Rassegniamoci, l’Afghanistan è dei talebani

In 20 anni non abbiamo fatto abbastanza per salvare il popolo afgano. La storia si ripete se non si ha il coraggio di cambiarla

afghanistan è dei talebani

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Ci abbiamo provato. Chissà se in tutti i modi o almeno con quelli giusti. Dopo 20 anni una cosa è certa. L’Afghanistan è dei talebani. Ancora una volta la storia si è ripetuta. La “tomba degli imperi” si è confermata tale anche con gli Stati Uniti dopo che lo fu già per l’Unione Sovietica. C’è poco da fare: quel territorio impervio, arroccato in mezzo alle montagne sembra essere stato creato apposta per i talebani. Almeno la storia così ha deciso da un certo punto in poi del secolo scorso. Il mullah Omar, all’inizio dell’invasione americana disse: “Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”.

Aveva ragione. Conosceva molto meglio il suo popolo di quanto credevamo di aver imparato noi in questi 20 anni. Credo sia arrivato il momento di rassegnarsi. L’Afghanistan è dei talebani. L’ha fatto sicuramente il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden che di fatto ha ammesso di non poter nulla contro la storia di quel Paese. O meglio ha detto che non vuole più averci nulla a che fare. Non vuole più pagare un prezzo di vite umane e soldi dei contribuenti per provare a fare qualcosa di impossibile. Sicuramente il suo è stato il proseguimento di un ragionamento cominciato da Obama nel 2011 e proseguito da Trump.

Il primo ha iniziato portando indietro 8.500 soldati americani. Il secondo ha firmato l’accordo che ha dato il via alla transizione che doveva concludersi a maggio scorso. Ci ha messo qualche mese in più Biden che pensava addirittura di poter uscire trionfalmente dal Paese in occasione dei 20 anni dall’11 settembre. Un’illusione, l’ultima delle tante, che si è dissolta definitivamente con i fatti delle ultime ore in Afghanistan certificati dalle sue parole di resa nel discorso alla nazione. Una resa conveniente, una figuraccia che però adesso lascerà la “patata bollente” nelle mani di Russia, Cina, Pakistan, Iran e India. Un asse che deve trattare con i fondamentalisti, come sta già facendo da tempo, nella speranza di dare stabilità all’area.

Uno dei tanti calcoli politici che fa il pari con l’immobilismo dell’Unione europea. In mezzo c’è il popolo afgano. Ci sono le donne afgane che saranno costrette di nuovo a sottostare alla Sharia. Ci sono le migliaia di persone che hanno aiutato gli “invasori” e che adesso rischiano la vita. Persone che sono talmente certe del destino che li attende tanto da aggrapparsi a un aereo pronto a decollare. Meglio provare a rimanere appesi in volo piuttosto che rimanere su una terra pronta a raccogliere il sangue loro e delle proprie famiglie.

Da questa parte del mondo rimane un dubbio che forse sarà anche l’onta più grande che la storia ci attribuirà. Biden ha detto di non poter fare nulla per il popolo afgano se quest’ultimo non vuole liberarsi dalla tirannia dei talebani. La domanda che l’Occidente deve farsi è se abbiamo fatto tutto il possibile per permettere al popolo afgano di liberarsi veramente dei talebani. Occupare militarmente un Paese senza creare un governo di unità nazionale era la scelta giusta da fare?

Armare e pagare un esercito corrotto era la strada da percorrere per permettere il riscatto definitivo di un popolo? Quando gli afgani ci ripetevano che sarebbe tutto tornato uguale a prima non appena gli alleati se ne fossero andati perché non abbiamo voluto ascoltarli? Forse perché credevamo di conoscere la loro terra meglio di loro. La realtà è che ora, e per chissà ancora quanti anni, l’Afghanistan è dei talebani, e forse resterà per sempre così.