Una storia sbagliata: il futuro del cinema corre sul web

Sperimenta nuovi canali di distribuzione il film di Gianluca Maria Tavarelli, proiettato contemporaneamente in streaming digitale e nei cinema. E anche la “prima” è via web. Peccato che il racconto di una coppia italiana travolta dalla guerra in Iraq non sia all’altezza.

Una storia sbagliata cinema corre sul web

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Roberto e Stefania sono una giovane coppia di Gela. Anzi lo erano, perché lui (Francesco Scianna), militare di carriera, è stato ucciso in Iraq dall’attentato di un kamikaze. Allora lei (Isabella Ragonese), infermiera pediatrica, si aggrega a una missione umanitaria in Iraq il cui obiettivo è curare i bambini affetti dal labbro leporino. Il suo scopo però è un altro: trovare la famiglia dell’uomo che ha causato la morte del compagno. Per questo corrompe Khaleed (Mehdi Dehbi), l’interprete della missione, l’unico in grado di farla uscire dai confini protetti dell’ospedale per inoltrarsi tra i villaggi iracheni alla ricerca di qualche indizio.

Una storia sbagliata segna il ritorno al cinema del regista Gianluca Maria Tavarelli, dopo anni di fiction tv, dal commissario Montalbano ai biopic di Borsellino, Aldo Moro, Montessori. Il film sperimenta nuove logiche distributive, guardando alla sinergia tra sala tradizionale e digitale su cui sta scommettendo Palomar, la società che ha prodotto la pellicola, proiettata contemporaneamente nei cinema e sulla piattaforma on demand di MyMovies, che ha anche organizzato una première gratuita sul proprio sito in collaborazione con “la Repubblica”. Irrituale anche la prima in sala, una proiezione “pirata” organizzata dall’America, il cinema dismesso di Trastevere occupato e rilanciato come spazio indipendente.

Il racconto è costruito attraverso un didascalico montaggio parallelo in cui si succedono scene del passato della coppia e il presente di Stefania in Iraq. Come se gli interrogativi di un tempo – l’impossibilità per la donna di comprendere i silenzi di Roberto, turbato e allo stesso tempo attratto dalla guerra, alla quale torna più volte – potessero ottenere una risposta soltanto recandosi sul posto.

L’alternanza tra la Gela del petrolchimico e il mondo arabo vorrebbe poi suggerire che c’è un destino che accomuna i paesi segnati dall’avidità legata al petrolio: ma il dialogo del primo appuntamento tra Roberto e Stefania, in cui lei parla battagliera di incidenza dei tumori, lui non ascolta nemmeno una parola, le chiede di baciarla e lei accetta, la dice lunga su quanto l’accostamento resti velleitario.

Potenzialmente è interessante il personaggio di Stefania. Che giunge in Iraq non spinta da ragioni umanitarie ma dall’ossessione di un dolore cui dare senso, e per farlo è disposta a imbrogliare e ricattare, con un egoismo che mette a repentaglio le vite degli altri. La complessità però resta sulla carta: perché l’infermiera, confrontandosi con la realtà che le ruota intorno, stempera la sua ostinazione, in nome della sofferenza che accomuna e non divide. Un cambiamento di prospettiva troppo meccanico, cui l’interpretazione della Ragonese non offre motivazioni plausibili. Certo non aiuta l’Iraq ricreato in Tunisia per ragioni produttive: quasi impalpabile, inerte, tra la tranquilla oasi ospedaliera, una guerra distante che non diventa minaccia concreta e condizioni ambientali mai fisicamente ed emotivamente opprimenti.

Lodevole nelle intenzioni Una storia sbagliata soffre d’una messa in scena e un ritmo televisivi: un racconto buonista e politicamente corretto di un confronto con la diversità e il dolore che alla fine rende immancabilmente migliori, capaci di perdonare l’imperdonabile e andare avanti.