Claudio Chieffo, un grande cantautore, sia dato a Cesare quel che è di Cesare

Il figlio Benedetto ha messo in piedi miracolosamente il Chieffo Charity Tribute, con la finalità di presentare a un pubblico mainstream le canzoni di un grande artista che mainstream era


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Come molti ho un passato oscuro. Forse avrei anche potuto azzardare un “come tutti”, ma credo che poco cambierebbe. Ho un passato oscuro, di quelli che, fossi il protagonista di un film d’azione, di quelli che però alternano parti introspettive, atte a creare la tridimensionalità dei personaggi, e volendo anche a contribuire a una certa epicità della trama, a quelle tutte sparatorie e scontri fisici, ecco, fossi il protagonista di uno di quei film lì, c’è da scommetterci, sarebbe raccontata con una sorta di flashback, magari distillato durante la narrazione, tanto per non giocarsi subito tutti gli assi, e lasciare che lo spettatore entri nella storia un pezzetto alla volta, il vedo e non vedo che intriga e fidelizza.

So che raccontare i propri lati oscuri, le proprie ombre, contribuisce a umanizzarmi, a rendere la mia figura più fragile, fatto che dovrebbe spingervi a empatizzare con me, a simpatizzare per me, chi cade è in genere guardato con più bonarietà di chi si dipinge vincente, almeno da un certo tipo di pubblico, evidentemente quello che oggi sto inseguendo io, e so che parlare di me come se fossi appunto un personaggio e non una persona, per contro, è urticante, respingente, guarda esattamente nella direzione opposta dell’essermi mostrato fragile, spinge in una direzione opposta, ma di fatto credo che per raccontarvi quel che oggi voglio raccontarvi non ci fosse altra strada percorribile, quindi ben venga che qualcuno stia lì a fare il tifo per me, il personaggio solitamente considerato cattivo, moralista, in questo caso moralista ma con qualche macchia e qualche paura, come che a qualcuno io stia sonoramente sul cazzo, uno più uno meno credo che poco cambi. Ho un passato oscuro, e sto per raccontarvelo non per vanto, nessuno si vanta delle proprie ombre, né per mettere un altro tassello a un lungo racconto che sto portando avanti negli anni, quello del mio avatar, il Michele Monina che finisce puntualmente dentro i miei scritti, con le sue vicende e la sua famiglia, le sue passioni, se mi permetto di parlarne in terza persona, come un calciatore ai microfoni del dopopartita o una Maria Grazia Cucinotta qualsiasi è solo perché di un avatar sto parlando, non certo di me, questo è il momento in cui Alfred Hitchcock fa il suo cameo nel film, nel mio caso Alfred Hitchocock che fa il cameo durante il suo biopic, solo perché ritengo che sia necessario star qui a mostrarmi per come sono stato, altrimenti quel che andrò a raccontarvi vi risulterebbe incomprensibile, poco importa che nel mostrarmi nudo si veda meglio quella pancia prominente che a fatica tengo occultata dietro maglioni e felpe piuttosto larghi, le macchie dell’invecchiamento sulla pelle, le dimensioni assolutamente nella norma dei miei genitali, e so quanti a questo punto si sorprenderanno, sono assolutamente dell’idea che non sia affatto necessario raccontare i fatti per come accadono, votato con tutto me stesso alla finzionalità della narrativa, ma so anche che pur nella finzione tocca raccontare la verità, perché altrimenti sei incredibile, non nel senso di pazzesco, ma di poco credibile.

