Che bel libro, Daniele Capezzone. “Per una nuova Destra”, appena uscito per Piemme e subito in cima alle classifiche, è un saggio vecchia scuola, di quelli sempre più rari a trovarsi: la densità di ogni pagina, la ricchezza degli spunti lo rendono uno di quei libri non solo da leggere, ma da rileggere – ed è noto che, se così non è, un libro non merita di essere letto neppure la prima volta. Capezzone, oggi commentatore televisivo e giornalista per la Verità dopo un passato di solida esperienza parlamentare, si è assunto un compito probabilmente utopistico, dato il livello dei potenziali interlocutori: offrire riflessioni, strategie o, come lui stesso precisa, “consigli non richiesti” a una destra che rimane la sua parte ideale, e non lo nasconde, ma che preferirebbe più liberale e con ciò più attrezzata a raccogliere sfide sempre più convulse e urgenti. È un libro di libri, molteplici sono gli ambiti trattati, e si capisce che l’autore lo definisca il suo lavoro più ambizioso; c’è l’analisi dello scenario attuale, italiano, europeo e internazionale, e c’è la comparazione delle diverse strategie adottate da Paesi diversi; c’è il senso di una appartenenza ideale che tuttavia non risparmia critiche e perplessità; c’è, ed è questo a parere di chi scrive uno degli aspetti più stuzzicanti, una bibliografia rara e impegnativa, testi usati come autorevoli pezze d’appoggio nello snodarsi di un ragionamento che è articolato, che accetta divagazioni, ma resta conseguente e riassuntivo nel segno di una “continuità concettuale” che lega tutto con tutto.
Altro valore aggiunto di “Per una nuova Destra”, la possibilità di confrontarsi con l’autore in ragione delle sue continue proposte. Si può essere d’accordo, in tutto o in parte, si può anche dissentire, ma ogni sfumatura di sensibilità concorre nell’impegno, stimolante, vivacissimo, di un confronto che Capezzone lascia sempre aperto, a volte in modo provocatorio, altrimenti più confidenziale. L’universo liberale che egli propone è misconosciuto in Italia e proprio per questo tutto o quasi da scoprire; una delle conseguenze non può non stare nella critica, affilata fino al sarcasmo in certi passaggi, verso il contraltare di sinistra. Ecco, l’analisi critica, precisa, serrata e documentata com’è, si rivela particolarmente godibile. Tra le parti che personalmente chi scrive ha apprezzato di più, la ricostruzione, in forma di denuncia, di uno sciagurato processo che ha portato le istituzioni italiane a consegnarsi, in modo probabilmente irreversibile, alla strapotenza cinese, una dittatura che non amministra un miliardo e mezzo di suoi sottoposti ma finisce per proiettare la sua ombra mastodontica nel resto del mondo e particolarmente in Italia, che assume il ruolo di un inquietante esperimento geopolitico. L’altro aspetto da non perdere, e che logicamente consegue al primo, sta nella trattazione di una Unione Europea inconsistente di fronte alle emergenze continentali, addirittura esiziale in una prospettiva nazionale, nel suo specifico rapporto con l’Italia.
Libro di libri. È difficile assorbire “Per una nuova destra” senza cedere alla tentazione di assaporare i tanti lavori citati, e in verità, ma questa è solo la malignità del recensore, anche senza scoraggiarsi pensando al tanto lavoro che la politica influencer attuale dovrebbe compiere per ritrovare una dignità. Ovunque, non tanto a destra o a sinistra. Capezzone si iscrive nella tradizione del liberalismo puro, di un conservatorismo illuminato che non rinuncia a teorizzare uno Stato smagrito, preferibilmente nel ruolo di arbitro anziché di giocatore in campo, una economia collegata al mercato, la riduzione delle tasse che favorisce il dinamismo, la competizione in luogo della redistribuzione, ma, anzitutto, un rispetto sacro per la dimensione individuale e per i diritti fondamentali a questa collegati. Tutto il contrario dell’andazzo attuale (e anche, conveniamone, passato, da sempre), posto che le matrici ideologiche italiane sono specularmente di stampo autoritario-statalistico: la destra discende dal socialfascismo, la sinistra dal marxismo-leninismo, la stessa Chiesa da una impostazione verticistica e aggressiva. Difatti restiamo inchiodati al sovvenzionalismo, oggi chiamato bonus, e alla provvidenza istituzionale che ci sta trasformando da Stato di emergenza in Stato di eccezione. Certo, si potrà obiettare che, a parole, tutti sono liberali, che il liberalismo oggi è di gran moda, proprio perché inesorabilmente tradito. Ma sono appunto le parole a fare la differenza, è il modus. Capezzone oscilla tra analisi e critica, fra scenario interno e dimensione globale, soffermandosi su temi e dottrine di indubbia complessità, eppure riesce a mantenersi sempre comprensibile; si serve di uno stile limpido, asciutto, consapevole che la chiarezza è il primo comandamento democratico, intollerante verso le ambiguità e ali ermetismi degli ideologi e dei maestrini. In questo sta la sua coerenza di liberale, il suo scrupolo per un lettore mai blandito, sempre rispettato da individuo a individuo.