Venezia 71 – La temuta Trattativa della Guzzanti

Provocatrice per gusto e mestiere, nonché navigata regista da docufilm, la Guzzanti porta a Venezia 71 i fatti che determinarono i presunti accordi tra lo Stato e la mafia, agli inizi degli anni Novanta. Una pagina ancora da chiarire della storia della politica italiana.


INTERAZIONI: 7

Sbarca al Lido il film che il direttore artistico di Venezia 71 temeva più di tutti, allergico come è, Alberto Barbera, a malumori e polemiche. È La Trattativa, di Sabina Guzzanti, pellicola fuori concorso che vuole portare sul grande schermo i fatti delle stragi d’inizio anni Novanta e della presunta contrattazione tra lo Stato e la mafia per la fine delle violenze.

Un lavoro che oltrepassa i confini del classico docufilm, unendo con linguaggi diversi realtà e finzione. Parti della pellicola sono sviluppate attraverso le interviste realizzate dalla stessa Guzzanti, come quella all’ex ministro dell’interno Nicola Mancino, imputato nel processo sulla trattativa Stato – mafia di falsa testimonianza. Il resto del film è la ricostruzione delle scene chiave della vicenda che ha accompagnato l’inizio della Seconda Repubblica italiana, reinterpretate da attori. I due piani dialogano e si intrecciano per riconsegnare uno stile narrativo che porta la firma Guzzanti su ogni fotogramma. Anche la regista è un personaggio del film, divisa tra due ruoli: quella di sé stessa, presentata a mo’ di una nostrana Michael Moore, e quella di Silvio Berlusconi, personaggio che ha sempre riproposto spesso e volentieri, anche sul piccolo schermo.

La Guzzanti lancia quindi l’invito per una riflessione più attenta sugli anni in cui Giovanni Falcone veniva fatto saltare in aria, a Capaci, con 400 chili di tritolo piazzati in un cunicolo di drenaggio dell’autostrada, insieme alla moglie e agli uomini della scorta. Gli anni in cui, solo cinquantasette giorno dopo la strage di Capaci, Paolo Borsellino è assassinato in via d’Amelio, a Palermo, dall’esplosione di una Fiat 126, piazzata sotto casa della madre. Un lavoro che la regista ha impiegato oltre quattro anni a terminare, soprattutto per la difficoltà di reperire i fondi per produrlo. “Pur essendo favorevole al finanziamento pubblico ministeriale e avendolo chiesto, non l’ho mai ricevuto – ha detto la Guzzanti – non mi hanno nemmeno concesso il non oneroso ‘riconoscimento di interesse culturale, dato però a Neri Parenti e ai Vanzina“.

Insomma, fa bene Alberto Barbera a temere le polemiche che potrebbero piovere su Venezia 71. Pensare che è bastato il lancio del trailer a scatenare la bagarre con le istituzioni. In fondo c’era da aspettarselo, alla Guzzanti la provocazione piace e non poco. Così, per restare sul sobrio e non tradire già dall’inizio le intenzioni battagliere, per il film è stato scelto un logo semplice e diretto: lo stemma della Repubblica italiana con piazzato al centro un uomo nero, con coppola in testa e lupara in spalla.

Il link al trailer de La Trattativa: