Rossella Seno e Massimo Germini e le streghe sui roghi

I loro album sono due streghe che ci parlano in lingue che dentro di noi sappiamo ancora decifrare, capire, comprendere, basta solo non farsi distrarre dal rosso delle fiamme


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La prendo da lontano. La prendo sempre da lontano, il che forse dovrebbe indurmi a dire che non la prendo da lontano affatto, che il mio modo di raccontare le cose è semplicemente questo, partire da un punto apparentemente imprecisato per arrivare a un punto invece piuttosto chiaro, indicato altrettanto chiaramente già nel titolo, corredato dalla foto di copertina, dire che parto da lontano è una sorta di excusatio non petita che non dovrei esibire, a meno che io non provi un qualche senso di colpa per sottoporre il lettore a tutto questo, senso di colpa che però potrei annullare semplicemente alla fonte cambiando registro, cifra, stile. Quindi no, non la prendo la lontano. La prendo da dove credo possa essere utile prenderla, e confesso che mentre sto digitando queste parole sulla tastiera del mio PC, è al PC che scrivo, neanche mi ricordo esattamente di cosa sto per andare a parlare, mi devo fermare, ecco, mi sono fermato, devo pensarci su, lo sto facendo, ricordarmene, e solo in un secondo momento ripartire, sperando di non dimenticarmelo di nuovo. Ché a volte succede che non me lo ricordo proprio, dove voglio andare a parare, perché quando scrivo scrivo, e difficilmente salvo il foglio word già con un titolo, il titolo viene fuori strada facendo, quindi capita che io parta prendendola da lontano, o insomma, quel che è, parli e parli e poi non mi ricordi più dove sarei voluto andare. In alcuni casi magari mi torna in mente, in altri no e devo trovare un nuovo percorso che mi porti a una nuova meta. In altri mi tocca lasciare le mie parole lì, magari prima o poi mi torneranno utili, più spesso no, muoiono dentro un file che non aprirò più.

Stavolta però ricordo di cosa voglio parlare, almeno per ora, e quindi eccomi a prenderla da lontano. E il lontano in questione, capita spesso, è il mondo dei social, vivendo ormai da due anni tappato in casa, il mio settore lavorativo, quello dello spettacolo e intrattenimento, non è in fondo mai ripartito davvero, speriamo bene, è il mondo dei social quello al quale guardo volendo davidfosterwallacianamente affacciarmi a una finestra per scrutare gli altri. Nel mondo dei social, divenuti una fogna, è noto, e divenuti una fogna in cui ogni giorno si combattono decine di battaglie cruente, continue richieste di schieramento di campo, continui conflitti sanguinosi e mortali, nel mondo dei social si tende sempre più spesso a sommarie esecuzioni di chi viene ritenuto colpevole di una qualche colpa gravissima. Essendo il mondo dei social, almeno di quelli che frequento io, prevalentemente composti di bolle, seguo chi mi interessa seguire e sono seguito da gente cui interesso io, con le tante debite eccezioni, fatte dai conoscenti nel mondo fisico, gli amici, i parenti, le esecuzioni sommarie avvengono quasi sempre per i medesimi motivi, ci si scaglia violentemente contro chi esterna pensieri in qualche modi atti a discriminare, a volte sfociando in forme a loro volta intransigenti di discriminazione, la capacità di andare oltre la soglia minima di alfabetizzazione funzionale e letterale ormai da tempo abbandonata al proprio destino. Il che implica che a volte ci si arrovelli anche giustamente in difese d’ufficio di chi ha bisogno di essere difeso, e in quel caso non mi tiro mai indietro nello schierarmi, sempre che serva a qualcosa, in altri si tratta di chiedere simbolicamente la testa di chi si ritiene, ad minchiam, di aver violato un qualche codice etico non ben definito, finendo appunto per passare prosaicamente dalla parte del torto, o quantomeno in quel libro grigio nel quale si aggirano quelli che hanno perso dietro una causa inesistente.

Un grande classico di questi anni, non fatemi citare il body shaming, il patriarcato, il sessismo, la schwa e via discorrendo, sto applicando fastidiosamente la stessa spiccia superficialità di chi vorrei stigmatizzare, è associare due momenti storici, uno macro e uno particolare, facendoli coincidere, sovrapponendoli. Il tutto a beneficio di un pubblico che a occhio mi sembra altrettanto distratto, voglioso di esserci ma senza perderci su troppo tempo. Vi sarà capitato, e se non vi è capitato probabilmente siete in una bolla social anche peggio della mia, di leggere post, commenti, anche articoli, o aver visto discorsi fatti su storie, una delle ultime l’ormai famosissima risposta a Davide Maggio da parte di Emma, in cui si parla di ritorno al Medioevo, intendendo con questo l’essere ripiombati nell’epoca che si intende indicare come la più oscura e passatista, nonché la peggiore cui far riferimento, fatta di decadenza e nient’altro che decadenza, il tutto spesso associato a una visione della donna come qualcosa da tenere in disparte, vessare, discriminare, volendo anche ardere viva, come si faceva con le streghe. Ecco questo associare Medioevo e Caccia alle Streghe, intendendo con Streghe una idea di donna fuori dai canoni del patriarcato, la rossa di capelli, la donna sessualizzata e emancipata, quella che parla lingue sconosciute al popolo, che fa quindi paura, è un grande classico, non c’è giorno che passi che io non ne legga.

Roba tipo “Siamo ancora alla Caccia alle Streghe, come nel Medioevo”.

Ecco, so di suonare arrogante, e so anche di suonare come uno che fa l’arrogante non sapendo di cosa parla, ma la Caccia alle Streghe non ha molto a che fare con il Medioevo. Volendo anche l’idea della donna come suppellettile, da tenere in un angolo, muto. Ma una cosa alla volta.

La datazione storica del Medioevo è ambigua, parlo di storici. Ambigua sia riguardo il suo inizio sia rispetto la sua fine. Alcuni storici convengono nell’indicare nella morte dell’Imperatore Teodosio, nel 395 D.C. il suo inizio, ultimo a guidare l’impero unito, altri nella caduta definitiva dell’Impero Romano d’Occidente, quindi quasi un secolo dopo, nel 476 D.C.. Riguardo invece la fine le due date prese in considerazione sono la presa di Costantinopoli, il 29 maggio del 1453 o la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, non fossilizziamoci troppo sull’incongreuenza dell’affermazione “la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombro”, ci siamo capiti, quindi il 12 ottobre del 1492. C’è poi la suddivisione del Medioevo stesso, per gli storici anglosassoni diviso in Alto, Pieno e Basso Medioevo, per gli altri in Alto e Basso Medioevo. Insomma, diciamo che anche per chi se ne occupa da studioso il Medioevo non ha lineamenti precisissimi. Quel che è certo, però, è che nessuno pensa che il Medioevo sia sconfinato nel 1500, epoca che ha visto venire alla luce l’Umanesimo e il Rinascimento, parole evidentemente atte a sottolineare un ritorno verso qualcosa di bello e edificante e non è un caso che proprio nel XV secolo, quando cioè il Medioevo stava per tirare le cuoia, scusate la cruenza ma mi andava di giocare con le parole, che si è cominciato a chiamare così questo lungo periodo intercorso tra i fasti dell’Impero Romano e la rinascita, appunto, in mezzo qualcosa di oscuro e fatiscente. Bene. Passiamo alla Caccia alle Streghe. Uno pensa al Medioevo e subito si immagina sale di torture segrete e buie, piene di macchinari infernali, nei quali gli inquisitori erano soliti torturare a volte fino alla morte eretici e streghe, queste ultime spesso arse vive in pubblica piazza, come monito e al tempo stesso per tenere sotto un popolo credulone e ignorante. Nei fatti le Inquisizioni hanno una storia a sua volta piuttosto complessa, e a fronte delle inquisizioni medievali, nate intorno al 1100, le più note inquisizione spagnola, portoghese e quella ancora attiva del Sant’Uffizio sono tutte ascrivibili alla terza macrofase storica, la Storia Moderna, quella cioè che va dalla già citata scoperta dell’America fino alla Rivoluzione francese, non nel Medioevo. Se infatti durante il medioevo il papato ha iniziato una sua battaglia contro le eresie, ricorrendo anche ai roghi, oltre che alle torture, è pur vero che il fenomeno della caccia alle streghe è iniziato verso la fine del XV secolo, e proseguito lungo tutto il XVI, quindi in pieno Umanesimo e Rinascimento. Quello che viene indicato come il manuale per scoprire e di conseguenza interrogare e poi punire streghe e stregoni, il Malleus Maleficarum, redatto da due frati inquisitori domenicani tedeschi, Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, è datato 1487, quando cioè il Medioevo era già archiviato, e per altro il manuale in questione rimase in circolazione fino alla fine del XVII secolo, l’epoca dei lumi non troppo distante. Proprio sulla lettura che l’Illuminismo e il protestantesimo, vero destinatario di parte degli sforzi dell’Inquisizione, ha dato della Caccia alle Streghe ha contribuito a una sorta di revisionismo storico, andando a ammantare il Medioevo di ombre che a ben vedere dovrebbero essere destinate più ai secoli successivi, Martin Lutero è nato nel 1483, per dire, e le sue novantacinque tesi sono del 1517, mentre la vittima più illustre dell’Inquisizione, Galileo Galilei, non in quanto ucciso direttamente da, ma in quanto processato e azzittito da, è datata 1642, tanto per essere chiari. Le streghe vennero perseguite, esattamente per i motivi di cui sopra, l’essere considerate ribelli, dotate di una propria personalità, sessualizzate, capaci di parlare lingue sconosciute al popolo e di compiere azioni che contravvenivano a quella che veniva considerata la scienza, insomma, in quanto donne che mettevano paura, e vennero bruciate nei roghi, tutto vero, ma non durante il Medioevo, Medioevo che ha prodotto, invece, figure come la più volte raccontata Ildegarda von Binden, teologa che dialogava da pari col papa, parte dei Padri della Chiesa Romana d’Occidente, scienziata, artista, musicista, filosofa, poetessa. Certo, non è che fosse tutto rose e fiori, la donna è stata quasi sempre un passo indietro rispetto agli uomini, per dirla con le parole di Amadeus, spesso molti passi indietro, ma indicare nel Medioevo il peggior periodo per le donne, spiace dirlo, è un falso storico, e lo è ancor di più associare questa condizione marginale con la Caccia alle Streghe, quella sì assolutamente ascrivibile all’epoca successiva.