Non tergiverso più, non posso permettermi ulteriori tentennamenti, quando ero giovane ho frequentato Comunione e Liberazione. È successo su spinta dei miei genitori, che, buffo a dirsi, oggi, pensavano mi potesse essere di qualche aiuto frequentare un gruppo di persone, un gruppo che si incontrasse con una certa metodicità, io che frequentavo il ginnasio e passavo le mie giornate alfierianamente seduto di fronte ai libri di scuola. Un modo per spingermi a uscire, lo sport era parte dei miei interessi, il calcio dovrei dire, ma non abbastanza da spingermi a uscire, idem la musica, ancora non rientrata potentemente nella mia vita, dopo che avevo abbandonato gli studi classici. Così succede che un giorno i miei mi dicano che c’è questo gruppo di ragazzi che si incontrano tutti i lunedì in un posto vicino alla stazione, un gruppo di ragazzi che si raccolgono sotto la sigla GS, gioventù studentesca. Confesso, ma questa potrebbe essere una ricostruzione ex post operata dal mio subconscio, che è il modo canonico con cui individuo il mio stesso io, io personalmente fatico a aderire ai canoni della psicologia, ma tant’è, quel nome, gioventù studentesca mi è sin da subito risultato respingente, qualcosa che forse richiamava al Fronte della Gioventù, ma l’idea di incontrare un gruppo di miei coetanei che in qualche modo fossero uniti, o si riconoscessero, in un tratto comune, Comunione e Liberazione questo lasciava presagire, e la parola Liberazione mi era già cara, anche se non quanto lo sarebbe stata poi, mi sembrava una cosa interessante, addirittura commovente. Poi, ma questo confesso che non saprei dire se era parte del discorso, nel gruppo c’erano anche delle ragazze, delle femmine, e mai come quando si è ragazzi giovani la presenza di ragazze è un ottimo incentivo, di lì a breve, proprio perché in effetti femmine ce n’erano, praticamente tutti i miei amici, e anche buona parte dei miei conoscenti, sarebbero confluiti nel medesimo gruppo. Sia come sia, mi ritrovai a partecipare a questi incontri, andando così a conoscere nuovi amici, alcuni dei quali sono ancora nel ristretto gruppo dei miei più cari amici, a distanza di oltre trentacinque anni. Per altro, proprio tramite una di queste nuove amiche, Silvia, ho conosciuto proprio in quei giorni Marina, che oggi è mia moglie e madre dei nostri quattro figli, lei sua amica sin dai tempi dell’asilo, poi spinta a sua volta a entrare nel medesimo gruppo proprio per frequentare me, quindi l’idea di incontrarci ragazze, lungi dalle intenzioni dei miei genitori nello spingermi a frequentare GS, un fondamento deve pur averlo.

Nei fatti per tre anni, circa, ho frequentato GS. Di più, ho fatto parte di Comunione e Liberazione, andando a partecipare a tutti gli eventi cardine di CL, così viene solitamente chiamato, da quelli più strettamente religiosi, come la tre giorni pasquale, le vie crucis, le celebrazioni ecumeniche, a quelli più leggeri, come le vacanze in montagna, per finire a quelli più sociali, il Meeting di Rimini. Sono diventato uno dei responsabili del gruppo di GS di Ancona, sono stato eletto come uno dei tre rappresentanti degli studenti della mia città, eletto in quanto capolista della lista di CL, con questo incarico partecipavo mi sembra una volta al mese a incontri che vedevano presenti anche i rappresentanti dei professori e dei presidi, presso l’Itis della mia città. Sono stato volontario al Meeting, andando a lavorare in cucina per due estati. Ho messo su una band con miei amici e compagni di cammino, la GS Band, con la quale siamo diventati piccole celebrità locali, suonando a feste pubbliche, compresa quella del diciottesimo compleanno proprio di Marina. Ero il cantante di una boy band, a volerla vedere con uno sguardo un minimo cinico, e mai come nel raccontare di questo mio passato oscuro il cinismo mi è di sollievo. Ho cominciato a suonare e cantare proprio perché lì ho incontrato amici, penso a Bruno Cantarini, una leggenda anconetana, purtroppo scomparso qualche anno fa, e Francesco Amico, un polistrumentista di grande talento, che mi hanno spinto verso questa forma d’arte. Ho costruito le basi del me stesso che da ragazzo sarebbe diventato adulto, dibattendo su temi sociali e politici, rafforzando il mio credo cattolico, finendo, era inevitabile, per staccarmi da quel gruppo che per qualche anno mi aveva cullato, dentro il quale avevo incontrato l’amore e dentro il quale erano confluiti tutti i miei amici, o quasi, passando quindi dall’aver votato DC, nello specifico un giovane Roberto Formigoni, se si vuole mostrare il lato oscuro è bene farlo come si deve, a votare Democrazia Proletaria, se si vuole tagliare un cordone ombelicale è bene farlo con un colpo netto.

