“Ho riflettuto a lungo e ho capito che non dovevo tornare indietro. Sono e resto un collaboratore di giustizia. Sono un uomo morto”.
Così dice di sé Rocco Varacalli il 26 novembre 2012 nell’Aula Magna del Tribunale di Torino, queste le ultime battute del libro-inchiesta di Federico Monga – giornalista e vice direttore di Il Mattino – dedicato alla storia di quello che può essere definito il più importante pentito di ‘ndrangheta, Rocco Varacalli.
E’ stato grazie alle sue minuziose e precise dichiarazioni – cominciate nel 2006 – che si è potuto alzare il velo sulla pesante infiltrazione della ‘ndrangheta in tutto il Nord Ovest d’Italia, in particolare in Piemonte e Liguria, e dare avvio all’inchiesta Minotauro che nel 2011 ha portato all’arresto di 150 persone e a ha messo in luce le connivenze che l’organizzazione criminale calabrese era stata capace di tessere con uomini politici locali e non solo e con noti imprenditori.
In una prosa asciutta ricca di dati, nomi, luoghi, e altrettanto avvincente quanto quella di un’opera di fiction, Monga ricostruisce – grazie a Varacalli e ai suoi 12 anni di militanza “nell’onorata società” – la ferrea struttura organizzativa della ‘ndrangheta in Calabria come al Nord Italia, in Germania (Paese che al 2010 conta 2mila affiliati ed è considerato la seconda patria della ‘ndrangheta), Belgio, Olanda, fino in Australia.
Ricostruisce le infiltrazioni delle più potenti famiglie calabresi al Nord negli appalti per la realizzazione dell’Alta Velocità; nei cantieri delle Olimpiadi invernali di Torino; nella costruzione del centro commerciale Le Gru di Grugliasco inaugurato in pompa magna anche da Berlusconi; nella realizzazione del porto di Imperia.
E poi il traffico internazionale di stupefacenti – di cui Varacalli è protagonista – e i rapporti con la mafia, il ruolo che Riina ebbe nel porre un freno alla faida di San Luca (a cui fa riferimento anche la strage di Duisburg in Germania).
Monga ci fa compire una vera discesa agli Inferi, ci svela il vero volto di piccoli e anonimi paesi della provincia torinese, ma ci racconta anche la storia di un uomo che decidendo di collaborare (e non di pentirsi, come dice Varacalli stesso) ha subito il disconoscimento della sua famiglia, ha vissuto l’allontanamento dai 4 figli e vive nella consapevolezza di essere “un morto che cammina”.