Lo sfogo di Asia Argento su Harvey Weinstein dopo la condanna: “Sono una sopravvissuta”

Il victim blaming, gli hater, lo tsunami mediatico e tanto altro: ecco il racconto di Asia Argento dopo la nuova condanna ad Harvey Weinstein

asia argento su harvey weinstein

Ph: Moritz Barcelona/Wikimedia


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Lo sfogo di Asia Argento su Harvey Weinstein arriva dopo la sentenza pronunciata dal tribunale di Los Angeles contro l’ex produttore: il “re di Hollywood” ora rischia altri 18 anni di carcere oltre ai 23 già stabiliti dal tribunale di New York in un processo conclusosi nel 2020.

Dopo 10 ore di camera di consiglio, i giudici hanno accolto la testimonianza di “Jane Doe 1”, una delle 4 donne che avevano denunciato Weinstein con l’accusa di averle costrette a fare sesso tra il 2004 e il 2013. I giudici non hanno trovato un accordo su tutte e 4 le testimonianze, ma per Jane Doe 1 hanno condannato l’ex produttore per stupro, più due capi di imputazione per aggressioni sessuali.

Asia Argento iniziò la sua battaglia sul caso Weinstein nel 2017, quando si unì ad altre donne per denunciare le violenze subite. In quel contesto nacque il movimento MeToo. Secondo la versione di Asia Argento, l’ex re di Hollywood nel 1997 la costrinse ad un rapporto orale durante un party sulla Costa Azzurra. In quel tempo l’attrice aveva 21 anni e scelse di mantenere il silenzio per paura di conseguenze nella sua carriera.

In più occasioni Asia Argento ha confermato le molestie, e per lunghi periodi ha subito un feroce attacco da parte della stampa con varie accuse, dal “se l’è cercata” ai dubbi sui tempi trascorsi tra l’aggressione subita e la denuncia. In altre occasioni, del resto, Asia Argento è stata accusata di essere in cerca di visibilità.

Dopo le notizie sulla condanna di Harvey Weinstein, Asia Argento ha pubblicato una lunga riflessione sui social. Ecco le sue parole:

“Quando nel 2017, dopo che io ed altre donne liberammo la parola rendendo pubbliche le violenze sessuali subite da Harvey Weinstein e ci fu un vero e proprio tsunami mediatico, subii da parte dei media e degli haters quello che viene chiamato ‘victim blaming‘. Vennero dette pubblicamente frasi come ‘se l’era cercata, poteva dire no, l’ha fatto per farsi pubblicità’… perché la colpa del predatore in qualche strana maniera ricade sempre sulla donna, sulla vittima, anche se detesto questa parola. La vittima di stupro, di molestie, viene sempre, prima di tutto, giudicata. Prima ancora dello stupratore. E purtroppo anche la vittima per prima cosa interroga se stessa. Questo dovrebbe farci capire com’è tutt’ora montata la nostra società”.

Quindi:

“Anch’io mi chiesi come mai non fossi riuscita a scappare, perché non gli avessi dato un calcio nelle palle come mi aveva insegnato mia madre, perché non avessi urlato e chiamato le forze dell’ordine. M’incolpavo dicendomi che davo troppa confidenza agli uomini. O che forse era colpa dei ruoli che interpretavo, le pose sexy sulle copertine dei giornali. Se qualcosa di irrisolto dentro di me non mi aveva mai permesso di amarmi completamente, dopo essere stata violentata iniziai a disprezzarmi. Continuavo a ripetermi che ero una pu**ana e che me l’ero cercata. Non riuscivo a fuggire da questi pensieri. Allora ero ventenne, non avevo gli strumenti per capire cosa mi era successo”.

Infine:

“Ci sono volute due decadi e 16 anni di analisi per liberarmi di questo critico interiore in primis, e per imparare a farmi scivolare le insinuazioni dei detrattori poi, che facevano ancora più male perché ero stata io la prima a incolparmi. Ieri Weinstein è stato condannato (dopo la sentenza di 23 anni a New York) a Los Angeles per stupro e violenze sessuali, potrebbe scontare 47 anni in carcere. Quarantasette anni è la mia età. Oggi sono una donna serena, una sopravvissuta, amo la vita, amo me stessa, ho trasformato il veleno in medicina, e so che la mia esperienza ha aiutato innumerevoli donne in tutto il mondo ad uscire dallo stigma delle violenze sessuali, a liberarsi di questo enorme fardello. E per questo sono e sarò sempre eternamente grata”.

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