I motivi del mio distacco, io che al momento ero uno dei responsabili del gruppo dal quale mi sarei allontanato, uno scontro epocale con il sacerdote responsabile del gruppo, don Alberto. Questi i fatti, prima dell’esame di maturità i giessini erano invitati a prendere parte a una settimana di studio presso una località amena, sempre nelle Marche, ma lontana da Ancona, per poter studiare in tranquillità, certo, ma anche per prepararsi spiritualmente, occasione nella quale erano invitati anche studenti esterni a GS, un modo per fare, dicevano, apostolato, fossi in vena di cattiverie potrei dire proselitismo. Marina, che era da qualche mesi la mia ragazza, voleva partecipare a quella settimana, era giugno 1988. Io per poterle stare vicino, sono il cavaliere nero, ma ho un cuore tenero, per la prima volta non ero andato in vacanza coi miei, l’idea di andare nelle Dolomiti mentre Marina era sotto maturità mi sembrava impercorribile. A quel punto, ovvio, avevo rinunciato anche a andare alla vacanza di GS, esattamente per i medesimi motivi. La cosa mi era stata imputata come colpa, forse anche reato. Anteponevo una storia d’amore, giovanile, a Comunione e Liberazione, stavo sbagliando. Per questo sono stato degradato dal mio ruolo di responsabile, e mi è stato impedito di andare con altri ragazzi di GS a trovare gli studenti in ritiro pre-maturità. Non la prendo benissimo, ma soprassiedo. Poi, però, mi viene anche impedito di andare al Meeting, perché sono considerato un ribelle che, in quanto ribelle, va punito, riportato alla ragione. Mi incazzo, affronto don Alberto e in una discussione che nel mio mondo immaginario è una sorta di scena finale di The Avengers The endgame, ce ne diciamo di ogni tipo. Io sono un diciannovenne dotato già di una buona personalità, lui è un sacerdote di mezza età, diciamo che in partenza era un filo avvantaggiato. Risultato, mollo CL, lasciando lì buona parte dei miei amici, che in parte perderò per sempre, in parte ritroverò in un futuro prossimo. Passo a studiare i filosofi considerati a ragione i padri dell’anarchia, sposando le loro istanze, cominciando a realizzare che quel taglio netto sarebbe comunque arrivato, prima o poi, impossibilitato come sono a sposare chiunque mi chieda una adesione aprioristica e semilobotomizzata.

Per anni, sono pur sempre un ragazzo, guardo a quell’esperienza con ostilità, autoconvincendomi di come sia stata una fortuna uscirne fuori, nel mentre mi è più chiaro che Formigoni è Formigoni, che certe dinamiche, ho preso a studiare all’Università di Bologna e scopro certe situazioni che non mi sembrano linearissime, poi, col tempo, il risentimento svanisce, gli amici che ancora ne fanno parte e che sono rimasti amici riescono come me e Marina a lasciare questa faccenda da parte, la vita procede su altre vie. Per altro, ne facevo cenno prima, il fatto che Marina fosse entrata a GS dopo di me farà sì che, una volta abbandonato il gruppo, io continui per un po’ a frequentarlo, sporadicamente, per lasciare a lei modo di andarsene per sua scelta, e non per amore, cosa che puntualmente accade dopo qualche mese. Ora abito in un quartiere di Milano a alta concentrazione di ciellini, per anni la sede centrale del movimento era proprio davanti a casa mia, e comunque ho vissuto a lungo in una regione governata dal già troppe volte citato Formigoni, ma per me CL è parte del passato, un passato risolto, nei confronti del quale semmai provo un moto di affetto, per il me stesso giovane che si affacciava al mondo, e per certi amici che mi hanno accompagnato in quel mio affacciarmi al mondo. Poi succede che mi arriva un cd, e di colpo mi si apre una sorta di stargate in grado di catapultarmi nel passato con la giacca a vento e tutto, il cd in questione l’ho ascoltato a ripetizione andando in montagna per un weekend. Il cd in questione è un doppio album antologico, interpretato da uno stuolo variegatissimo di artisti, dedicato alle canzoni di Claudio Chieffo. Se vi state chiedendo chi sia Claudio Chieffo, e nonostante voi siate tipi svegli e avrete capito che il mio lunghissimo racconto sul mio passato oscuro e questo cd abbiano una correlazione ma non cogliete quale, significa che non avete mai frequentato nulla che abbia a che vedere con Comunione e Liberazione, specie se non siete nella categoria dei millennials. Claudio Chieffo, infatti, è stato per lungo tempo, finché una malattia non lo ha ucciso nel 2007, il cantautore ufficiale del movimento di CL. Una vera istituzione per i seguaci di don Luigi Giussani, è vero, non avevo fin qui citato il creatore di CL, mea culpa, le sue canzoni cantate in ogni occasione, lui presente in prima persona in quelle importanti, pubbliche. Uno, in sostanza, che ha scritto alcune delle canzoni di chiesa più note d’Italia, non solo dentro l’alveo di Comunione e Liberazione, penso a brani quali Io non sono degno, per dire, o a Il popolo canta, canzoni che all’epoca non solo conoscevo perché le cantavo con gli altri ragazzi, ma che spesso mi ero trovato a suonare, sempre per i medesimi motivi. Bene, ascoltando oggi queste stesse canzoni, tutte, interpretate da artisti che mai avrei ricondotto a CL, e che credo in tutti i casi a CL non sono riconducibili solo per aver prestato la propria arte interpretatoria a una antologia celebrativa, per altro con scopi benefici, ascoltando quindi Luca Carboni, Omar Pedrini, Ambrogio Sparagna, Santoianni, Roberta Finocchiaro, ne cito alcuni, a memoria, cantare quelle canzoni, ho provato emozioni contrastanti, anche piuttosto stranianti, e ho anche fatto un ragionamento che con le emozioni poco ha a che fare, le premesse sono lì proprio per dare a Cesare quel che è di Cesare col dovuto distacco. Prima, ho realizzato che, nonostante i miei evidenti e più volte raccontati problemi di memoria io conoscevo tutte quelle canzoni a memoria, parola dopo parola, nota dopo nota. Non le ascoltavo più dal 1988, forse dal 1989, ma le conoscevo ancora alla perfezione. Penso a canzoni come La canzone dell’ideale, qui interpretata da Kreg Viesselman, a Padre, cantata da Marketa Irglovà, a La strada, cantata da Chico Lobo e Tatà Suympa, a sulla collina, cantata magistralmente da Santoianni, a Favola, portata a casa da Omar Pedrini. Tutte le conoscevo, nei minimi dettagli, e sentirle cantare da Giovanna Marini, Giovanni Lindo Ferretti, per matrice assai distanti da CL, come da Massimo Bubola, Davide Van de Sfroos, Giua, Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, i Lombroso, Paolo Cevoli o Gioele Dix, vorrei citarli tutti ma non è necessario, non ha fatto altro che spaesarmi, quei nomi per me rappresentano tutti il mio presente, non il mio passato. Questa la seconda emozione, contrastante, non solo ho realizzato che quelle canzoni erano parte del mio background, spirituale e culturale, ma che se ne erano state per tutti questi anni lì, da qualche parte, in sonno come certi terroristi pronti a farsi saltare in aria alla telefonata giusta, ninjia pronti a colpire nel buio, ma ho anche capito che molto probabilmente il mio lato oscuro, quello che vi ho raccontato in esergo di questo pezzo, è il lato oscuro di tanta altra gente, a sua volta distante da CL in età adulta, Luca Carboni che canta magistralmente un brano come Io non sono degno, a occhio, non lo vedo esattamente da quelle parti, seppur da adulto ci ha tenuto a farci sapere di aver suonato da giovane in chiesa, cosa inimmaginabile ai tempi di Fragole buone buone e di Silvia lo sai. E questo mi ha poi spinto verso il mio ragionamento. Se Claudio Chieffo, presente in questa antologia con una interpretazione dal vivo de Il popolo canta, canzone che regge perfettamente i suoi tanti anni alle spalle, una voce potente e empatica, la sua, non è annoverato in nessuna delle storie della musica leggera italiana, se mai, parlando di cantautori, viene fatto il suo nome, parliamo di un artista che ha pubblicato svariati album, che ha scritto canzoni cantate in tutto il mondo da milioni di persone, CL appunto, di un artista che ha scritto canzoni molto belle, profonde, che parlano di vita e di senso della vita, di spiritualità, si sia o meno credenti, usando una lingua chiara e facilmente riconducibile a lui, sia nello scrivere testi che nel comporre musiche, un vero cantautore di razza, se appunto uno come Chieffo è tagliato fuori da qualsiasi ragionamento sul cantautorato è sicuramente perché ha sempre operato dentro Comunione e Liberazione, fatto che da una parte gli ha regalato un pubblico sicuro, quello, dall’altro gli ha precluso il resto del mondo, CL non è guardata proprio con simpatia, fuori da CL, anche dentro la stessa chiesa romana cattolica. Questo lavoro, credo, Chieffo Charity Tribute, messo in piedi miracolosamente, è il caso di dirlo, un cast del genere risulterebbe complicato anche a un discografico di lungo corso e su canzoni di artisti decisamente più famosi e meno “schierati”, dal figlio Benedetto Chieffo, in qualche modo ha la finalità di presentare a un pubblico mainstream le canzoni di un grande artista che mainstream era, almeno dal punto di vista delle potenzialità, con una produzione davvero importante e con un grado di profondità che difficilmente troviamo nei repertori dei colleghi più blasonati. Un modo per fare i conti, certo, con un artista che aveva una visione del mondo molto precisa, versi quali “il tempo alle spalle e la vita davanti”, nel passaggio di Favola nel quale un padre parla al figlio della morte, è decisamente impattante, per chi non crede immagino anche divisiva. Pur rimanendo dell’idea che il mio passaggio giovanile a GS sia stato importante ma sia stato altrettanto importante, anzi, sia stato per me decisivo, andarmene, e andarmene in quel modo, sbattendo la porta, credo che le canzoni di Claudio Chieffo, cui spero verrà resa giustizia da chi si occupa di canonizzare il cantautorato italiano, non è questo il mio compito, non usciranno dalla mia vita futura, felice di averle incontrate di nuovo e di aver riscoperto un grande artista, un grande artista della cui esistenza come artista scopro colpevolmente solo ora.