Claudio (Ricky Memphis), esprimendo il desiderio di tornare indietro nel tempo per cambiare tutto. Esaudito immediatamente: i due si ritrovano nella Roma del 1990 (continuano a essere Bova e Memphis ma, non si sa come, tutti li vedono diciottenni), con i genitori giovani, l’ultimo anno di scuola e naturalmente Giulia, innamorata persa di Marco, che fa di tutto per sfuggirle.

Lasciamo perdere gli anacronismi e i buchi di sceneggiatura (però lo smartphone che nel 1990 si collega a internet devono spiegarcelo). È tutto il cinema dei Vanzina a essere anacronistico, coi suoi elementari meccanismi narrativi e la tentazione del passato sempre dietro l’angolo. Il protagonista ha un problema, ovviamente sentimentale, l’unico contemplato nei loro film. E la soluzione qual è, secondo gli autori? Affrontare la realtà? Per niente: meglio, sul filo d’una inguaribile nostalgia, incistarsi nei bei tempi andati.

Nessuna sorpresa, il cinema dei Vanzina non ha mai aspirato a raccontare la contemporaneità. Anche negli anni Ottanta, quando secondo alcuni le loro pellicole costituivano uno specchio sociologico dell’epoca, si mantenevano sempre a una certa distanza dalla realtà, filtrandola attraverso un occhio nutrito soprattutto d’un immaginario cinematografico vintage. Osservando il presente, cioè, con lo sguardo rivolto al passato.

I Vanzina hanno sempre orecchiato la cronaca del tempo, prendendone i brandelli più vistosi da spalmare come una patina d’attualità sul loro canovaccio retrò che racconta un immodificabile maschio italiano, infingardo, sessuomane, indolente. Persino quando mettevano in scena gli “yuppies”, li ritraevano rispettando quella cornice: erano sì aspiranti manager ambiziosi e consumisti, a caccia di successo e modelle (basta dottoresse e infermiere da erotomani frustrati di provincia, era il momento delle bellissime, a segnare lo scatto in avanti della società affluente degli anni Ottanta), ma sotto sotto restavano gli italiani di sempre, non abbastanza cattivi e vigliacchi, immaturi, sentimentali.

E allora, poiché per loro il presente è solo una pallida imitazione – meno coinvolgente e rassicurante – dell’amato passato, meglio mettere in scena direttamente questo. Semmai, in Torno indietro e cambio vita, il disagio deriva dal dover raccontare un’epoca che per formazione non appartiene ai Vanzina, verso la quale non nutrono alcuna adesione sentimentale. Infatti l’unico ruolo che funziona è quello di Aldo (Max Tortora), il padre di Marco, un uomo della loro generazione, cui possono far indossare tutte le caratteristiche prototipiche: cialtroneria, grossolanità, tendenza al tradimento. Gli altri personaggi sono tutti esangui, Bova compreso nel noioso ruolo del bravo ragazzo.

La morale è che non si può andare contro il destino: se provi a cambiare le cose, quelle alla fine si ripetono. Però non è come diceva Marx: nei film dei Vanzina è tutta una farsa, sin dall’inizio.

https://youtu.be/V4LgXBzGceA