Il paradosso dell’età, tra Sanremo e X Factor

Mentre XFactor abbatte categorie e barriere anagrafiche, il Festival di Sanremo nega la chance di accedervi a tutti quegli artisti cui non è già arrivato un qualche successo in giovanissima età


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Dicono “grande rivoluzione al Festival di Sanremo”. Approfondisci e scopri, la notiziola girava da qualche giorno, che Amadeus, al terzo tempo decide di seguire la scia di Baglioni, anche in questo, quindi via la sezione “Nuove proposte”, che nel tempo si è chiamata anche “emergenti”, “giovani” e in diversi altri nomi, e tutti insieme appassionatamente. Esattamente come quando Mahmood arrivò, dal nulla, a sfilare la vittoria sicura dalle mani di Ultimo, lui vincitore insieme a tale Einar di Sanremo Giovani, a dicembre, e subito proiettato verso l’empireo accompagnato dai clap di Dardust e dalla loro Soldi.

La grande rivoluzione, quindi, sarà qualcosa già andata in scena tre anni fa, non qualche decennio fa, a dicembre i giovani a contendersi due posti sicuri tra i Big e poi a febbraio tutti contro tutti, indistintamente. Unica modifica, Amadeus in fondo qualcosa doveva pur dire, aver ulteriormente accorciato la fascia di età entro la quale si viene considerati giovani, da trentatré a ventinove.

Certo, qui si sta parlando in modo puramente teorico, perché siamo a settembre e a settembre di Sanremo si parla solo tanto per occupare il tempo, troppo lontano per avere notizie solide sul cast, per aver già ascoltato qualche brano che finirà in gara, tra i Big che accederanno alla gara senza dover passare per la gara dicembrina, Sanremo Giovani, appunto, ci saranno artisti, Dio mi perdoni per aver usato incautamente questa parola riguardo i nomi che sto per fare, che anagraficamente rientrerebbero serenamente tra i suddetti giovani, gente sotto i ventinove che però diventa BIG, agli occhi di Amadeus e immagino anche di certo pubblico, in virtù di quanto fatto fin qui, della propria carriera. Guardando all’ultimo Festival, per dire, non c’è neanche da sforzarsi troppo con la memoria, è tutto piuttosto evidente. I Maneskin, vincitori a sorpresa e poi vincitori di Eurovision e lì a spopolare nelle classifiche streaming di tutto il mondo civilizzato, evidentemente non troppo civilizzato, erano giovanissimi, lo sono ovviamente ancora oggi. Ma non sono finiti nella categoria Nuove Proposte, perché le Nuove Proposte non sono i Giovani, appunto, sono le Nuove Proposte e i Makeskin già cose ne avevano fatte. Idem uno come Random, che però, a differenza dei Maneskin, non solo non ha vinto il Festival e quindi Eurovision, ma ha fatto sufficientemente cilecca al Festival, finendo poi per scomparire all’orizzonte, a volte il Dio cattivo e noioso appreso andando a dottrina cantato a suo tempo da Luca Carboni non è poi così cattivo come ce lo raccontano.

Però. Ovviamente c’è un però.

Perché se le Nuove Proposte non è una categoria riferita ai Giovani, ma alle Nuove Proposte, verrebbe da chiedere, e so che farlo nell’anno in cui le Nuove Proposte non ci sono più potrebbe sembrare un controsenso, seguitemi e scoprirete che così non è, se le Nuove Proposte non è una categoria rivolta ai Giovani ma alle Nuove Proposte, dicevo, toccherebbe togliere la faccenda dell’anagrafe, perché uno potrebbe legittimamente ambire a essere una Nuova Proposta anche in età avanzata, sbaglio? Culli un talento, nel mentre fai altro, e poi, zac, a un certo punto lo tiri fuori e tutti restano stupiti, pensate al Faletti di Signor Tenente, sempre per fare un esempio tra tanti. Da una parte gli artisti già affermati, i BIG, che possono essere giovani come i Maneskin o non giovani come Orietta Berti, per altro la vera vincitrice morale del Festival, almeno in Italia, stando alle classifiche del 2021, dall’altra le Nuove Proposte, cioè quelli che si affacciano al mercato o almeno al mainstream in questo momento, senza per questo dover necessariamente essere giovani. Non fa una piega, credo che chiunque potrebbe convenire con questa lettura dei fatti. Ma la faccenda dell’anagrafe c’è, anzi, viene abbassata, proprio nell’anno in cui il vero BIG, quello che ha fatto più numeri di tutti, numeri pazzeschi, sempre che i numeri dello streaming siano da prendere sul serio, Sangiovanni con la sua Malibù, Dio mi perdoni per aver infine citato anche Sangiovanni in un mio pezzo, sono anche io un uomo e in quanto uomo fallace. Cioè, il campione delle classifiche è un ragazzo del 2003, diciotto anni, la band che ha spopolato in giro per il mondo di età media supera di poco i venti, ma Amadeus ritiene che l’anagrafe sia qualcosa che distingue i BIG dai non BIG, o che essere giovani sia in qualche modo una variabile da prendere in considerazione, abbassando ulteriormente la fascia di età per poter accedere ai due posti disponibili da dicembre.

