#bringbackourboys per i tre ragazzi israeliani rapiti

La parola a Luca Ciciriello, studente Optima Erasmus a Olsztyn


INTERAZIONI: 10

Dopo #bringbackourgirls per il rilascio delle ragazze nigeriane rapite da Boko Haram, nasce su Twitter il trend #bringbackourboys per il rilascio dei tre teenager israeliani, Gilad Shaar, Naftali Frenkel e Eyel Yifrach, studenti della yeshiva di Kfar Etzion e Hebron, che sono scomparsi lo scorso venerdì in un insediamento israeliano nel West Bank e che il governo israeliano si dice certo siano stati vittima di rapimento. Non capitava da diversi anni che civili fossero oggetto di rapimento, e la stampa israeliana ha creato una vera e propria mobilitazione, con tanto di hashtag. L’esercito israeliano hanno finora trattenuto più di 150 palestinesi “sospetti”, tra cui alcuni leader di Hamas.
Il Primo ministro Benjamin Netanyahu nel corso di un incontro con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha infatti accusato apertamente Hamas di essere il responsabile del rapimento, così come il Segretario di Stato americano John Kerry, che ha dichiarato: “Restiamo del parere che Hamas sia un’organizzazione terrorista nota per i suoi attacchi sui civili innocenti e che si è già macchiata di rapimenti e altri crimini.”
Hamas ha liquidato le dichiarazioni di Kerry e Netanyahu come “stupide e infondate.“, mentre il Ministero dell’Informazione palestinese ha invece asserito che gli arresti stanno solo gettando acqua sul fuoco per rilanciare le aggressioni ingiustificate contro i palestinesi.
Abbiamo chiesto il parere di Luca Ciciriello, studente Optima Erasmus a Olstzyn, e appena tornato da un viaggio in Israele.

Quali sono state le tue impressioni definitive su questo viaggio?

Ora che mi sento al sicuro in Europa posso dirvi esattamente ciò che penso riguardo il conflitto in Terra Santa, dopo il mio viaggio durante il quale ho fatto tappa a Tel Aviv, Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e Tiberiade. Prima di partire contattai sia l’Ambasciata d’Israele a Roma sia un responsabile di goisrael.it, un sito internet di promozione del turismo in Israele. In entrambe le occasioni mi fu detto che avrei viaggiato tranquillamente come se fossi stato a Roma, Varsavia o New York. Non mi spiegavo però perché le loro parole rassicuranti contrastassero con quanto scritto su viaggiaresicuri.it, una pagina gestita dal Ministero degli Affari Esteri italiano e che fornisce informazioni riguardo qualsiasi paese che un turista italiano si appresta a visitare. “La situazione di sicurezza è stabile. E’ incrementato il livello di allerta nelle aree settentrionali del Paese. Si registrano saltuari lanci di colpi di mortaio o razzi da Gaza verso le aree meridionali del Paese. Non va escluso il rischio di attentati terroristici in particolare nelle principali città”. Oggi posso dire che esplorare quei territori non è proprio come trascorrere una giornata a Roma. Il livello di tensione che ho avvertito è alto. Mi ha infastidito vedere mischiarsi tra noi turisti, giovani soldati muniti di mitra. Per carità, avranno pure il compito di mantenere la sicurezza ma trovo tutto questo esagerato e fanatico. In aeroporto ho dovuto subire controlli per quasi due ore. Conversazioni interamente in inglese con pressanti domande postemi da quattro persone diverse l’una dopo l’altra. “Perché sei qui in Israele? Dove sei stato? Perché sei italiano e studi in Polonia?” Il mio unico obiettivo è stato scoprire una nuova cultura ma fidatevi, sono riusciti a mettermi ansia e agitazione. Ora, capisco quanto dice la Torah, il Vecchio Testamento, il Nuovo Testamento, il Corano, Scientology, ecc ma..siamo nel 2014! Non si può lottare per la conquista di un territorio. E’ impensabile che Hebron, città abitata da 12000 palestinesi sia stata messa sotto scacco da 500 ebrei appoggiati dall’esercito. E tutto questo perché? Perché è la Terra che è stata loro Promessa! Sono totalmente contrario a quanto è accaduto durante la seconda guerra mondiale a danno degli ebrei. Ora però, perché tanta violenza e odio nei confronti del Palestinesi? Loro, gli ebrei dovrebbero essere i primi promotori della pace nel Mondo dopo le persecuzioni subite nel corso della storia. Eppure ho notato tanta diffidenza e indifferenza, non certo l’accoglienza che noi Europei diamo nei confronti di un immigrato o di un semplice turista. “I don’t know”, questa la risposta quando per strada chiedevo informazioni riguardo un’attrazione turistica. Sottolineo che queste riflessioni sono condivise anche da altri turisti italiani e polacchi che ho avuto la fortuna di incontrare.

Ma come spieghi questo stato continuo di ostilità e tensione?

Si tratta di una cultura e di un modo di intendere la religione che credo sia inculcata, imposta dalle vecchie generazioni alle nuove, che quindi si tramanda di padre in figlio.
Questo spiega la nuova campagna mediatica all’indomani del rapimento dei tre giovani ebrei, #BringBackOurBoys. La violenza e l’odio si spostano sul web, il nuovo terreno di conflitti. Chiaramente tutto ciò non porterà a nulla, aumenterà anzi l’astio tra i due popoli. La maggior parte delle persone a cui ho chiesto cosa pensasse della situazione mi rispondeva quasi con omertà sottolineando che a loro importasse solo di famiglia e lavoro. Con l’eccezione di un fanatico (profeta?!) ragazzo incontrato in autobus per Tel Aviv che sosteneva che la situazione si sarebbe risolta soltanto con un terzo conflitto mondiale che avrebbe visto coinvolti tutti i Paesi Occidentali. Che penso di quest’episodio? Che la violenza porta violenza. Che sino a quando l’uno non tenderà il mignolo in segno di pace verso l’altro (magari e sottolineo, magari) col supporto pacifico delle potenze occidentali (che per una volta dovrebbero mettere da parte gli interessi economici) la situazione non avrà un “happy ending”. E la mia è una aperta denuncia che si unirà ai mille moniti di pace non ascoltati e gettati nel dimenticatoio.

Una foto scattata da Luca Ciciriello durante il suo viaggio in Israele

L’hashtag #bringbackourboys sta generando un vero e proprio conflitto anche sui social network, con attivisti palestinesi che hanno inondato la pagina twitter con immagini di arresti di giovani arabi da parte dell’esercito israeliano. Molte foto fanno riferimento alla morte dei due adolescenti palestinesi uccisi il mese scorso dall’esercito presso la prigione di Ofer a Ramallah. Espressioni di disprezzo per gli israeliani rapiti compaiono su alcuni siti web palestinesi E dall’altro lato della barricata le reazioni, altrettanto violente, non si fanno attendere. In Israele una pagina Facebook dal titolo ”Finche’ tornano i nostri dispersi, uccidiamo almeno un palestinese all’ora’‘ ha ottenuto in un giorno 17.500 consensi.