L’Europa contro le criptovalute: +900% di consumo energetico in 5 anni

Le monete virtuali usano lo 0,4% dell'elettricità mondiale. Solo il Bitcoin ha provocato danni per 12 miliardi di dollari


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Chi pensa che i Bitcoin, in quanto moneta digitale, sia più sostenibile di altre valute, è completamente fuori strada. Un dossier della Commissione Europea conferma che l’attività di mining di criptovalute è una delle più impattanti a livello ambientale oltre che energivora.

Negli ultimi 5 anni, secondo il dossier, il consumo energetico legato alle criptovalute è cresciuto del 900%, ed è più che raddoppiato negli ultimi due anni. Oggi le criptovalute hanno registrare lo 0,4% del consumo di energia elettrica mondiale.

L’estrazione di Bitcoin, la criptovaluta più popolare, ha provocato, tra il 2016 e il 2021, danni ambientali per più di 12 miliardi di dollari. Si tratta di un impatto pari all’estrazione del petrolio e superiore all’allevamento dei bovini.

A causa del forte impatto ambientale Bruxelles ha autorizzato tutti i Paesi dell’Ue ad interrompere le attività di “estrazione” se dovesse presentarsi la necessità di virare il consumo di energia elettrica su altre attività.

Quella dell’Europa contro le criptovalute è una vera e propria battaglia, anche se non porterà ad alcun risultato eclatante in termini di sostenibilità. Infatti il mining è concentrato soprattutto in Paesi dove l’elettricità costa meno e dunque al di fuori dei confini dell’Ue. Nel vecchio continente si concentra solo il 10% delle attività legate alle criptomonete.

In realtà l’azione dell’Europa è incentrata soprattutto a superare la tecnologia alla base del Bitcoin, ritenuta obsoleta. Si predilige infatti Ethereum, che ha sviluppato una struttura denominata “Proof of Stake” con cui è stato possibile abbattere il consumo di energia del 99%. Non è poco se si considera l’attuale situazione legata alle risorse energetiche.