Italiano medio: il fenomeno Maccio Capatonda sbarca al cinema

Convince l’esordio nel lungometraggio di Marcello Macchia, alias Maccio, che riprende uno dei suoi finti trailer che spopolano sul web. Il film è una galleria di ritratti italiani volutamente sgradevoli, in cui la volgarità è usata con intelligenza, senza ammiccamenti da cinepanettone.

Italiano medio Maccio Capatonda arriva al cinema

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Marcello Macchia alias Maccio Capatonda è un fenomeno mediatico di questi ultimi anni, in perenne movimento tra on e off line: milioni di visualizzazioni su YouTube dei suoi finti trailer, la partecipazione a “Mai dire…” della Gialappa’s band, “Mario” su Mtv e spot e video virali per brand affermati.

Mancava solo il cinema, arrivato con questo film, scritto, diretto e interpretato da Macchia, supportato dai sodali di sempre, Luigi Luciano ed Enrico Venti. La struttura del racconto è quella dell’omonimo finto trailer Italiano medio, il più divertente dei suoi ritratti in pillole del bestiario italiano.

Giulio Verme (Macchia) è un ambientalista convinto, che “voleva fare la differenza” e invece fa solo la differenziata, lavorando a un centro di riciclaggio dei rifiuti. La sua ossessione gli sta rovinando la vita. Il vecchio amico Alfonzo (Luciano) gli dà una pillola che altera l’uso delle facoltà cerebrali, depotenziandole fino a un drammatico 2%. Ed ecco spalancarsi le porte dell’incoscienza: il dottor Jekyll Giulio si trasforma in tutto ciò che detesta, un mister Hyde volgare e superficiale, i cui unici obiettivi sono copulare con quante più donne è possibile e raggiungere il successo televisivo, che puntualmente arriverà grazie al reality MasterVip.
http://youtu.be/MP3qVe8uh70
Naturalmente c’era il rischio che, una volta diluito nel lungometraggio, lo spunto dell’esilarante corto mostrasse la corda. Ed effettivamente emergono alcuni cedimenti discutibili: dall’uso di troppe citazioni di altri film – Arancia meccanica, Fight club, Limitless – al ricorso a battute tormentone da sketch televisivo, fino a meccanismi comici elementari come i nomi storpiati – Alessandro Del Pirlo, Roberto Salviamolo, Just Caviale – e giochi di parole da scuole medie – “in via del tutto eccezionale” diventa una strada di Milano.

Ma Macchia non è uno sprovveduto, è conscio dei materiali bassi che utilizza: per questo non li abbellisce, ma li restituisce nella loro deprimente volgarità letterale. In Italiano medio ci sono talvolta battute da cinepanettone, ma senza gli ammiccamenti tipici del genere, con invece la consapevolezza del grado zero culturale di cui è figlia quella comicità, impiegata per mostrare e allo stesso tempo tenere a distanza gli stili di vita rappresentati. Di cui l’orrore massmediologico del reality MasterVip diventa l’apoteosi, con un gusto per la sgradevolezza che si è visto di recente solo in Checco Zalone.

L’avvertito uomo di comunicazione Macchia ha condotto un’operazione intelligente e coerentemente autolesionista, dando in pasto al pubblico il suo alter ago Maccio, imbarazzante in entrambe le versioni: sia come buzzurro similtronista, sia come ambientalista fanatico e sociopatico. Il tratto più originale del film sta proprio nell’individuare il filo che unisce i due apparenti opposti, che possono tranquillamente coesistere nello stesso individuo. L’italiano medio, allora, non è l’ignorante nutrito di grossolanità televisiva, ma colui che è abituato all’antica arte del “due piedi in una scarpa”: medio nel senso che, letteralmente, sa mediare. Uno Jekyll più Hyde che non corre alcun rischio di dissociazione schizofrenica: d’altronde è un talento che gli italiani, abituati a barcamenarsi tra la moglie e l’amante, posseggono da sempre.