Certo, si potrebbe provare a allestire una sorta di difesa d’ufficio del direttore artistico e del suo team a partire dal fatto che i giovani, in genere, hanno le porte chiuse, che chi c’è c’è e chi non c’è non c’è, ma nei fatti le classifiche, sempre loro, quella pantomima che però, al momento, è la sola certificazione del successo o meno di qualcuno, anche in virtù dello stato comatoso in cui versa colpevolmente il mondo del live, colpevolmente per colpa di troppe persone per poterle citare tutte qui, le classifiche ci dicono che i BIG, quelli che oggi tengono in piedi la baracca, sono tutti giovani, giovanissimi. I già citati Sangiovanni e Maneskin, certo, ma anche Blanco, come non citarlo?, o Madame, altra BIG dell’ultimo Festival di Sanremo, Ariete, al punto che gente come Mahmood, Ultimo, Rkomi, Ernia, altri campioni, tutti tra i venticinque e i ventinove, sembrano quasi dei vecchi, seppur ancora includibili nella categoria Giovani ideata da Amadeus. Del resto, va detto, proprio nell’edizione poi vinta da Mahmood, quella con il Sanremo Giovani giocato tutto a dicembre e vinto rispettivamente dal cantautore di Soldi e da Einar, nessuno dei due era esattamente un volto nuovo, un emergente stando ai canoni con cui in genere si guarda a questo termine. Mahmood era già stato al Festival, sempre tra i giovani, nell’anno più incredibile di sempre, quello vinto da Gabbani e con Ermal Meta e Irama nel cast, mentre Einar, dopo essere stato eliminato ai BootCamp di X Factor, è arrivato terzo alla diciassettesima edizione di Amici di Maria De Filippi.

Insomma, non se ne esce, e dire che proprio X Factor, a suo modo destinato quest’anno a incuriosire vista la dipartita di Alessandro Cattelan e la tanto pompata nuova idea tutta italiana del format, con il motto rubato ai Nirvana “come as you are” sta lanciando l’idea che non c’è genere o età che tenga, gli artisti sono artisti e basta, arrivando a eliminare le classiche categorie Under uomo e Under Donna, destinate a coloro che sono sotto i 25 anni, per Simon Cowell la gioventù è faccenda ancora più radicale che per Amadeus, o quella degli Over, destinata a chiunque ancora sia in grado di cantare. Un modo, certo, da una parte per cavalcare la questione attualissima del “gender” e della fluidità, non ci sono più i generi binari a determinare le squadre, dall’altra a rincorrere le storie che chi ha una certa età riesce magari a veicolare, vedi il successo televisivo dell’ultimo The Voice Senior, capace di toccare anche tre volte gli spettatori di una puntata media del talent Sky.

Insomma, nell’anno post-Maneskin, mentre X Factor, che i Maneskin ha in qualche modo tenuto a battesimo, ma a cui ha preferito Lorenzo Licitra, non dimentichiamolo, abbatte categorie e barriere anagrafiche, il Festival di Sanremo radicalizza i limiti d’età, andando a negare la chance di accedere al Festival a tutti quegli artisti cui non è già arrivato un qualche successo in giovanissima età. Il fatto che io sia qui a parlare di entrambi potrebbe confermare che entrambe le scelte, di Amadeus e di X Factor, sono giuste, vedi alla voce “purché se ne parli”. Nei fatti credo sia solo un principio di demenza senile, mia.