Davide Iodice racconta a Optima lo spettacolo “Mettersi nei panni degli altri”

Il regista mette in scena dal 16 gennaio il frutto dell’intenso lavoro condotto con gli ospiti del dormitorio pubblico di Napoli. Uno spettacolo che raccoglie le loro storie, di cui sono essi stessi gli interpreti. Un progetto nel segno di Caravaggio.

Davide Iodice racconta a Optima il suo spettacolo

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Mettersi nei panni degli altri è il nuovo densissimo spettacolo di Davide Iodice, regista che ha attraversato la scena napoletana degli ultimi vent’anni muovendosi tra classico e contemporaneo, spaziando da Viviani a Leo De Berardinis, fino a nuove voci come Mimmo Borrelli.

Questo lavoro, prodotto dal Teatro Stabile e in scena dal 16 al 18 gennaio, segna una tappa singolare del suo percorso: lo dimostra già il luogo della messa in scena, non un teatro bensì il Centro di Prima Accoglienza di Napoli, un tempo noto come Dormitorio pubblico. Davide ha puntato il riflettore sugli ospiti del dormitorio, drop out da cui la società preferisce distogliere lo sguardo. Lui invece li ha guardati, ne ha raccolto rispettosamente le storie e alla fine ha voluto che gli stessi protagonisti delle vicende le mettessero in scena.

Davide si è avvicinato con pudore a quel mondo, come racconta nell’intervista a Optima: “Quando sono arrivato nel Dormitorio, per i primi tre mesi sono stato praticamente in silenzio. Non si sapeva io chi fossi, mi chiedevano in quale stanza dormissi. Più che fare l’indagine facevo l’indigeno”. Un metodo da antropologo: non per mimetizzarsi, ma per acquisire la fiducia e la disponibilità ad aprirsi degli ospiti. Dando grande importanza, memore della lezione dei maestri degli anni Settanta – come il Living Theatre e Antonio Neiwiller – al ruolo del laboratorio, vera anima di un teatro fedele all’idea di comunità.

Il dormitorio è la sede dello spettacolo, non potrebbe essere altrimenti: “Per la necessità di trattare con delicatezza quelle storie, di non strumentalizzare o spettacolarizzare il dolore e il disagio. Da artista, non mi interessa il dolore, ma la bellezza residuale delle persone con cui lavoro. Perché di questo si occupa il teatro”. Così si evita qualunque esibizionismo: e si fa anche in modo che i cittadini, da spettatori, accedano a un luogo invisibile dello spazio urbano.

Il sottotitolo dello spettacolo è “Vestire gli ignudi”. Una delle sette opere di misericordia del Vangelo, ma anche una controversa opera del Caravaggio degli anni napoletani, che costituisce il filo rosso del progetto teatrale di Iodice, di cui Mettersi nei panni degli altri è la prima tappa.

Perché Caravaggio? “Caravaggio pone un grosso problema: cosa deve ritrarre l’artista, da che parte deve stare? Lui sceglie di stare in mezzo alla gente. Chiamato a fare un quadro che esalti il valore morale dell’azione dei nobili, lui spiazza tutti mettendo in campo l’umanità dei vicoli”. Parte cioè da un soggetto religioso, ma vi rappresenta quel concretissimo teatro che è la vita quotidiana delle classi popolari. Dove la compassione è quella degli uomini verso i propri simili.

È chiaro quindi il gesto, politico e poetico, di Iodice, che come il grande pittore si mette dalla parte degli ultimi, perché “nel momento in cui esistono luoghi problematici – aggiunge – il ruolo dell’artista è quello di farsene carico. Io lo faccio attraverso il teatro”. Mettersi nei panni degli altri è un’emozionante e pudica sinfonia di corpi e di voci, attraverso cui gli ospiti del dormitorio ritrovano la parola negata e offrono le loro storie, amplificate dalla forza del teatro. Un appuntamento da non perdere.