Tempo fa è uscito un disco, uso una parola d’altri tempi, del reso sono stato fin qui a parlare di Medioevo, che mostra in copertina una donna dai capelli rossi, a seno scoperto come Cristo, come Cristo appesa a una croce. È Pura come una bestemmia, album di Rossella Seno, cantante e attrice veneziana tornata sulle scene dopo qualche anno di latitanza. Un lavoro, anche qui, d’altri tempi, perché presenta una forma canzone che decisamente ha più a che fare col Novecento che con l’oggi, e si leggano queste parole con un forte dosaggio di stima e ammirazione, perché cura non solo la parte compositiva, sempre di alto livello, Massimo Germini al suo servizio con la sua carica di eleganza e concretezza, la medesima che gli abbiamo sempre visto mettere al servizio di Roberto Vecchioni e che recentemente ha fatto più chiaramente propria, poi vedremo come, ma anche coi testi, le parole cesellate una a una, pesanti come il legno di quella croce, ficcanti come i chiodi che a quella simbolica croce l’hanno appesa, al suo servizio Pino Pavone, Michele Caccamo, Matteo Passante, non esattamente gente di passaggio, come anche poeti quali Erri De Luca e Edoardo Sanguineti, Federico Sirianni a firmare in solitaria non solo il brano eponimo, posto a chiusura di tracklist, ma anche Ascoltami o Signore, quando si parla di cantautorato dovremmo sempre avere il suo nome in mente. Un lavoro pesante, non nel senso di greve, ma nel senso di consistente, destinato a lasciare un segno in chi ha la fortuna di incontrarlo, anche impegnativo, certo, ma comunque in grado di non farci volare via al primo refolo di vento, alla bisogna. Un lavoro quindi eretico, in questa epoca di brani di due minuti e quindici secondi, di skit veloci, di video su Tik Tok, di frammentazione e vaporizzazione dell’attenzione, eccolo lì a reclamare tempo, concentrazione, udito e sguardo, spesso anche tatto, un veloce ripasso del momento esatto in cui lo spettacolo e l’intrattenimento, così viene spesso catalogata la musica, impatta con la cultura. Un lavoro importante, La ballata delle donne, impreziosita dalla voce profonda di Mauro Ermanno Giovanardi, La chiama strega, Puri come una bestemmia tre ottime porte di ingresso in un mondo che ti invita a procedere a passo d’uomo, concentrandosi su quello che abbiamo intorno, oltre che dentro, come Lady Godiva che cavalca per le vie di Coventry in sella al suo destriero.

Si diceva di Massimo Germini, uno dei nostri migliori chitarristi classici prestati alla musica leggera, è sempre di qualche tempo fa, parlando di spirito novecentesco e di passi diversi mi sono preso agio di non tenere conto del qui e oggi, non me ne farete una colpa, è sempre di qualche tempo fa il suo album d’esordio, anche lui sembra essersela presa con comodo, uscito col titolo Qualcosa di familiare. Una manciata di canzoni, alternate a brani musicali, la chitarra a farla ovviamente da padrone, sotto la guida produttiva di Lele Battista e con la complicità del già citato poeta Michele Caccamo, autore dei testi, e dello stesso Roberto Vecchioni, fraterno ospite nel brano eponimo. Un lavoro notevolissimo, una voce che non gli conoscevamo lì a fare sue le melodie delicate e consistenti scaturite da quei giri armonici, una padronanza di un mondo sonoro fatto di legno e carne che è un costante invito a fare una sosta, soffermarsi a respirare mentre si è in affanno, concentrarci sui dettagli preziosi che a occhio nudo a volte non sappiamo più cogliere. Un lavoro che sembra il giusto compendio di Pura come una bestemmia, di cui Massimo è produttore esecutivo e arrangiatore, non perché l’uno non possa esistere in assenza dell’altro, sono grandi lavori entrambi, ovviamente autonomi, ma perché insieme ci consentono di tirare su una palizzata, un argine, verso questa invasione barbara, torniamo al Medioevo, giusto un po’ prima, mentre tutti corrono e in qualche modo provano a giocarsi la carta della sintesi, spesso nascondendo dietro quella sintesi una totale mancanza di contenuti e anche di forma, ecco un invito all’ascolto fine a se stesso, per il gusto di ascoltare, perché chi ti sta parlando, cantando e suonando nello specifico, ha qualcosa da dirti e quel qualcosa è qualcosa di bello anche formalmente, anche l’orecchio vuole la sua parte. Pura come una bestemmia di Rossella Seno e Qualcosa di familiare di Massimo Germini, rispettivamente del 2020 e 2021, non sono l’antidoto ai video scemi di Tik Tok, sono due streghe che ci parlano in lingue che dentro di noi sappiamo ancora decifrare, capire, comprendere, basta solo non farsi distrarre dal rosso delle fiamme e dalla puzza di bruciato che ci arriva dal rogo.